Premio Racconti nella Rete 2019 “La presentazione” di Leandro Lucchetti
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019Faceva freddo.
Lamberto, l’autore del libro in presentazione, ammazzava il tempo scorrendo le copertine dei rimasugli di libreria confinati in alcuni scaffali nella saletta mentre Maria Irene, la giornalista che doveva presentare il romanzo, se ne stava seduta in placida e paziente attesa. Un nome e un titolo distrassero Lamberto dal fatto che non arrivasse nessuno e tutto lasciava prevedere che nessuno arrivasse: Claretta Petacci “Verso il disastro”. Ma dai, pensò, da quando in qua la Petacci ha scritto un libro! Incuriosito, lo prese in mano: erano i diari che Claretta aveva annotato dal 1939 al 1940 mentre l’Italia del suo amante entrava in guerra. Lo ripose fra i rimasugli come meritava. Ormai da quasi mezzora era passato l’orario di inizio presentazione. Maria Irene il tempo lo trascorreva scambiando messaggi con lo smartphone. Lamberto stava per dirle ce ne possiamo tranquillamente tornare a casa… ma comparve una persona: un signore di mezza età, un poco trafelato, un poco infreddolito, che borbottò un buona sera; si sciolse dal collo la sciarpa di lana, sfilò la giacca a vento e si accomodò in prima fila. E adesso? Mica si poteva dare buca a questo unico ascoltatore! Persino con un pizzico di entusiasmo Maria Irene cominciò ad intrattenerlo sull’argomento del romanzo di Lamberto: l’avventura di una troupe televisiva che s’inoltra nella selva amazzonica venezuelana, risalendo il grande fiume Orinoco, alla ricerca di una suora rapita vent’anni prima dagli indios Yanomami, gente che rifiuta ogni contatto con la cosiddetta civiltà dell’uomo bianco ed è famigerata per la sua bellicosità. Maria Irene affabulava spedita come se non avesse un unico uditore ma le sedie vuote fossero invece tutte occupate dai sederi di attenti signori e signore. In verità Lamberto si era accorto che quell’ unico ascoltatore ogni tanto abbassava le palpebre e pareva assopirsi per brevissimi momenti per poi riaprire gli occhi ma con un certo sforzo. Tuttavia, parlando dopo Maria Irene, lo intrattenne raccontando com’era nata l’idea del romanzo, descrisse il corso dell’Orinoco che aveva risalito per davvero, gli insediamenti sulle sue rive, la gente, le usanze, la caccia, la pesca, la flora e la fauna, gli Yanomami con cui era entrato effettivamente in contatto. L’ascoltatore a questo punto riusciva a tenere gli occhi ben aperti e seguiva con interesse, di più, pareva affascinato. Fece persino delle domande, lo aveva particolarmente incuriosito l’ endocannibalismo praticato dagli Yanomami, cioè l’usanza di incenerire i corpi dei propri cari morti e di ingerirne poi le ceneri mescolate a una pappa di banane. Parve incantarlo l’aneddoto che Lamberto raccontò in proposito: a un missionario che rimproverava agli Yanomami la barbarie della pratica, giudicata selvaggia, infame e degna dell’Inferno, uno sciamano rispose che selvaggio era lui, il missionario, con tutti gli uomini bianchi che seppellivano i loro cari e li lasciavano sotto terra a decomporsi divorati dai vermi. No, i bianchi non amavano i loro cari, gli Yanomami sì, per questo volevano conservarne parte dentro di sé.
Alla fine il signore applaudì, si congratulò vivamente, ringraziò per l’intrattenimento che gli aveva fatto conoscere cose che non sapeva. Poi s’infilò in fretta la giacca a vento, avvolse la sciarpa intorno al collo, disse ancora grazie e se ne andò piuttosto di fretta.
Lamberto e Maria Irene rimasero come allocchi. Gli sguardi corsero all’unisono sul banchetto dove stavano in bella mostra le copie del libro.
-Non l’ha neanche comprato…- mormorò lei.
Lamberto agì d’istinto, senza troppo pensarci su. Prese una copia del suo romanzo e così come stava, col solo maglione, uscì nella nebbia. Poteva andare a destra o a sinistra, scelse di andare a sinistra dove la nebbia era maggiormente soffusa dalla luce proveniente dalle vetrine dei negozi. Incrociò un paio di persone, urtò qualcuno che puzzava di fumo e di vino, poi lo vide: si era fermato davanti alla vetrina ben illuminata di un negozio di arredamento e stava parlando al telefonino.
Lamberto lo raggiunse e gli presentò il libro davanti agli occhi. Quello, stupito, spense il telefonino.
