Premio Racconti nella Rete 2019 “Argento vivo” di Francesca Andruzzi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019Chiuse la porta piano, cercando di non fare rumore, per non disturbare. Una cautela forse inutile. Anzi, sicuramente inutile, tanto il loro sonno era profondo. Ma, in quel momento, gli parve necessaria. Le due rampe di scale che lo dividevano dall’uscita sembrarono infinite. Ma non lo erano. La luce dell’androne si fece sempre più insolente, fino a quando lo investì, costringendolo ad indossare gli occhiali da sole. Buongiorno dottore, gli gridò la portiera dall’altro lato del cortile condominiale. Buongiorno a lei, rispose a mezza bocca, accennando, per la prima volta, un sorriso. Tutto bene dottore? Tutto bene, certo. Entrò nel bar, quello dove tutte le mattine faceva colazione. Il solito dottore? Il solito e, per la prima volta, aggiunse un grazie. Il caffè era bollente e buono. La cassiera sembrò guardarlo con aria circospetta, magari era solo una sua impressione. Decise di non pensarci. Percorse lentamente il viale alberato, dove la sera prima aveva parcheggiato l’automobile. Lo scatto dell’apertura centralizzata, il rumore dell’avviamento, il suono intermittente della freccia. Il traffico del mattino è sempre lo stesso, pensò mentre scalava la marcia con indolenza. In prossimità delle strisce pedonali, una anziana donna, ferma sul bordo del marciapiede, chiedeva con lo sguardo di poter attraversare. Si fermò, rischiando il tamponamento da parte dell’auto che era al seguito. La distanza di sicurezza è un’utopia per la mandria di vetture che popola l’asfalto. La vecchia ringraziò sempre con lo sguardo, che da implorante era divenuto grato, con la complicità di un sorriso appena abbozzato. Ricambiò il gesto, ma la luce del sole, che formava ombre sul parabrezza, non consentì alla passante di ricevere quella empatia. Il semaforo che trovava ogni mattina rosso, stavolta era verde. Doveva trattarsi di una ricompensa per avere manifestato tanta gentilezza. Almeno così gli piacque pensare. Due coincidenze, però, fanno un segno, perché il parcheggio era libero sotto la magnolia, che avrebbe pure mantenuto la temperatura dell’automobile accettabile al suo ritorno. Le porte a vetri si spalancarono automaticamente, accogliendolo, come ogni mattina, nell’elegante stabile ottocentesco. Una porta automatica, incorporata in un palazzo d’altri tempi, svolgeva le mansioni di un portiere. Macchine che fanno il lavoro degli uomini. Sempre più macchine, sempre meno persone. Sempre più persone che somigliano a macchine. Accompagnato da questi pensieri, si diresse verso l’ufficio del direttore. Bussò, una volta piano, due volte forte. Da anni era il loro segnale, senza che vi fosse necessità di attendere. Seduti, uno di fronte all’altro, gustarono lentamente il secondo caffè della giornata. Almeno per lui, il secondo. Prima dell’inizio della riunione di redazione, quello era il loro rito, quasi scaramantico.
“Direttore, voglio farti una proposta”
“Ora?”
“Sì, ora, prima della riunione, così potremo parlarne anche con gli altri”
“Ti ascolto”
“Voglio scrivere sulla gentilezza”
“Che vuoi dire?”
“Non so con precisione nemmeno io, ma sento che devo farlo. Voglio mandare un messaggio positivo, condividere con altri, i nostri lettori, le mie sensazioni. Stamattina, per la prima volta, sono uscito facendo attenzione mentre chiudevo la porta, per non svegliare Maria. Era stanca, ha passato tutta la notte sveglia, la piccola aveva le coliche. Si sono addormentate alle prime luci dell’alba, proprio quando mi sono alzato io, incapace di aiutare Maria nella fatica notturna di occuparsi di nostra figlia. Quando le ho viste addormentate, dopo lo sfinimento, ho avuto un moto di tenerezza per entrambe. Non mi era mai successo. E così ho fatto tutto più lentamente, con gentilezza, anche verso me stesso. La barba, la doccia, le scale, il bar. La cassiera mi ha guardato in modo strano. Non correvo, ero attento…”
“Continua…”
“Ho preso la macchina e mi sono reso conto che avevo necessità di gentilezza. Era un mio preciso bisogno. Poi quella donna. Chissà da quanto tempo era lì, nessuno la faceva passare, nonostante le strisce pedonali. E lei chiedeva solo di attraversare, con uno sguardo, solo con uno sguardo. Uno sguardo gentile, del quale nessuno sembrava accorgersi”
“Ci hai pensato tu?”
“Sì, ma non è corretto dire che ci ho pensato. Ho semplicemente ricambiato la sua gentilezza. Se avesse urlato la propria necessità di attraversare, magari non l’avrei incontrata. Sarebbe passata prima e io non l’avrei incontrata, capisci?”
“Vuoi dirmi che la sua difficoltà è stata una tua occasione?”
