Premio Racconti nella Rete 2019 “Un ragno” di Massimiliano Piantini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019Ho pulito la cucina.
Forse per voi si tratta di un fatto del tutto normale ma per me è un evento cruciale
che ha cadenza più o meno mensile.
Quella contro lo scorrere del tempo e il degradarsi della materia è una guerra persa
in partenza e tanto vale ingaggiarla più raramente possibile. Non è poi difficile
resistere tanto: occorre solo una riserva infinita di piatti e sviluppare un’adeguata
tolleranza al disordine e allo sporco , in quanto indissolubili compagni dell’essere.
Ecco di seguito alcuni consigli che vi potranno tornare utili.
Per prima cosa si adoperano tutte le stoviglie. Quando ci riduciamo a bere in una
ciotola da insalata come un animale domestico, a friggere un uovo in una marmitta
da dodici o a scaldare il caffè tenendo sulla fiamma un mestolo da brodo, significa
che è infine giunto il momento di sprecare un po’ d’esistenza a pulire oppure di
abbandonare la casa, magari non prima di aver appiccato un bel fuoco purificatore.
Ricordo che una volta in un momento di disperazione distrussi tutti i piatti , i
bicchieri , le tazzine e gettai via tutte le posate, mantenendo solo i due coperti che
ci sarebbero serviti. Questo ci avrebbe costretto, per ovvie ragioni di
sopravvivenza, o ad attaccarci ad un barattolo di fagioli o a fare una dieta a base di
pizza (preferibilmente tagliata in pizzeria) o, come speravo, a lavare
quotidianamente le poche stoviglie in modo da vaccinarsi giornalmente esviluppare una certa indifferenza verso quella precarietà che sta dentro e fuori di
noi.
Non ricordo perché la cosa non funzionò. Non so dirvi se fu perché la pizza alla
fine è un alimento nutriente e saporito (oltre al fatto che è buona norma
accompagnarlo con una birra fresca) o perché mi dimenticai di eliminare pentole,
pentolini, tegami e padelle che poi ,in fondo, sono gli oggetti che più ingombrano
e risultano più impegnativi da lavare.
Sì, lo so che hanno inventato un elettrodomestico chiamato lavastoviglie…
Purtroppo però quando ristrutturammo casa e ci ponemmo il problema, la mia
compagna si mostrò piuttosto sicura del fatto che non sarebbe stata poi così utile ed
io colsi la palla al balzo pensando che in tal modo avremmo risparmiato sulla
bolletta dell’acqua, che in fondo i nostri avi ne avevano sempre fatto a meno e
dunque ne feci una questione di autarchia e di orgoglio anti-borghese . Resto
comunque piuttosto sicuro del fatto che in mano a noi, considerando la nostra
scarsa attenzione a tutto ciò che riguarda la routine quotidiana, la cosa non
avrebbe comunque funzionato a pieno…D’altra parte abbiamo una lavatrice, ma il
sistema dei panni da lavare segue cicli astronomici e cosmogonie tutte sue, che a
noi mortali non è dato sapere…
Non so se l’avete intuito, ma i momenti delle faccende domestiche rappresentano
attimi di lacerante tensione esistenziale. E’ qui che ci si confronta con tutta la
pesantezza della materia, il suo continuo tendere a degradarsi, la ripetizione
quotidiana( nella fattispecie mensile) dei soliti gesti.
Oltretutto uno si ritrova anche ad assurgere prima a ruolo di Creatore indifferente
di un ecosistema , per poi trasformarsi nel Dio punitivo che irrimediabilmente lo
distrugge. Così mi vedo, dimentico di ogni pietà, a sterminare folle terrorizzate di
formiche che fuggono credendo di aver profanato chi sa quale area sacra, acacciare
mosche dal giardino dell’Eden, a incendiare, con prodotti chimici,
cespugli di muffe.
Comunque…
Pulivo la cucina.
Toglievo le ragnatele e l’occhio mi sguscia su ragno. L’avevo appena sloggiato
dalla propria tela, avvoltolata intorno alla granata come uno spaghetto e lui si era
ritrovato dal niente sul ripiano della cucina. Invece di fuggire l’animaletto si era
messo a dondolare freneticamente sulle zampe in quello che aveva tutta l’aria di
essere un respiro affannato di terrore.
Sì! Il ragno ansimava!
Aveva dunque paura che lo spiaccicassi lì dove era!
Non era certo mia intenzione, ma lui non poteva indovinarlo. D’altra parte il
disegno divino, si sa, è imperscrutabile.
E’ curioso osservare l’attaccamento alla vita e il terrore in esseri così piccoli e in
vero anche un po’ ripugnanti. Mi fece pena e anche una certa tristezza. Non
stupitevi. D’ altra parte se fossi del tutto sano di mente non starei qui a scrivere,
su un foglio pentagrammato, della mia personale aracnomachia.
Essere un elemento del sistema implica l’impossibilità di valutarne i meccanismi in
maniera oggettiva .Cosa passa quindi nella testa di un ragno?
