Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Oggi non si é fermato nessuno” di Pino Volpe

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Oggi nessuno si è fermato, nessuno mi ha voluta. Cosa darò da mangiare a Salvuccio mio, non so. Salvuccio non è il mio pappone, non ne ho, non ne ho mai avuto, non ho voluto. Lui è il mio bambino, ancor piccolo. Salvuccio ha una mamma ma non un papà.  In verità un papà ce l’avrebbe ed io so anche chi è, ma questi non ammetterà mai di esserlo.

Questo grand’uomo mi ha abbandonato quando mi ha saputo gravida di lui, cosa di cui ero certa, perché avevo conosciuto solo lui ed anche lui lo sapeva. All’epoca non andavo ancora per strada ma frequentavo l’ultimo anno di ragioneria ed ero pure brava. Dopo aver saputo non mi ha più voluta vedere, ne più incontrare. Mia ha buttato via, come una ciabatta usata. E dire che mi ha anche voluta bene a modo suo, forse anche amata veramente, non so, non  più, non ho più certezza alcuna. Lui ha amato me, Angelica la figlia di Rosina la buttana di Vico Storto di Misilmeri in Sicilia, storto come la sua breve vita vissuta sulla strada.

Anch’io non ho mai saputo chi fosse mio padre, perchè neanche mamma mia l’ha mai saputo veramente. Troppi maschi ha conosciuto e mai nessun uomo, solamente maschi. Io invece so chi è il papà di Salvuccio mio, ma il mio bambino non lo saprà mai, almeno non da me e certamente non da lui, troppo vigliacco. Dopo averlo partorito e messo al mondo, che pur l’ho voluto fortemente, mia madre contraria, l’ho allevato per un po’ da me, forse troppo poco. Poi ho dovuto, mio malgrado, cominciare a frequentare la strada.  Mamma non mi aveva cresciuta per questo ma, dopo la sua breve malattia e la sua veloce dipartita, non restava più nessuno a provvedere al mio piccolo ed a me. Io, pur diplomata in Ragioneria, non ho trovato nessuno, al mio paese e nel circondario, che investisse in me dandomi un onesto lavoro. Chi darebbe mai lavoro a me, la figlia di Rosina la buttana, non qua dove vivo, almeno, e dove son conosciuta, non per quel che sono realmente, una brava e sana persona. Non posso neanche andar via, non ho più danaro perché quello di mamma mia è già finito.

Qualche vicina pietosa mi ha anche aiutata all’inizio, dandomi del cibo per un po’ di tempo, ma ora anche loro sono in difficoltà, son povera gente e con i tempi che corrono. La strada solamente, lei pietosa, mi ha accolta, come fece tempo fa con mia madre, lei abbandonata ancora in fasce da sua madre, buttana anche lei, davanti al portone d’un convento di suore del Sacro Cuore di Gesù. Il suo destina da giovane ragazza fu la scelta tra diventar suora anch’ella, loro sicure e pietose donne di Dio, e la strada. Lei scelse la strada, libera per come lei, donna vera, è sempre stata. La mia scelta invece è obbligata, ed è sempre la strada. E’ una maestra che ben conosco grazie a mamma, ma almeno lei ha potuto sceglire.  Io non ho potuto perché ho Salvuccio mio che, almeno quando lavoro, posso lasciare da una vicina di casa ancor pietosa, mamma anche lei. Oggi la strada è la mia unica fonte di vita e guadagno quel tanto che mi consente di poter mantenere dignitosamente lui e me. Poco tempo fa si è fatto avanti, non desiderato, il secondo maschio della mia vita, il primo protettore ed io, terrorizzata da quell’approccio, garbato ma fermo, l’ho respinto puntandogli al petto la mia beretta, o meglio quella ereditata da mia madre, chè di mio non ho mai posseduto nulla. Lui è scappato via. Pensavo che questo modo di difendermi potesse funzionare con tutti ma, pian piano, si è ritorto contro di me. L’ultimo pappone in ordine di tempo, da me respinto, si è vendicato in modo non violento, sottile ma efficace. Ha messo in giro la falsa notizia che io fossi ammalata di AIDS, la peste del secolo. In molti, conoscendomi, non ci han creduto, non subito almeno, dopo le mie rassicurazioni, anche perché mi han vista  sempre in apparente buona salute. Altri, pochi all’inizio, non si son fatti più vedere da subito. Non gliene posso fare una colpa, anche perché alcuni si son pure scusati con me per il loro modo di agire. Poi, lentamente, anche i molti, per una irrazionale paura, non son più tornati da me.  Il più coraggioso, degli affezionati, è venuto, per l’ultima volta, appena la settimana scorsa. Si è pure scusato, da signorile gentiluomo qual è sempre stato.  M’ha lasciato un gruzzoletto in euro, ma non mi ha voluta. L’ho capito, l’ho salutato e ringraziato per il dono inatteso. A testa bassa è andato via.3

L’ho accompagnato con lo sguardo fino a vederlo scomparire nel buio della pietosa e tiepida notte. Poi più nessuno. Nonostante io costi davvero poco, oggi, di nuovo, non si è fermato nessuno, nessuno mi ha degnata di uno sguardo, manco di pietà. Quando più tardi tornerò a casa, che presto dovrò lasciare, cosa darò da mangiare a Salvuccio mio. Non ho più nemmeno un po’ di latte nel mio seno,  oramai inaridito.

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1 commento »

  1. Molto emozionale questo racconto, molto amara la storia che ci fai vivere attraverso le parole semplici ma terribili della “figlia di Rosina”. Mi è piaciuto senza riserve. Anche le parole in grassetto che all”inizio non capivo, hanno un loro perché. Complimenti.

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