Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Un volo di farfalla” di Franco Maurizi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Un volo di farfalla

(Castruccio da Montefalco)

Il colpo alla schiena era stato netto e definitivo. Sorpresa e rabbia lo avevano invaso in un istante e si ritrovava sgomento a guardare il proprio corpo abbandonato nell’armatura da battaglia. Una marionetta coi fili tagliati.

Sul momento non capì. Il combattimento si era acceso davanti a lui, in prima fila contro il nemico, al posto che gli toccava. I due schieramenti cominciavano appena a frantumarsi, a mescolarsi con sangue, polvere, sudore che si ritrovò a terra ammazzato da un compagno. L’orrore per il gesto traditore copriva lo smarrimento con cui prendeva coscienza del suo nuovo stato.

Il corpo ancora sanguinava, ma lui ne era già fuori.

Il rammarico per la vita perduta svaniva come nebbia, già provava l’indifferenza con cui aveva scavalcato corpi di nemici e amici ridotti a frattaglie. Ma la rabbia dell’offesa cresceva ancor più rapida: era un fantasma urlante nel fragore della battaglia.

Lo abbandonarono lì, nella piana di Montevarchi. Lui stesso lasciò quel corpo senza troppi rimpianti. Seguì il suo esercito fino all’accampamento, invisibile, incorporeo, pieno di furore. Vagava intorno a tende e fuochi scrutando febbrilmente i suoi compagni. Chi era il traditore?

Cercò gli occhi e i pensieri di Saverio, il suo uomo di fiducia. La figlia si era annegata dopo che lui, Castruccio, uomo d’armi, signore e feudatario, l’aveva onorata dei suoi favori e presa con ardore. Diciamo pure violentata. Saverio amava quella figlia, ma era uomo schietto, se avesse avuto da ridire lo avrebbe fatto da tempo, era sempre libero di andarsene. E’ vero, s’era persa tra loro la calda confidenza dei compagni d’armi, ma rimaneva un suo vassallo e uomo di mondo. Non si sarebbe macchiato di un simile tradimento per un fatto così banale.

Suo cognato Mariano. In passato aveva avuto da ridire su come impiegava la dote portata dalla sorella, s’era offeso perché aveva venduto la tenuta di Pianbasso senza dire niente a nessuno di loro due, nati e cresciuti lì. Si era tenuto tutto il ricavato, ma c’era da finanziare questa spedizione, cos’altro poteva fare? Forse Mariano mirava a impossessarsi di Montefalco? Prima avrebbe dovuto eliminare anche suo figlio, che sì, è solo un ragazzino, ma è molto amato dalla madre… No, tra Mariano e Castruccio non c’era simpatia, anzi, c’era schietta antipatia, ma l’indifferenza con cui se ne andò a dormire non si accordava con un complotto.

Alla fine lo trovò. L’agitazione lo teneva sveglio e la fitta che il fantasma sentì alla vicinanza della sua spada ne dava la certezza. Era come se un magnete lo avesse attratto a quella tenda e gli facesse sentire di nuovo nello spirito lo stesso identico dolore già provato dal corpo. Era il giovane Giangrande, figlio del cugino di Rinaldo, suo predecessore nella signoria del feudo di Montefalco. Capì che lui aveva saputo, che era stato imprudente a risparmiarlo, capì che non era riuscito ad incantarlo portandoselo a casa, facendone il suo figlioccio. Era troppo grande, aveva già dodici anni quando Castruccio aveva avvelenato il padre. D’altra parte non aveva scelta, il padre del ragazzo era l’unico a sapere che il testamento di Rinaldo era falso: lo aveva scritto lui. Dopo aver tolto di mezzo tutta la famiglia di Rinaldo avrebbero dovuto spartirsi il feudo, ma si sarebbero destati troppi sospetti. E poi a che sarebbe servito un feudo dimezzato e indebolito? Aveva onorato la memoria del suo complice risparmiando la vita al figlio e mettendoselo in casa. Ed ora era stato ripagato da quella vipera allevata in seno.