Pensandoci bene la vita del ragno è proprio borghese. Uno si fa la propria casetta,
neanche con troppi sacrifici. Piani regolatori ,tasse e mutui per ora non ci sono.Il
materiale non c’è da comprarlo…
Una volta finita ci si mette lì e si aspetta. Possono volerci giorni…settimane. Così
uno inizia a pensare: ”chissà se sono solo in questa casa?… Esistono altre forma di
vita oltre a quelle mosche inquiete e quelle zanzare che mi ronzano davanti agli
occhi?…Ci saranno altre stanze abitate?…Altri ragni? E poi, che senso ha starsenequi, immobile , appeso nel vuoto nell’attesa che un insetto ignaro cada nella
trappola?».
Passa una mosca…
Presa!
Si divincola, ronza, stride.
Si contorce.
Da qualche parte in fondo ai suoi mille occhi c’è una cosa che somiglia al terrore.
”Povera mosca… anche la sua esistenza in fondo…che senso ha?” pensa il ragno.
A questo punto, caro invertebrato della famiglia degli aracnidi, sei fregato! Tu non
sei più un ragno, fratello!… Sei qualcosa di più e qualcosa di meno…
Contemporaneamente.
Non sei più un essere che fa quello per cui è nato. Sei orfano della natura, figlio
illegittimo e indegno dell’intenzione, una variabile impazzita che forse non era
stata prevista.Il sistema improvvisamente salta con uno scoppio e una scarica
elettrica…Di coscienza…
E tu sei solo.
Nel vuoto.
Meglio per te sarebbe stato essere nato formica o mosca: sempre indaffarate e
frenetiche nel cercare il cibo e inseguirsi per gli infiniti spazi extra-telari, per poi
un giorno sbattere inaspettatamente nella trappola di un ragno. Tac! un botta e via ,
solo un attimo di terrore. A meno che…
…A meno che
non ti ritrovi ad essere proprio quella mosca capitata
disgraziatamente nella tela di un ragno in piena crisi esistenziale, che sta lì e ti
osserva impassibile con due file di occhi inespressivi, mentre tu ti divincoli e non
è ormai più ragionevole credere che sia di nuovo possibile essere libera. E allora
inizi a pensare:” ma perché non mi mangia e la facciamo finita?…che diavolo
aspetta”.Non accade niente. Lui sta lì e fissa. Dietro gli otto occhi ogni tanto passa un
bagliore che diresti un lume di pensiero… E forse non sbaglieresti.
Così continui: ”…che senso hanno avuto le inaspettate briciole rinvenute su lustri
pavimenti che riflettevano soli artificiali?…e i tramonti? a zampettare su i vetri che
ci dividono da un’idealizzata libertà…e che dire degli escrementi fumanti su un
pianerottolo in un afoso pomeriggio d’agosto?”…
Fregata!
Non so se vi è mai capitato, in un angolo della vostra casa, ai piedi di ragnatele
sperdute e deserte, di notare delle carcasse di ragno trasparenti. Forse avete
semplicemente pensato che quegli animaletti fossero morti di inedia o di vecchiaia.
Beh! Non siete mica ancora rincretiniti, voi!… Come me che considero l’ipotesi
che quei ragni si fossero invece deliberatamente suicidati lasciandosi cadere nel
vuoto.
O forse non erano proprio dei ragni…Solo qualcosa di più e qualcosa di
meno…Contemporaneamente.
Ebbi allora la tentazione di liberarlo una volta per tutte dalle sue piccole, orrende
spoglie mortali …Ma chi sono io per valutare se quello fosse stato davvero
qualcosa di più e qualcosa di meno che un ragno?
Lo presi con un foglio di carta e lo misi fuori ancora ansimante; sarà lui a decidere
se fare il ragno, lasciarsi cadere nel vuoto o gettarsi sotto il primo piede che passa.
La cucina è pulita.
Mi apro un birra.
Clap clap clap! Applausi per questo racconto frizzante e fresco come la meritata birra dopo “la pulizia” . Mi sono divertita moltissimo a leggerlo e mi sono sentita anche un po’ meno colpevole per il casino che mi capita di lasciare in casa. Dovresti curare di più la formatrazione, ma questo è un dettaglio irrilevante. Ottimo!
Formattazione
La filosofia del ragno…chissà se un giorno la potranno studiare a scuola i nostri nipoti! Io mi auguro di sì, perché il ragno non è un insetto, giammai fare questo errore! , ma una bestia tutta sua, con le sue specifiche attitudini, hobbies, crudeltà,ansie , ancora non decodificate da qualche Aracnofreud di turno.Lo dico perché i ragni sono anche il soggetto del mio ultimo racconto, caro Max! E mi sono documentata.Abbondano in casa mia.Io li lascio stare.Ho pensato a qualche collaboratrice domestica che mi aiutasse a sradicarli dalle loro tane, poi ho deciso che : Portano fortuna,! Ragno di sera, bel tempo si spera ..? No, forse è rosso di sera, beh è uguale.Dopo tutto questo sproloquio mi sono dimenticata cosa volevo in fondo dirti…ah ! Già! Racconto umoristico e pensieroso, carinissimo e scanzonato e quindi ti dico bravo! P.s. Io però preferisco la Coca – Cola .
