Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2019 “Maglietta da camera” di Piero Fittipaldi

Categoria: Premio Racconti per Corti 2019

È un attimo. Con una mano lo spinge fuori e con l’altra gli chiude la portaalle spalle.

Uno sbuffo d’aria sulla nuca. Puff.

 

[Voce Fuori campo, sullo schermo tutto è immobile sull’ultima immagine, sentiamo solo la voce del ragazzo]

Ecco fatto. Signori e signore, mi ha cacciato di casa, e sono pure a piedi nudi.

Mi metto a bussare come un pazzo sperando che riapra?

 

[Le immagini riprendono il proprio corso, mentre il ragazzo decide cosa fare, la sua voce fuori campo continua]

No, non sarebbe il caso, che figura con i vicini. E poi questa volta l’ho fatta grossa. Non che le altre siano state da meno, ma quando vieni scoperto significa che la colpa è tua. E quindi me la devo tenere.

Dallo stesso pianerottolo si apre una porta. La coppia anziana che ne esce lo guarda con disprezzo. Continuano a farlo mentre attendono l’ascensore poi, scomparire alla vista all’interno dell’ascensore, la donna della coppia gli rivolge un’espressione ripugnata.

Lui risponde con un sorriso imbarazzato, poi si gira verso la porta, avvicinando la bocca allo spioncino, nemmeno fosse un microfono.

– Almeno lanciami una borsa con la mia roba.

Lo dice sussurra, mentre si guarda intorno sperando che nessun altro lo sorprenda così.

– Dai, zuccherino, in fondo succede in tutti i film che ti piacciono. Sex and the city e pretty woman e Rupert Everett e Julia Roberts e Hugh Grent che non so nemmeno come si scrive.

Dal tono sembra iniziare a perdere la pazienza, poi la riguadagna sornione.

– E poi, sai domani quando lo racconterai alle amiche della palestra. Saranno tutte occhi e gridolini.

Batte i pugni sulla porta.

– Lanciami almeno una camicia e un paio di scarpe, è chiedere troppo?

L’attimo di nervosismo lascia il posto a un lucido contegno. La situazione lo vuole mesto e afflitto, e allora cosa è il suo viso se non la smorfia esatta dell’infedele roso dai rimorsi, il meschino arso dal senso di colpa?

– Ma non ti faccio pena? Gli urla di rimando con un tono da vittima, mentre il culo gli si ghiaccia sul marmo dello scalino su cui è seduto.

 

——-

– Gli ho chiesto di lanciarmi almeno una borsa, secondo te che ha fatto?

– L’ha lanciata. Chiaro.

– Zero. Ti chiamo dallo stesso scalino su cui sono seduto da un’ora. A piedi nudi. Hai idea? Devi prestarmi una camicia e un paio di scarpe.

– Certo. Ma documenti, soldi, hai tutto, no?

– A si? Perché tu in casa tua giri con il portafoglio e i documenti in tasca vero? Io invece ho un pantalone della tuta e una maglietta. Da casa. E tu lo sai come sono le magliette da casa. Già è tanto che ho il cellulare. E si sta pure scaricando la batteria.  

– Vengo a prenderti. Tu intanto cerca di risolvere.

 

——-

Lui è in strada, a piedi nudi, mentre lei è barricata lì su, infuriata.

[Voce fuori campo del ragazzo]

Si fa presto a dire “cerca di risolvere”. Non posso chiamarla, sarebbe capace di piantarmi un casino per ore, scaricandomi addosso le colpe dei padri dei padri dei padri del genere maschile. Mi polverizzerebbe credito e batteria. Meglio il citofono.

 

Il ragazzo raggiunge il citofono camminando sui talloni, nel vano tentativo di toccare il meno possibile il marciapiedi lercio.

Nemmeno il tempo di pigiare il pulsante che la voce di lei esplode in strada in un tourbillon di non farti più vedere, vai al diavolo, viscido sporco losco con a te ho buttato dueannidue nel, eccetera.