Continuò a vagare al seguito del suo esercito. Non capiva perché era ancora lì, ma voleva rimanerci con tutte le sue forze. Tornò alla sua casa insieme ai reduci, come un refolo di vento, mescolato ai carri e ai cavalieri. Aveva cercato di colpire e di far colpire il traditore, ma era riuscito solo ad insinuarsi nel sonno, a svegliarlo all’alba con la sua presenza silenziosa ed impotente. Il giovane Giangrande era prudente e guardingo, nonostante il corpo spossato dalla mancanza di riposo. Aveva fatto la sua parte nelle battaglie, nessuno poteva accusarlo di viltà. Solo il fantasma, inascoltato, cercava un’occasione di vendetta, un modo di accusarlo. In alcuni momenti di bivacco aveva colto sguardi dubbiosi rivolti al traditore, ma nessuno del suo seguito aveva mosso accuse, dato voce ai sospetti.

Il fantasma di Castruccio era amareggiato dal silenzio degli uomini che gli erano stati più vicini. Forse aspettavano la fine della guerra per chiedere conto a Giangrande del suo tradimento, però nessuno aveva più nominato il loro signore appena morto. In vista delle mura di Montefalco lasciò che il vento lo portasse in pochi istanti al suo palazzo. Non gli piaceva abbandonarsi in quel modo alla sua natura incorporea, temeva di dissolversi, ma voleva essere al fianco della moglie nel momento dei racconti, instillare in qualche modo dubbi e sospetti.

“Mia Signora, siamo qui a riportare le armi del valoroso Castruccio, tuo sposo e per me maestro e pari a un padre. Nella prima battaglia, nella piana di Montevarchi, ci condusse con ardore e con coraggio. Nell’infuriare dei combattimenti venne subito accerchiato dai nemici e colpito a tradimento. Tutti lo vedemmo cadere e per timore della nostra furia, il vile avversario ci negò la tregua per recuperare il suo amato corpo”.

Com’è possibile che tutti tacciano davanti a quel cumulo di menzogne? Di più: annuiscono solenni abbassando lo sguardo. No, tutti loro devono aver visto, tutti loro hanno visto! Saverio, Mariano e gli altri erano dietro di lui. Hanno visto, perché non dicono nulla? E la sua sposa? Anche lei abbassa lo sguardo, si abbandona ad un sospiro.

Nel camino le fiamme si alzano di colpo, i ciocchi mezzo consumati crollano sulle braci ardenti, il fumo invade la sala. I servi accorrono ad aprire le finestre.

La furia di un fantasma inesperto.

La sua sposa affida il figlio alle donne di casa, si rinchiude nel solenne dolore e si ritira tremante nelle sue stanze. Castruccio la segue, cercherà di contattarla nel pianto o nel sonno. E’ lì, invisibile e presente, quando arriva anche Giangrande. I due vivi si guardano in silenzio qualche istante, poi si abbracciano e si baciano. I corpi si aggrovigliano, caldi, forti, maledetti dal fantasma che già fatica a ricordare com’è avere un corpo.

– Sei stato un pazzo.

– Non potevo starti ancora lontano… nessuno mi ha visto venire.

– Ma no! Sei stato un pazzo a ucciderlo così, davanti a tutti.

– E’ stato l’impulso di un momento. Non ho pensato a nulla, l’ho visto lì, davanti a me. Ho pensato a te e a lui e l’ho colpito.

– Devi fuggire… potrebbero venire ad accusarti da un momento all’altro.

– No. Se avessero voluto lo avrebbero già fatto. Pensi che a tuo fratello gliene importi qualche cosa? Pensi che Saverio piangerà più per lui che per la figlia? Loro erano quelli più vicini, gli altri non so se mi hanno visto. In queste settimane nessuno mi ha affrontato. Sì, mi hanno osservato, di certo avranno mormorato. La verità è che oramai era odiato da tutti. Per anni ha seminato rancore e tradimento. Questo ha raccolto.

– E nostro figlio?

– No, non nostro figlio. E’ figlio di Castruccio. Lui non saprà mai nulla. Dopo un anno di lutto ti chiederò in sposa. Nel frattempo tuo fratello, io e i nostri alleati terremo a freno le ambizioni dei feudi vicini. Tuo fratello non sarà costretto a cercarsi una moglie e a fare figli, visto che non è nelle sue inclinazioni. Io sarò garante con i superstiti del partito di Rinaldo. Possiamo aspettarci un periodo di pace e di prosperità, basterà tirarci indietro gradualmente da questa eterna guerra e pensare a governare con saggezza.