Grazie !Scusate la formattazione ma pensavo che venisse con la revisione venisse formattato automaticamente secondo uno standard.
Comunque il racconto può avere almeno due livelli di lettura : ironico e tragico.Alla fine si parla davvero di un ragno?
Un bel racconto c è l ‘ironia ma anche l’amarezza simbolico e odierno
Il finale mi ha fatto sorridere! Giusto perché riassume in breve, quasi in un flusso di coscienza, il melodramma che a volte mi colpisce riguardo le pulizie casalinghe.
Tragico e ironico al punto giusto.
Sono tornata a leggerti, Massimiliano, perché la prima volta lo avevo fatto troppo in fretta, mentre già mi rendevo conto che il tuo ragni necessitava di meritata attenzione! Casualità, l’ho fatto ora, dopo le pulizie del sabato mattina: abitando in campagna, le ragnatele sono all’ordine del giorno, idem per i ragni, che ho imparato, col tempo, a trattare con più rispetto. Ho percepito che il ragno possa essere il pretesto per parlare di rispetto verso la vita in tutte le sue forme, empatizzare col tuo ragno ci fa riflettere poi su come noi ci impattiamo con la vita. Ci ho trovato originalità, buona scrittura, ho apprezzato anche la birra sul finire! Complimenti 🙂
Ciao Silvia,sono contento che tu abbia guardato oltre il guscio dell’ ironia intuendo che si trattasse di un racconto con pretese esistenzialiste.Fuochino però : l’ Individuo(il ragno) si chiede se il senso della propria esistenza non vada oltre il semplice “mangiare,bere,leggere,amaqre,gratrtarsi”. Una volta constatato che le ambizioni, gli intenti, le passioni del singolo sono sovrastate dal tempo e che il suo ruolo è solo marginale nel manifestarsi del Tutto,svela l’inganno, il “divertisment” che porta ognuno ad immettere energia e movimento nel Sistema garentendo a questo un infinito rinnovarsi. Questo porta ad una sorta di risveglio non programmato dalle leggi naturali che distruggendo l’ego dell’Uomo lo porta a scegliere se continuare fingendo di dimenticarsi della risposta tanto agognata , se ribellarsi dalll’inganno ponendosi fuori dal sistema o se accettare questa legge universale dando il suo piccolo contributo, adesso consapevole allo scorrere del Tutto.Ci sono anche degli aspetti sociali e politici ma il succo è questo.Nichilismo Zen?
Ebbene dipanata la tela del Ragno, ti dico che il racconto viene da un episodio reale che, alla fine di una notte insonne, mi ha portato a scrivere di getto, così come il protagonista del tuo ultimo racconto che mi è piaciuto davvero molto e mi ha tenuto incollato fino all’ultimo per capire che diavolo avesse bisogno di fare!!!
Scusa ma se non si può essere prolissi in un forum di scrittori ….
Massimiliano, sei scusato 😉
Le riflessioni di sapore esistenziale nascono dai pretesti più improbabili, e dunque perché non da un ragnetto! Mille volte meglio delle abusate sessioni contemplative di onde marine o aspri paesaggi montani, detto con simpatia e rispetto per chi le pratica (io sono un topo di città). La bellezza del racconto, a mio avviso, è nella sua scrittura, veloce, informale ma mai sciatta, evidentemente permeata di ironia ( un poco amara, mi è sembrato), anzi, di autoironia che è più difficile da trovare in giro e poi, ci sto arrivando, nell’incontro con quello speciale interlocutore che fa virare il pezzo verso l’apologo filosofico, l’operetta morale attualizzata, e, per quanto mi riguarda, verso l’utilità della scrittura, anzi della letteratura. Grazie gentile Massimiliano, è stato un piacere leggerla!
Ciao Ugo,grazie per la tua generosissima recensione. Il fatto che tu sia entrato così in profondità nel racconto mi ha spinto a cercare cosa tu avessi scritto. Così ho letto varie cose pubblicate negli anni su questo sito. Così, oltre al corto fresco fresco, ho trovato un paio di racconti. Per non dilungarmi troppo vorrei dirti due parole a proposito del “tatuaggio”: a parte che molte delle cose che hai detto per me le potrei rigirare per qsto racconto che ho voluto leggermi più volte per farmi un idea, per cercarne conferma, per approfondire e ricercare nei dettagli … Al di là del valore simbolico, della scrittura diretta e ripetitiva(in modo positivo e vittoriniano ) che ho davvero apprezzato, credo che il pezzo per quanto si rigiri tra le mani custodisca un arcano che si percepisce ma apparterrà solo a te in modo così totale ed esclusivo. Mi sbaglio? Avrei altro di bello da dire ma accontentiamoci!
Ciao Massimiliano! i mei racconti ti ringraziano per le ricerche speleologiche che hai avuto la pazienza di fare. Io invece ti ringrazio per la tua attenzione e sensibilità.
A presto, da qualche parte 🙂