Premio Racconti nella Rete 2019 “La leyenda del Santuario de Quetzalcoatl – La leggenda del santuario di Quetzalcoatl” di Donatella Salucci
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019Salamanca, 22 de agosto de 2005
LA LEYENDA DEL SANTUARIO DE QUETZALCOATL
Tenía el nombre de Danto Volcán pero no por casualidad “sino porque él mismo lo buscó y lo encontró y se vistió con él”.
Era un hombre aparentemente simple, con rasgos que escondían su origen nicaragüense y llevaba siempre ropa de colores oscuros para pasar inadvertido. Era lo suficientemente abierto con la gente y no importaba cuál fuera el tema de que se hablara, era capaz de ocultar sus emociones. No frecuentaba mujeres, mucho menos si eran peninsulares. Nadie sabía por qué había dejado su país para vivir en la profundidad de la vieja Castilla, donde había encontrado trabajo como conductor para una panadería de Salamanca y tampoco nadie se atrevió a preguntárselo.
Cada día, Francisco Aguilar Ortega, así se llamaba en realidad, cuando salía de la panadería para entregar la mercancía, acudía al archivo de la ciudad y al convento de los Dominicos, donde se quedaba todo el tiempo que podía robar a su trabajo para consultar unos antiguos y raros documentos del siglo XV. Un gris jueves de noviembre por la lluvia interminable que le recordaba la venganza de los cielos del Trópico, por fin encontró lo que estaba buscando: los actos de la cuestión indígena, un conjunto de documentos únicos traídos de América. Se sintió transportado a otra época: escuchaba la voz de los religiosos en el convento que debatían sobre el asunto de si los indios eran o no eran seres humanos, si tenían alma o no tenían alma y, por lo tanto, sobre el significado de la evangelización en el nuevo mundo.
Un fuerte orgullo corría por sus venas y aborrecía todo lo que era español, incluso sus apellidos. Particularmente él que era descendiente de aquel Aguilar que, procediendo de Andalucía, fue traductor oficial de Cortés en su conquista del imperio azteca y maya. Su conflicto eterno por ser mestizo dejó paso a la fuerza de su nombre de elección y a la herencia de los Chorotegas que guardaba altivo. Ahora faltaba encontrar entre todos aquellos documentos el más importante que lo llevaría a descubrir el lugar donde se escondía el más antiguo santuario de la diosa Quetzalcoatl o Serpiente Emplumada.
Pero pasó algo inesperado. Un día apareció ella en el archivo. Él la miró y sintió algo mágico en su mirada. Algo que nunca había sentido pero que sus ancestros le habían advertido, que la diosa podía leer el alma a través de los ojos e incluso convertirse en dueña de su espíritu.
Entonces, sin dejar de mirarlo, ella le dijo: “Sé lo que estás buscando. No hace falta que sigas. No estoy donde tú crees, he encontrado refugio en Cappelle dei Marsi, en la Mársica, un sitio que tú no conoces pero donde no corro ningún peligro. A partir de ahora tú estarás a mi lado y me seguirás a donde vaya”.
Mientras la llama de su libertad se iba apagando como una débil vela, Danto Volcán le dijo: “Tantas generaciones lucharon por nuestra libertad y el destino ha querido que yo terminara siendo tu esclavo, ¡el esclavo de una Romana!”.
Salamanca, 22 agosto 2005
LA LEGGENDA DEL SANTUARIO DI QUETZALCOATL
Aveva il nome di Danto Volcán ma non per caso ”ma perché lui stesso lo cercò e lo trovò e si vestì con esso”.
Era un uomo apparentemente semplice, con tratti che nascondevano la sua origine nicaraguense e portava sempre indumenti di colori scuri per passare inosservato. Era aperto con la gente il necessario e non importava quale fosse il tema del quale si parlasse, era capace di occultare le proprie emozioni. Non frequentava donne, e ancor meno se erano della penisola. Nessuno sapeva perché aveva lasciato il suo paese per vivere nella profondità della vecchia Castiglia, dove aveva trovato lavoro come autista per un panificio di Salamanca e tantomeno nessuno osò chiederglielo.
Ogni giorno, Francisco Aguilar Ortega, così si chiamava in realtà, quando usciva dalla panetteria per consegnare la merce, si dirigeva all’archivio della città e al convento dei Domenicani, dove rimaneva tutto il tempo che poteva rubare al suo lavoro per consultare alcuni antichi e rari documenti del XV secolo. Un grigio giovedì di novembre per la pioggia interminabile che gli ricordava la vendetta del Tropico, alla fine trovò ciò che stava cercando: gli atti della questione indigena, un insieme di documenti unici arrivati dall’America. Si sentì trasportato in un’altra epoca: ascoltava la voce dei religiosi nel convento che dibattevano sulla questione se gli indios fossero o non fossero esseri umani, se avessero l’anima o non avessero l’anima e quindi sul significato dell’evangelizzazione nel nuovo mondo.