– Dio volesse… Finalmente un po’ di pace!

– Parla con tuo fratello, io incontrerò i miei parenti.

Nelle notti di luna piena sulla torre più alta del castello di Montefalco alcuni giurano di aver visto aggirarsi un fantasma. Spesso le nuvole basse, cariche di pioggia, creano strani riflessi tra i merli. A Castruccio non sembrava che quello fosse un luogo da lui particolarmente prediletto. Si chiedeva se veramente qualche vivo riuscisse a intravederlo. I primi anni aveva cercato di mostrarsi, di comunicare il suo odio e la sua rabbia. I vivi si erano dimenticati di lui e lui stava dimenticando cosa avesse da dire. Ricordava di dover essere arrabbiato con i signori di quel luogo, che era stato il suo. Un posto ben tenuto, doveva ammetterlo. Non amava aggirarsi nei dintorni, ma dall’alto della torre vedeva campi rigogliosi e ben coltivati, eserciti arrivare e ripartire, vedeva battaglie e processioni. Aveva visto tanti andarsene, finire di vivere, dissolversi sereni come una nuvola al sole di primavera.

Se si sforzava ricordava il suo assassino cadere da un cavallo imbizzarrito. Gli piaceva pensare fosse stato merito suo, ma se anche fosse, gli ci erano voluti anni per riuscirci. Ricordava il figlio da vecchio nel suo letto. Ne aveva incrociato lo sguardo per un istante, mentre andava via, ma non sembrò riconoscerlo. Ah già… dimenticava… non era figlio suo. Sua moglie non la ricordava più da un pezzo, ricordava invece una fanciulla che aveva qualcosa a che fare con un pozzo o forse un lago… Era una faccenda un po’ confusa.

Anni e anni continuano a passare, diventano secoli. Castruccio da Montefalco fatica a ricordare il suo nome. Sta in quei luoghi con la stessa consapevolezza di un pesce rosso nella vasca. È rimasta l’ostinazione. Perfino la rabbia è sbiadita come l’orizzonte di un mezzogiorno afoso. Il castello è abbandonato dagli uomini, il borgo ancora vive. I gatti si aggirano tranquilli intorno a lui. Ogni tanto lo fissano, perplessi o indifferenti. Raramente si ricorda di essere un’anima in pena e allora vaga tra quelle mura diroccate con strepiti e lamenti. Sono passati molti anni da quando qualcuno lo ha sentito. Da un paio di secoli si chiede se è un bravo fantasma. Cioè… lui sa di essere un fantasma, gli è capitato anche di incontrare altri come lui. Si sfiorano ignorandosi, si riconoscono per quello che sono, ma a nessuno importa la storia dell’altro, difficilmente scambiano uno sguardo. Si chiede se c’è qualche altro modo di essere fantasma. D’altra parte è sicuro di esserlo per la prima volta… e poi, in verità, non gli interessa affatto.

Tra le pietre sconnesse le lucertole trovano facile rifugio dai bambini del paese. Spesso salgono al castello in cerca di avventure. I più intrepidi si infilano nei cunicoli semi diroccati. Il fantasma, che non ricorda più neanche il suo nome, ha smesso di spaventarli. Una volta si divertiva a soffiare nelle loro orecchie, a mandare ragnatele negli occhi. Adesso li guarda, riconosce la vita, ma non gli interessa più. Osserva una farfalla che svolazza tra i cardi spinosi, la segue, vola intorno insieme a lei. Si dimentica del mondo e di se stesso. La farfalla si posa su di un fiore, una bimba l’afferra svelta tra le dita.

Il fantasma non c’è più.

