Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “La vita fu mia figlia” di Rachele Astolfi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Cara Maddy,

cara piccola, fragile, innocente Maddy.

E’ così che ti avrei chiamata, se solo tu avessi pianto quel giorno!

Credo proprio che io debba raccontarti la mia storia, la nostra storia, sin dall’ inizio.

Sono passati anni ormai, ma allora ero più che una piccola bambina, avevo ancora addosso il profumo dell’ innocenza, gli occhi lucidi della purezza, avevo ancora  in me il sapore della spenzieratezza di una sedicenne.

Come ogni adolescente anche per me erano iniziate le prime uscite, i primi interessi, i primi amori.

Amore, che strana parola, troppo grande per me che ero ancora tanto inesperta.

Comunque non cercherò di girarci intorno, non cercherò scuse, mi prenderò le mie responsabilità, per rispetto del tuo fragile cuoricino.

Fui stupida, ingrata nei confronti della vita; un “bel giorno” rimasi incinta.

Ingrata ripeto nei confronti dei primi approcci con la vita perchè ben sapevo che non sarei stata in grado di prendermi cura del tuo corpicino leggero, dei tuoi pianti, della tua fame, della tua presenza.

Fui presa dalla paura, paura, paura, dal terrore, non poteva essere successo, non a me, avevo solo sedici anni.

Capii subito che qualcosa era cambiato dentro di me, due, quattro, otto, sedici, trentadue piccole cellule percorrevano il mio corpo.

Come potevo prendermi cura di un bambino mi chiedevo, non ero in grado di badare a me stessa.

Non avrei più potuto più rimanere seduta a guardare lo scorrere della vita che mi passava davanti.

Le discoteche, le birre il sabato sera, le uscite con le amiche solo per prendermi cura di te.

Fu allora che iniziai a guardarti di sbieco, con pesante rammarico, giunsi persino ad odiarti con tutta me stessa.

Ti prego mia cara bambina, comprendimi, ero solo una adolescente confusa, non una madre, non potevo amarti come ama una mamma, non sapevo cosa significasse essere madre.

Per me eri solo un ostacolo, un impedimento, una difficoltà.

Mi tenni tutto dentro, non dissi a nessuno di essere in attesa di un bimbo, non avrei sopportato anche l’ abbandono da parte di tutti.

Passarono i primi cinque mesi, il mio corpo iniziava a cambiare, non potevo più fare finta che tu non ci fossi.

Decisi di chiedere aiuto; sarebbe stato l’ unico modo che avevo per rincominciare a vivere, o quantomeno avrei avuto un peso in meno.

Lo dissi ai miei genitori, una sera piovosa e umida, le parole scivolavano veloci e copiose dalla mia bocca, ero seduta davanti allo sguardo duro di mio padre ed al viso pacifico di mia madre.

Ero sicura che avrei perso anche loro.

Terminai di parlare, i miei occhi in quelli dei miei genitori, c’era solo silenzio, un silenzio grande e spaventoso come il cielo.

Fu così che sentii per la prima volta il tuo cuore battere, batteva così fote che credo lo abbiano sentito anche i tuoi nonni, in quel momento seduti dinnanzi a noi con i loro visi cerei.

Ci fù pianto, tanto pianto, quasi di gioia per loro, di liberazione per me.

Non ero sola, compresi che mia madre e mio padre non mi avrebbero lasciata, mi avrebbero insegnato ad amarti.

Di notte iniziai ad ascoltare il tuo cuore, di giorno a pensare ad una nome da darti.

Maddy, sarebbe stato questo il tuo nome, fresco come la ventata di  felicità che avresti portato nella mia vita.

Iniziai a considerarti un dono, non più una disgrazia, capii che valevi più di un sabato sera con le amiche.

Fu allora che iniziai ad essere la tua mamma.

Passarono alcuni mesi, mesi spesi a scegliere tutine, culle e lettini e senza accorgermene, pian piano, silenziosa arrivò la paura del parto.

Erano le tre del mattino, mi sveglai di colpo, il mio grembo era divenuto marmoreo, sentivo un dolore lancinante alla schiena, stavi nascendo Maddy, ti rendi conto? Stavo per diventare madre!

Ventitre ore di travaglio e di dolori disumani, insopportabili, mi dicevano di spingere forte e fu così che nascesti.

Venni fuori dal mio esile corpo tutta tremante, i tuoi occhi mi cercavano, mi guardavano pieni di insicurezza.

Avevi il cordone ombellicale attorno al collo, ma io avevo letto su  una rivista del settore che il fatto non era poi tanto raro.

Erano passati gia alcuni secondi, ma tu non davi cenno di respirare; i neonati emettono il loro primo respiro, emettendo un urlo potente per aprire i polmoni.

Tu invece non davi alcun segno.

Perchè non piangesti Maddy?

Le ostetriche praticavano brusche manovre sul tuo corpicino esanime.

Percepii l’ arrivo della morte, come quello della vita, quando mi guardasti.

Eri appena arrivata e gia non c’eri più.

Non ero in grado nemmeno di piangere o disperarmi, ero come vuota senza di te.

Mi dissero che eri nata morta, ma io non credetti loro, e mai gli crederò.

Io ti guardai negli occhi e anche se per pochi secondi, la vita era entrata a far parte di te.

Ho deciso di scriverti questa lettera Maddy, come mamma , per ringraziarti di essere scesa qua giù, da me, per farmi apprezzare l’ amore, con la speranza che qualche candido angelo possa farti ricevere queste mie parole, così da farti capire che sarai sempre e comunque la mia  figlia preziosa.

Grazie per avermi fatto conoscere ed apprezzare la vita.

Ora sono una donna, ho altre due meravigliose figlie che sanno di essere tue sorelle Maddy, sanno che è solo merito tuo se sono la mamma che sono.

Sappi che sarai sempre la mia bambina, anche se solo per il tempo di uno sguardo.

Sappi che continuerò a portare un mazzolino di rose sulla tua piccola tomba bianca ogni domenica sera, guardando in alto, fissando la stella più luminosa di tutte, volata in cielo troppo presto.

La tua per sempre

Mamma

 

 

 

 

 

 

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3 commenti »

  1. Mi sono davvero commossa leggendo le tue parole così sentite, così semplici e piene d’amore.

  2. Coinvolgente e commovente…

  3. Monica Menzogni grazie mille del commento , sono davvero felice di constatare che ciò che volevo trasmettere è arrivato forte e chiaro.

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