-Ha dimenticato di comprarlo!- disse Lamberto con decisione.
Il signore, sorpreso, fece mezzo passo indietro.
-Ma veramente…- pareva non saper che dire..
-Non le interessava il mio libro?- lo incalzò Lamberto, con un sottinteso ma allora che cavolo ci sei venuto a fare alla presentazione?
La nebbia scivolava tra le vie ingoiando le automobili dai fari accesi che apparivano come velati di cataratta: sopravvivevano poi, per un attimo, i fanalini rossi posteriori che subito svanivano come risucchiati. Camminando sul marciapiede rischiavi di incappare in un’ombra che ti sbarrava il passo, materializzata nel nulla: non ci si vedeva l’un con l’altro se non un istante prima di urtarsi. Le vetrine illuminate dei negozi, con le insegne accese e colorate, emergevano dalla coltre come quadri sfumati dai contorni incerti. Un rettangolo di luci passava e scompariva: facevi fatica a realizzare che era un autobus pieno di silhouettes che erano persone. Una moto sfrecciava a velocità pericolosa, forse resa sicura dal faro anteriore che si sforzava di penetrare la nebbia. In libreria era ora della presentazione del romanzo ma non c’era nessuno, non un’anima che entrasse e percorresse curiosando i banconi con i libri esposti o chiedesse al libraio il titolo che andava cercando. La saletta in cui avvengono le presentazioni era riscaldata ma le fila di sedie spiccavano desolantemente vuote.
-Ecco veramente…
Il signore mise in tasca il telefonino e confessò, con sincero imbarazzo, che lui era entrato in libreria soltanto perché aveva del tempo da perdere. Rientrando a casa si era accorto di aver dimenticato le chiavi all’interno dell’appartamento ed era rimasto fuori. Aveva allora telefonato ad un fabbro suo amico perché forzasse la serratura per consentirgli di entrare ma quello gli aveva detto che sarebbe potuto arrivare solo fra un’ora. Un’ora di tempo da trascorre in qualche modo o sul pianerottolo o fuori nella nebbia o in un bar: perché allora non la libreria poco distante nella quale a volte entrava per curiosare fra le copertine?
A Lamberto caddero come si suol dire le braccia. Persino l’incazzatura per aver raccontato il suo romanzo a uno che non gliene fregava un tubo evaporò nella nebbia. Vide che il signore era davvero mortificato. Si rese conto di starsene lì con il libro in mano che quello non aveva mai avuto intenzione di comprare e la frase gli uscì di bocca, automatica:
-Va bene, allora glielo regalo…le faccio anche la dedica…
Cercò in una tasca laterale dei pantaloni la penna che aveva portato per firmare le copie che fossero state comprate.
-Come si chiama?- chiese brusco.
-Marcello…- rispose a bassa voce il signore.
Lamberto tracciò una rapida dedica con l’incipit d’uso “A Marcello” e gli consegnò il libro in un modo quasi perentorio. Il signore lo prese, intimidito, con un sorriso di scuse.
-Grazie…- mormorò, flebile flebile. Si ritrasse un poco ad occhi bassi, come se lo sguardo di Lamberto gli procurasse disagio. Poi si voltò e s’infilò nella nebbia. Lamberto si accorse che l’umidità si stava trasformando in una pioggerellina che occupava la nebbia come se fosse acqua nebulizzata. Si accorse anche che il maglione gli si stava bagnando e che aveva freddo. Si affrettò a tornare verso la libreria. Fece pochi passi. Il rumore di una frenata tranciò la nebbia, subito seguito da uno strano e agghiacciante botto, di quelli come quando s’investe un animale che ti ha attraversato d’improvviso la strada. Lamberto volse lo sguardo. Un semaforo quasi invisibile nella nebbia segnava il verde per i pedoni, il rosso diretto agli automobilisti. Potenti fari sfrecciarono via: la sagoma di un SUV, i cui fanalini rossi, grandi oltre misura, a lungo galleggiarono, sempre più lontani.
Lamberto accorse, alcune persone uscirono dai negozi, il signore stava sull’asfalto bagnato segnato dalle strisce pedonali, quasi scaraventato di traverso sul marciapede che aveva tentato di raggiungere. Lamberto si chinò su di lui.
-Marcello…- chiamò ma quello non rispose, era privo di sensi ma pareva, timidamente, sorridere.
-Chiamate un’ambulanza!- urlò, rivolgendosi alle persone che erano uscite dai negozi e se ne stavano come zombi nella nebbia.
-Presto, per favore!
Qualcuno lo fece.