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11 commenti »

  1. C’è vento nella mia città, ed il vento si sa porta lontani ricordi e magari ricordi ‘gotici’ e magari pensieri di morti , ma non di morte, e magari pensi ai fantasmi e tac! Eccolo qui il racconto esplicativo , la ciliegina sulla mia torta , risposta a tanti perché senza risposta. I dolori esistenziali del povero spiritello mi rendono felice, perché adoro gli spiritelli, e poi il Medio Evo il mio periodo preferito, e poi il soggetto, che adoro….È MIO .Tutto passa , tutto scorre, anche il dolore non si ricorda più. Come è bello questo racconto.Ciao, Castruccio.Chi la fa l’aspetti, però …

  2. Che bel racconto originale. Mi sono proprio divertita a leggerlo. Bravissimo!

  3. Molto belle le immagini e una trama che cattura. Una leggenda come quelle che impreziosiscono molti dei luoghi del passato, manieri, torri e castelli. Complimenti Franco

  4. Veramente un capolavoro. Leggero e profondo al tempo stesso. Un dipinto d’autore. Riempie gli occhi, coinvolge il pensiero e lo attraversa con il tocco speciale dei personaggi.

  5. Oh mamma! Non posso rimanere in silenzio davanti a commenti come questi.
    Vi ringrazio. Sono lusingato, incoraggiato e anche un po’ confuso. Sono felice di essere entrato in questo “gioco”. Ho cominciato a curiosare tra gli altri racconti e mi riprometto di lasciare anche io qualche commento.
    Grazie ancora per l’accoglienza

  6. Ecco uno dei racconti più interessanti fra quelli che ho letto finora quest’anno. Devo dire subito che dove ci sia un’idea irreale, dove la fantasia lavori di implausibile io mi trovo particolarmente a mio agio, con il massimo rispetto per tutte le altre forme di racconto che si possono immaginare. E qui ho trovato pane per il mio appetito. Dallo stile, ricco e preciso ma mai barocco fino alla trama, che scorre benissimo e che si segue come si vedrebbe un bel film in costume, di quelli fatti bene. Ma credo che la novità e il pregio siano soprattutto nel trattamento del fantasma. Di fantasmi è affollata l’arte ma questo ha un destino diverso: questo suo svanire a se stesso assomiglia tanto allo svanire della di certe vecchiaie, all’infragilirsi di ogni resistenza e consapevolezza fino a che basta un soffio per andarsene. E il classico battito d’ali di farfalla, che normalmente provocherebbe uno tsunami dall’altra parte del mondo, qui libera, con una bella e poetica soluzione, il protagonista da se stesso. Bello, bello, bello.

  7. ops chiedo scusa, volevo cancellare, correggere e migliorare invece ho pubblicato tre varianti. Vabbè, forse ho bisogno di svanire anch’io. Ancora complimenti!

  8. Bello, avvincente e poi filosofico. Non è facile, almeno per mia esperienza, partire con un ritmo e poi saper rallentare senza perdere l’attenzione. Invece qui ci si riesce, l’autore si immedesima nel protagonista, ne sente la stanchezza, lo svanire, lo condivide. Se fossimo capace di imparare questa lezione, cercheremmo di essere più cauti nel covare i rancori.

  9. Le mie amiche che scrivono romanzi lo sanno: essendo io incapace di scrivere altro che scenette che durano pochi minuti resto affascinato e ammirato da chi ha la capacità e la visione per mettere una importante prospettiva temporale in una storia. E qui c’è una prospettiva di secoli in un pugno di pagine. Mi è piaciuta moltissimo la storia e come è scritta ma mi ha colpito e affondato l’evoluzione (o involuzione) del carattere, della memoria, dei valori stessi del protagonista. La descrizione della solitudine e della vecchiaia in un uomo è dolorosa, in un fantasma è lacerante. Viene meno anche quel po’ di fiducia che avevamo nell’eternità. Bellissimo finale. Complimenti, un racconto che emoziona.

  10. Bravo Franco, in poche pagine hai riassunto tutto quello fa parte della vita delle personei da quando hanno cominciato a raccontare storie: la vita, la morte, la guerra, l’amore, i figli,la sete di potere, il tradimento, lai vendetta e infine anche la vita oltre la morte vista con grande ironia e leggerezza. Non è facile sintetizzare tutto questo in un racconto breve, tu ci sei riuscito benissimo. Complimenti.

  11. Bellissimo racconto evocativo: non credo di essere stato l’unico vivente ad avere visto chiaramente Castruccio su quelle mura.

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