Un forte orgoglio correva nelle sue vene e detestava tutto ciò che era spagnolo, incluso il proprio cognome. Specialmente lui che era discendente di quell’Aguilar che, provenendo dall’Andalusia, fu traduttore ufficiale di Cortés nella conquista dell’impero azteca e maya. Il suo eterno conflitto per essere meticcio lasciò il passo alla forza del suo nome d’elezione e all’eredità dei Chorotegas che conservava altero. Adesso non gli mancava che trovare tra tutti quei documenti il più importante, quello che lo avrebbe portato a scoprire il luogo dove si nascondeva il più antico santuario della dea Quetzalcoatl o Serpente Piumato.
Ma successe qualcosa di inaspettato. Un giorno apparve lei nell’archivio. Lui la guardò e sentì qualcosa di magico nel suo sguardo. Qualcosa che mai aveva sentito ma del quale i suoi antenati lo avevano avvertito, che la dea poteva leggere l’anima attraverso gli occhi e diventare perfino la padrona del suo spirito.
Allora, senza smettere di guardarlo, lei gli disse: “So cosa stai cercando. Non c’è bisogno che continui. Non sono dove tu credi, ho trovato rifugio a Cappelle dei Marsi, nella Marsica, un posto che tu non conosci ma dove non corro alcun pericolo. A partire da questo momento tu starai al mio fianco e mi seguirai dovunque io vada”.
Mentre la fiamma della sua libertà si andava spegnendo come una flebile candela, Danto Volcán le disse: “Tante generazioni lottarono per la nostra libertà e il destino ha voluto che io finissi per essere il tuo schiavo, lo schiavo di una Romana!
Accattivante al punto che mi è sembrato troppo breve. Bella scrittura e idea originale, complimenti
Grazie, Monica. È un racconto nato così ed ho pensato di non modificarlo, racchiude per me molti significati, ogni parola racchiude dei ricordi. L’ho scritto in un giorno particolarmente felice del mio soggiorno a Salamanca, città che mi ha regalato delle profonde emozioni e mi ha permesso di conoscere un uomo speciale. Effettivamente potrebbe essere un canovaccio per un racconto dallo sviluppo molto più articolato ed assolutamente in lingua spagnola.
Una storia piena di mistero, secondo me, sull’onda di quella narrativa che tratta di fatti storici romanzandoli e inserendovi elementi di irrealtà e magia, E’ vero, sembra il plot di una storia molto più estesa che sarà molto interessante leggere. Complimenti gentile Donatella 🙂
Grazie, Ugo. Ad essere gentile sei tu. È il mio primo racconto e perdipiù in lingua straniera. È lunga la strada per scrivere un racconto d’autore, ma sono contenta di aver avuto una buona idea.
Mitologia, storia e fantasia fuse in un racconto che è una vera perla. Complimenti all’autrice.
Grazie di cuore, Mattia. Sto arrossendo…
Vibrante come la lingua spagnola in cui è scritto. Complimenti 🙂
Grazie mille, Maury. È proprio vero, la lingua spagnola è vibrante, evocativa, passionale. Il racconto andrebbe letto proprio nella versione originale per cogliere le sonorità che sono parte integrante del testo.Anche perché è stato creato in Spagna ed è stato pensato in spagnolo.
Grazie, Maury. È proprio vero, la lingua spagnola è vibrante, evocativa, diaframmatica, passionale. Il racconto andrebbe letto proprio nella versione originale per cogliere le sonorità che sono parte integrante del testo. In questo modo anche il riferimento toponomastico italiano acquisirebbe una sfumatura esotica.
Cara Donatella, complimenti! Non conosco lo spagnolo, ma ho provato comunque a leggere anche la versione originale per cercare di cogliere la melodia nascosta nelle parole. Mito e realtà che si confondono e si mischiano in una storia che vorrebbe raccontarsi di più. Lo farai? L’incipit l’ho trovato magnifico!
Carissima Ester, grazie per l’incoraggiamento. È un primo esperimento. Vedremo cosa accadrà. Mi fa comunque molto piacere sapere che l’idea possa essere sviluppata. L’incipit include un richiamo al racconto “Dos palabras” da “Cuentos de Eva Luna” di Isabel Allende. Ti ringrazio con tutto il cuore per aver dedicato il tuo tempo alla lettura del mio piccolo racconto.
Cara Donatella, davvero una perla il tuo racconto, sospeso tra il mistero del manoscritto dell’abate Vallet e il realismo magico di un personaggio come Jose’ Arcadio! Complimenti! E raccontaci ancora del tuo Danto Volcan
Brava, questo racconto sembra proprio il punto di partenza di un bel romanzo d’avventura, sospeso tra realtà e leggenda. Pensaci! Complimenti.
Ciao Elisa. Grazie mille per il tuo commento. Sicuramente “Danto Volcán”, nonostante le vicissitudini, sarà ancora “schiavo di una romana”.
A presto.
Grazie, Valeria. Sono davvero felice che il racconto ti sia piaciuto. Chissà se avrò il coraggio e l’ingegno di proseguire..
Quetzalcoalt un dio femminile? pensavo fosse mascolino (qui qualcosa c’è che non sappiamo). Mi piace molto la scrittura precisa, chiara in spagnolo e italiano. Ma davvero lo vuoi lasciare schiavo Danto?
Grazie Rocco per il tuo commento. Forse lo libererò Danto, vediamo. Tu cosa mi suggerisci?