Nonostante la nebbia si tagliasse col coltello, un’ambulanza piena di luci arrivò in ragionevoli minuti. Lamberto saggiamente aveva impedito che qualcuno toccasse l’investito nel tentativo di rianimarlo o peggio ancora cercasse di sollevarlo dall’asfalto bagnato. Marcello fu professionalmente caricato dagli infermieri sulla barella, la barella caricata sull’ambulanza che a sirena spiegata partì con le luci rosse blu e gialle che a lungo si videro ma sempre più impastate mentre navigavano nella nebbia. La gente rientrò nei negozi, alcuni si allontanarono. Lamberto vide il suo romanzo: era caduto vicino a un tombino verso cui l’acqua causata dalla pioggerellina fina fina si dirigeva in rivoletto, solcando l’asfalto. Lo raccolse, la copertina morbida era bagnata e malamente piegata, le pagine umide e arricciate. Sulla prima pagina c’era la dedica. Senza occhiali non ci vedeva bene, nella nebbia ancor peggio, ma sapeva cosa aveva scritto: “A Marcello, ringraziandolo per l’attenzione, con simpatia e un grande in bocca al lupo!”
-Ma che cazzo!- sbottò.
Lo invase, inarrestabile, il pensiero che quello era il destino del suo romanzo, non di quella sola copia ma del suo libro in generale. Prese a piovere più forte. Lasciò cadere il libro, quasi come lo gettasse, nel rivolo d’acqua che si era ingrossato e che lo trascinò fino ad ostruire il tombino. Le pagine s’impregnarono, accartocciandosi. Lamberto si rese conto di avere ormai il maglione intriso, mentre la pioggia penetrava i radi capelli fino al cuoio capelluto. Allora corse verso la libreria e il suo calore accogliente dove Maria Irene aveva indossato il cappotto e lo aspettava chiacchierando con il libraio avvilito perché nessuno di quelli a cui aveva fatto pervenire l’invito era venuto.
-Piove…- constatò lei vedendolo bagnato.
-Pare…
-E’ passata un’ambulanza! Ci deve essere stato un incidente…
-Sì…
Maria Irene notò che lui non aveva più la copia in mano e sorrise.
-Gli hai mollato il libro…- disse
-Con dedica…- mormorò Lamberto buttando lo sguardo sul banchetto dove giacevano le copie del suo romanzo che nessuno aveva visto e tanto meno comprato.
Complimenti Leandro per averci fatto vivere questo “incubo”, che perseguita numerosi autori :)! Scherzi a parte:la scena è credibile e mi piace molto l’idea di condire il tutto con l’incidente che riduce da uno a zero le persone a cui è stato dato il libro e un’inzuppante pioggia! Per la serie “Peggio di così…”. Lo trovo ironico e drammatico allo stesso tempo e molto ben scritto. Mi è piaciuto!
Leandro, bellissimo nome,Bellissimo racconto.Tragico.Esistenziale.Fallimento di una vita che non interessa nessuno.All’inizio pensavo ad un racconto umoristico, poi pian piano , ne ho capito la grottesca similitudine con il significato della nostra vita.Ho sorriso, ma il cuore si è stretto.Mi è pure passata la voglia di una ipotetica presentazione di un mio ipotetico libro. Mi è pure passata la fame, volevo una banana ma mi sa che cambierò frutto…mi hai condizionato!
Stupendo! Io non sono ancora riuscito ( e tutto mi fa credere che in futuro non cambierà niente ) a fare presentazioni per i miei due libretti per cui lo stato sospeso della prima parte del racconto mi ha molto coinvolto ma quello che invece mi ha sconvolto è la brusca svolta che il racconto compie con l’ingresso del spettatore deus ex machina, perché da lì la storia diventa una storia sullo scrivere storie, sul senso che può avere e dare, insomma su un tema classico mai esausto ma anche scivolosamente a rischio di banalità assortite. Che lei invece supera e risolve con brillante amarezza! Complimenti di cuore gentile Leandro 🙂
Ringrazio sentitamente Silvia Schiavo, Laura Florio e Ugo Mauthe per i benevoli commenti al mio racconto. Inevitabilmente chi scrive è un poco narcisista e le vostre parole mi hanno arrecato un vero piacere.
Mi è piaciuto tantissimo questo racconto. Ci ho trovato un sacco di cose qui dentro e tutte descritte molto bene, con semplicità ma con grande definizione. È uno stile di scrittura che mi piace molto. Credo che i tuoi libri se ne hai fatti o ne farai potrebbero seguire una sorte molto diversa da quella del libro del protagonista della storia.