“Sapevo che mi avresti compreso. Sì, esattamente. Sembrava fosse lì per me, per farmi pensare, con la sua gentilezza, a questo modo di essere. Gentili, intendo…”
“Continua…”
“Mi è tornata in mente la gentilezza di mia moglie, che stanotte non mi ha svegliato, perché sapeva che avrei avuto una giornata impegnativa. La stessa gentilezza della signora sulle strisce pedonali, che chiedeva di attraversare senza porre la propria esigenza davanti a quella di centinaia di automobilisti affannati ed esigenti anch’essi. Non avevo fatto caso prima. Quante volte Maria è stata gentile con me? Quante persone sono state gentile con me? E io mai ho ricambiato. Mai. Fino a questa mattina. E mi ha fatto bene ricambiare. Per cambiare. Mi sono sentito migliore. Pensi sia diventato matto?”
“No, scusa, ti guardavo. Matto, direi di no. Hai solo una luce diversa negli occhi”
“Sentimi bene. Affoghiamo i nostri lettori nelle notizie di cronaca nera o di una politica che mai è stata tale e non pensiamo ad informarli che esiste la gentilezza. Sembra stupido, puerile, non so, non voglio fare il santone o il mistico, ma sento che anche l’informazione sul male dovrebbe essere più gentile. Altrimenti rischiamo di alterare gli animi. Violiamo la par condicio nei confronti del bene. Il nostro non è solo un lavoro, è un compito, una missione. Non possiamo guardare unicamente alle notizie che fanno vendere. Se a far vendere è il male, allora parliamone in modo differente, offrendo soluzioni, parlando anche del bene, della gentilezza”
Il direttore lo guardò perplesso. La paternità trasforma, pensò, anche se fino a questo punto gli sembrò davvero ardito. Ma lo conosceva da molti anni, troppi per non fidarsi di lui.
“Senti, mi hai convinto. Ti lascerò fare la rubrica sulla gentilezza, per cominciare. Magari chiedendo l’opinione dei lettori, che ne pensi?”
“Penso che sei gentile”
“Magari potresti ricambiare, proprio oggi pomeriggio. Ieri è morta mia madre”
“Mi dispiace, non sapevo…”
“Nessuno sapeva. Era malata da tempo ed era una donna gentile, guarda che coincidenza. Anche lei parlava sempre della necessità di essere gentili. Mi accompagneresti al suo funerale?”
“Me lo chiedi? Certo”
La fotografia della madre era sempre stata lì, sulla scrivania inondata di carta, incorniciata da un argento che si intonava con i capelli della donna. Il direttore la prese tra le mani e l’accarezzò. Le sue dita sfiorarono il ritratto del volto antico. Il volto dell’anziana che aveva chiesto di attraversare pochi minuti prima. Con gentilezza.
Dunque ha incontrato un fantasma gentile? E’ questo il motivo del titolo? Oppure mi sono completamente e clamorosamente sbagliata? A parte questo, bella storia e bella l’idea di parlare della gentilezza con garbo, come hai fatto tu. Dare e ricevere gentilezza fa stare bene e costa davvero poco.
Un mio amico pittore ha organizzato anni fa una mostra che ha voluto intitolare “Elogio della gentilezza”. Parlandone davanti ai suoi quadri abbiamo concluso che si tratta di una forma di malattia trasmissibile e anzi spesso felicemente contagiosa. Grazie per avercelo ricordato con questa bella storia.
Non ti sei sbagliata, cara Monica, è proprio così. Ringrazio te e anche Marco Floridia per i vostri commenti. Mi farebbe piacere conoscere il nome dell’artista di “Elogio alla gentilezza”.
Strana sequenza. Poco fa ho letto una bella storia con per protagonista un fantasma e adesso mi imbatto in questa che parla di un altro fantasma, la gentilezza. Eroico lo scrittore che ne scrive e mantiene la lucidità necessaria, senza farsi prendere dallo sconforto e dalla nostalgia. La gentilezza è una delle creature più sofferenti che esistano, l’estinzione per lei rischia di esser domani ma fino a quando ci sarà qualcuno come Francesca capace di scriverne così, con semplicità ed efficacia, ancora si può sperare. Grazie gentile – che bello poterlo dire – grazie gentile Francesca di aver scritto questo bel racconto di speranza.
Sono io che debbo ringraziare Lei, carissimo Ugo, poiché il Suo commento mi ha fatto piangere di gioia. La speranza è la virtù che resisterà fino alla fine dei tempi. Grazie ancora
Non ho commenti particolari, è un racconto bellissimo, pieno di sentimento. Per ora uno fra i più belli che ho avuto il piacere di leggere.
Grazie Aurora Vannucci, troppo buona. Non credevo che partecipare a questo concorso potesse riempire il mio cuore di gioia e gratitudine per Voi che avete avuto la bontà di spendere il Vostro prezioso tempo. E, soprattutto, che riuscissi a toccare il Vostro cuore.