Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Angelina” di Harielle Rosy De Luca

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

In una una foto sgranata dal tempo, quasi ingiallita, indossa una gonna lunga quasi alle caviglie, un colletto alto pieghettato e sembra guardarti con aria da bambina, elegante ed austera allo stesso tempo.

E’ il ritratto da giovane di Angelina,  dagli occhi grandi e dal portamento timido, una chiostra di denti bianchi a scoprire un sorriso radioso. Stretta ai suoi tre bambini e al suo amore, Gennaro, che le rivoluzionò la vita.

Angelina viveva tranquilla nell’ isola verde tra poggi fioriti e odore di mare. La sua finestra si affacciava direttamente sulla spiaggia stretta di Forìo d’Ischia. Conosceva bene la grande città di terra e mare, Napoli, con la sua musica e le sue contraddizioni, la bellezza del paesaggio e la cordialità dei suoi abitanti che contrastavano con la sua ritrosia da isolana. Era stata educata dalle Orsoline, a Chiaia, quartiere bene della città, in un collegio in cui insegnavano alle ragazze di buona famiglia a ricamare, a disegnare, a diventare buone madri. Ma Angelina aveva la musica nel sangue, come i suoi familiari, del resto. Il nonno, il padre, lo zio paterno erano orchestrali del teatro San Carlo, e lei aveva ereditato non solo una certa  propensione alla malinconia, ma anche il senso del ritmo, del fraseggio, dell’improvvisazione. Aveva studiato pianoforte e avrebbe potuto esibirsi, ma si sa, le donne nate nel 1900 raramente mostravano le proprie doti fuori dal cerchio familiare.

E così, terminato l’apprendistato di economia domestica in collegio, Angelina fece ritorno ad Ischia, e accettò blandamente la corte del giovane notaio del paese. Un fidanzamento tranquillo e senza troppi scossoni emotivi, durato diversi anni, il tempo – diceva lei – di approntare il corredo, rigorosamente ricamato a mano.

Ma una mattina d’estate, recandosi da sola nella capitale partenopea per comprare nuove stoffe, si accorse di un giovane che la guardava con ammirazione. Non bello, longilineo, orecchie a sventola e una travolgente simpatia. E lei, che per ritrosia non salutava neppure i compaesani, si trovò a conversare con questo ragazzo, poco più grande di lei, ma con un passato alle spalle di emigrante in Brasile, e la speranza di diventare giornalista, una volta tornato in patria, le speranze di ricominciare, da poco finita la grande guerra.

Angelina rimase folgorata dalla carica vitale incessante di quell’uomo, e in pochissimo tempo sbloccò quella che era stata, per troppo tempo, una vita ingessata. Contro il volere della famiglia lasciò il notaio e sposò  Gennaro, si trasferì definitivamente a Napoli. In pochi anni ebbero tre figli. Lui lavorava in un giornale, ma per arrotondare i magri guadagni iniziò a fare l’edicolante, e, di nascosto, passava libelli antifascisti agli oppositori del regime dittatoriale che si era instaurato piano piano.

Lei si occupava della casa, sempre splendente e piena di fiori, dei tre bambini, due maschi e una bambina, trovava il tempo di suonare il piano e sembrava essere l’unica in grado di calmare il flusso di pensieri ed azioni incessanti del marito. Lui la preoccupava per la irruenza delle sue idee, come quando per esempio, alcuni energumeni, avvertiti della illegale cessione dei libelli contro il regime, lo accerchiarono, lo picchiarono e lo costrinsero a bere olio di ricino. Come stette male quella sera Gennaro, lo ricordarono per anni i figli.

E Angelina vedeva passare il tempo con apprensione, con angoscia. I dolori al petto, un tempo sporadici,  si facevano forti, ma lei li nascondeva a marito e figli. Fu solo quando Sofia, la piccola, scoprì sua madre vomitare sangue e lo disse al padre,  che  si decisero a consultare un medico. Questi diagnosticò un’ulcera grave e un’operazione, a suo dire risolutiva.

Nel frattempo l’Italia era entrata di nuovo in guerra, chissà perché sembrava così importante spezzare le reni alla Grecia, il paese dal passato culturale più simile al nostro. Il giorno dell’operazione Angelina era tesissima, senza sapere perché. Il primo novembre, giorno dei morti per tradizione, mentre i chirurghi la operavano, Gennaro e i tre figli, insieme ad alcuni familiari, attendevano in sala d’attesa. Un boato scatenò il panico: il primo bombardamento di Napoli ad opera della Royal Air Force, si apprese dopo.

Tra i calcinacci e la polvere, la sala operatoria era diventata un campo di battaglia, tutti scapparono, qualche sanitario rimase. Angelina era ancora sotto anestesia e non si accorse, forse, della forte emorragia.

Morì a 39 anni abbandonata su un letto ospedaliero, mentre intorno a lei si scatenava l’inferno.

Gennaro pianse inconsolabile la sua morte insieme ai bambini, e, a differenza di quanto avveniva usualmente in quei tempi, gli occorse molto tempo per trovare il coraggio di risposarsi e dare una sostituta mamma ai tre piccoli orfani. Si risposò con una donna generosa e coraggiosa che ho conosciuto, amato  e che ho chiamato nonna. Perché mia madre era la figlia di Angela, si.

Di nonna Angelina però rimangono i ricordi tramandati con amore, le iniziali ricamate sulle lenzuola dello sterminato corredo, fogli di fresco lino che sono arrivati anche a me, una nipote che non ha mai conosciuto. Della memoria di lei resistono i racconti, le foto che ci tramandano la sua aria sognante,  e  quel  sorriso, e quel velo di malinconia che temo di aver ereditato da lei, insieme alla tendenza a soffrire di mal di stomaco….per fortuna la medicina ha fatto passi da gigante, nel tempo.

 

 

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5 commenti »

  1. Non posso fare a meno di pensare che sia una storia vera, bellissima, e resa dalle tue parole in modo egregio. Mi sembra di tenere tra le mani quella foto, che suscita tanti ricordi, tramandati. Splendido racconto, complimenti!

  2. E come ho scritto in un mio racconto: “nessuno muore mai veramente finché esisteranno i ricordi”. Racconto dolce e maliconico, complimenti

  3. Storia vera… tremendamente affascinante, dalle tante sfaccettature, sento Napoli, il mare, Ischia, la storia d’amore, il dolore della guerra. Mi ha proprio rapito.

  4. Bellissimo. I miei complimenti

  5. Commovente. le storie lontane dei nostri cari sono spesso più avvincenti del più moderno dei romanzi e questa qualità bisogna saperla trasferire nel racconto, in modo che non sia una semplice cronaca. Lei, a mio modesto parere, ci è riuscita perfettamente, con sobrietà e forza allo stesso tempo. Complimenti!

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