 

In quel flusso di parole urlate dovrebbe esserci almeno una pausa di rito per lasciare spazio a un pianto convulso. Ma lei non dà tregua. È una macchina. Il Robocop del rancore.

Rallenta solo per scandire l’ultima frase.

– E ora vado perché il fuoco che ho appiccato alla tua roba in balcone sta raggiungendo le mie piante. Quelle che non hai mai innaffiato in vita tua.

Poi attacca.

Lui si sporge per guardare in alto, su uno dei balconi si intravede del fumo e degli strani bagliori arancioni.

Ricitofona.

– Che stai dicendo, non fare pazzie.

Lei attacca.

Lui ricitofona.

– Che è ‘sta storia del fuoco.

Lei riattacca.

Lui ricitofona.

– No guarda ora mi fai incazzare veramente.

Lei riattacca.

Lui ricitofona.

– Almeno lanciami le scarpe.

– Stronzo. È l’unica parola che gli arriva, prima che lei attacchi definitivamente.

 

——-

Poco dopo è finalmente a casa del suo amico. Tenta di infilarsi a forza un paio di scarpe di almeno un paio di misure in meno.

Accartocciando il piede, riesce a malapena a infilarcene metà. Pazienza, dovrà camminare così, sempre meglio che a piedi nudi.

– Ma non hai fatto lo sviluppo? Comunque grazie per essermi venuto a prendere.

– Se vuoi me le riprendo e ti lascio scalzo. E cambiati anche la maglietta che questa che hai addosso è uno scandalo. Ma che, le rubi ai barboni?

– Sai com’è, sapendo che venivo a casa tua mi sono adeguato.

[Voce fuori campo del ragazzo, la scena si ferma immobile sull’ultima immagine]

Questi sono gli amici, signori. Gli amici maschi. Non fanno moine, non piangono mai e ridono di ogni tragedia. Con un amico maschio si può affrontare quasi tutto, anche l’esser buttato via di casa di punto in bianco. E per lei, pazienza, ne verranno altre.

Le donne cambiano. Gli amici, invece. Puoi non sentirli per anni, e quando poi li chiami sono proprio uguali a come li ricordavi.

[Le immagini riprendono il proprio corso]

Il ragazzo raggiunge il suo amico, gli mette una mano sulla spalla in segno di riconoscenza.

– A parte tutto, sei un vero amico. Grazie. Problemi se resto da te per qualche giorno?

– Ma figurati. Ti lascio le chiavi, io stasera non sarò a casa.

– Al solito. Qualche situazione per le mani?

– Vediamo. C’è una, dice che ho conosciuto in chat, dice che oggi si è sbarazzata del tipo, forse mi fa dormire da lei.

[Voce fuori campo, tutto il resto si ferma immobile con la mano di lui sulla spalla dell’amico]

Le donne cambiano. Gli amici, invece. Puoi non sentirli per anni, e quando poi li chiami sono proprio uguali a come li ricordavi.

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2 commenti »

  1. Ciao Piero, Ben trovato! Non so se ti ricordi. Siamo nella stessa antologia 2017. Che bello quell’anno … e ora siamo di nuovo qui. Chissà, magari ci si rivede. Comunque, il tuo racconto per corti è vivace, ironico e pungente. Si fa leggere speditamente, anche se subisce le inevitabili limitazioni del genere. La “maglietta da camera” poi mi ricorda i “vestiti per casa”. Perché la casa è fatta per stare comodi, e poi non ti verrebbe mai in mente di esserne cacciato di punto in bianco, ad un orario impensato. Invece, bisognerebbe essere previdenti ed essere sempre pronti, Infine, sono d’accordo con te sul concetto bello dell’amicizia, però permettimi di dissentire sul fatto che le donne cambino … anche gli uomini possono cambiare! Bravo. Ciao, e che vinca il migliore!

  2. ciao lucia, ben ritrovata!
    Grazie mille del tuo commento, sarebbe bellissimo rivivere quei momenti a lucca. Un grande in bocca al lupo anche a te.

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