Premio Racconti nella Rete 2019 “La rondella del re” di Ezio Testa
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019Mi era venuta incontro una biondina dal fare complicato. Di quelle che d’inverno è troppo freddo e d’estate è troppo caldo. L’avevo capito subito. Dal modo meticoloso con cui aveva scelto il posto dove sedersi, curandosi del fatto che non vi fosse polvere o chissà cosa. Il vagone era praticamente vuoto, eravamo soltanto io e lei. Non sembrava affatto il mio tipo. L’avevo avvertito subito. Me ne innamorai all’istante. E quasi sicuramente lei di me. Ma non glielo chiesi.
La pelle bianca, il viso gracile. Un lungo vestito verde acceso, con la gonna larga. Un paio di Converse che stonavano con tutto: col vestito, col la sua natura, persino col treno. Si presentò: “Margherita”. E parlò senza interrompersi per un bel tratto. Le mani dal fare minuto prendevano e rimettevano nella borsetta uno specchietto portatile. E mi raccontò dei suoi sogni ed era un piacere poterla ascoltare. Margherita aveva un sogno al giorno e quel giorno il sogno era volare. Margherita aveva un sogno tutti i giorni e tutto il giorno viveva per quel sogno. Margherita un giorno aveva sognato che nel mondo non ci fossero più eroi. Margherita aveva sognato che oltre agli eroi non ci fossero persone da salvare e che tutti erano uguali. Margherita, in fondo, aveva pensato non fosse poi un brutto sogno. Margherita a un certo punto non sapeva più cosa fosse la realtà perché sognava di sognare ciò che aveva sognato e tutto questo era il suo sogno. Margherita aveva sognato la fatica. E aveva continuato a sognare senza tirarsi indietro. In fondo sapeva che poi qualcosa sarebbe accaduto. Margherita aveva sognato la felicità. Aveva pensato di caderci morbida. Sapeva che le sarebbe costata coraggio ma sapeva anche che ne sarebbe valsa la pena. È così che Margherita aveva incontrato per la prima volta Paolo, il suo vero padre, nel bel mezzo di un sogno, mentre il tramonto di Napoli dipingeva il cielo di azzurro. Paolo era seduto in una vecchia panchina di legno, da solo, con un libro in mano, pressappoco consapevole di quel sogno. Margherita continuò a parlare senza sosta e mi raccontò la vicenda della rapina alla gioielleria giù al porto, avvenuta la sera prima. Lei era lì. Voleva modificare un po’ un anello, mi disse. Quello che le aveva regalato suo padre durante quel sogno. Le andava largo. Negli ultimi anni aveva perso qualche chilo. E così intuii che quell’incontro nella panchina in legno non era poi così recente. Immaginai quanta storia nel suo racconto avesse tralasciato per arrivare dal giorno in cui aveva conosciuto il suo vero padre fino alla rapina della sera prima. Margherita era lì e non aveva avuto paura. A sentirla sembrava quasi entusiasta di poter raccontare con dovizia di particolari la vicenda. Ne avevano parlato i telegiornali ed era stata persino intervistata. L’avevano trasmessa alla tv la sua intervista, nel tg locale. Avrebbe identificato uno dei due rapinatori se l’avesse incontrato, questo disse nell’intervista. Lo aveva visto bene negli occhi e, nonostante quella calza gli schiacciasse naso e guance, lo avrebbe riconosciuto in faccia. Le aveva puntato un’arma contro mentre il complice apriva la cassaforte. “Un’arma”, senza specificare quale. E io non glielo chiesi. “Il gioielliere invece nell’intervista del tg sembrava molto più impaurito” asserì Margherita. Contestava la mancanza di sicurezza nel quartiere. Gli avevano rubato un diamante, uno solo, ma che da solo valeva come tutto il resto del negozio. Un diamante unico: La Rondella del Re. I poliziotti infine, “Con l’aria di quelli che avevano capito come risolvere il caso” – e il ghigno nel volto di Margherita ne sottolineava lo scetticismo- giunsero qualche ora dopo i fatti. Dichiararono che, senza dubbio, dopo il colpo, i malfattori – per far perdere le tracce – si sarebbero allontanati separatamente. . E poi si sarebbero incontrati altrove, in un secondo momento, la sera stessa o addirittura l’indomani. Me li aveva descritti con le spalle grosse e la pelle abbronzata i due poliziotti ed io li avevo immaginati così. Avevo solo aggiunto nel mio immaginario degli occhiali da sole a specchio che forse non avevano. Ma non glielo chiesi.
Arrivammo alla stazione di Frosinone ed io sarei dovuto scendere. Feci per alzarmi e raccogliere le mie cose ma Margherita mi afferrò. Mi guardò fisso negli occhi e disse: “Non te ne andare proprio ora. Resta ed accompagnami per il resto dei miei sogni”. Scendemmo alla stazione di Milano dopo altre 4 ore di viaggio. Il bar della stazione centrale ai nostri occhi sembrava un giardino incantato. Ci sedemmo nel tavolinetto centrale, protagonisti di una storia fantastica. Continuammo a parlarci, guardarci e raccontarci, rispecchiando le nostre anime nel caffè. La tv del bar trasmetteva le ultime notizie e la cattura di uno dei due ladri. Trovato nei pressi della stazione di Frosinone con la Rondella del Re nascosta in una borsetta di pelle. Pagai i due caffè, gettai l’arma nel cestino del bar e cominciai a vivere. Sono quasi certo che Margherita mi avesse riconosciuto. Ma non glielo chiesi.
Uno scompartimento di treno con una donna misteriosa! Impossibile per me resistere. Un ritmo serrato, una bella storia con una donna che sogna e un uomo che non chiede. Molto ma molto ben scritto, senza una parola di troppo. Complimenti Ezio.
Complimenti Ezio! Fin da subito mi ha affascinato Margherita, avvolta nei sogni, creatrice di sogni… E, da un certo punto in poi, ho sperato che il suo interlocutore avesse a che fare con la rapina 🙂 e non mi hai deluso! Molto ben scritto, mi è piaciuto tanto
Un bel ritmo e una storia appassionante. Ottimo lavoro
Originalità e senso del ritmo non ti mancano, Bravo.
Molto avvincente e ritmico. Complimenti!