Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2019 “Watchend” di Antonio Coppola

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019

Jarist era ancora lì, rinchiuso in quella minuscola e ombrosa cella del manicomio. Dal piccolo oblò posto su una delle quattro fredde pareti circostanti, capitava che qualcuno si affacciasse, ma solitamente si tratteneva per qualche secondo per poi dileguarsi nell’apparente vuoto.

Jarist non sembrava infastidito nell’essere osservato. E neanche alloggiare in quel luogo.

Era però assorto da qualcosa, da un pensiero, che lo spingeva ad avere lo sguardo imbambolato, rannicchiandosi a terra tremante, e bisbigliando in modo incessante « Memento mori, memento mori, memento mori… »

Stringeva nella mano destra un orologio. Un orologio che aveva qualcosa di particolare, che andava oltre all’apparente normalità. Il suo era un Whatchend.

Il Whatchend, così rinominato dal professor Heirst suo creatore, era un orologio ibrido piuttosto costoso, capace di calcolare e mostrare il tempo di vita rimanente del soggetto che lo indossava. Dalla forma circolare e con il cinturino in maglia milanese, aveva un aspetto elegante.

E il quadrante minimal, oltre alle classiche lancette, mostrava soltanto quatto numeri romani: XII, III, VI e IX. Sulla parte bassa invece, era posto un ampio display OLED. Ed è proprio su quest’ultimo che si poteva visualizzare le informazioni relative al tempo rimasto.

Funzionava… Funzionava davvero! Anche la comunità scientifica confermava la sua affidabilità.

Ma aveva solo un difetto: il quadrante rimaneva spento finché ad un certo punto, non mostrava dei numeri.

Non comprendendo in quale preciso istante si sarebbe accesso e se quei numeri mostrati fossero stati giorni, mesi o addirittura anni, destò non poco malcontento tra i primi acquirenti, delusi forse di avere finalmente tra le mani una tecnologia capace prevedere il futuro del loro destino.

E alle prime aspre recensioni negative sul prodotto, il professor Heirst rilasciò un’intervista: «Il Watchend non è finalizzato a prevedere quando moriremo, » dichiarava ad un giornale locale, «ma per ricordarci che il tema della morte, come quello della vita, ha un peso molto importante. Ed è per questo che è stato creato: per spingerci a vivere la nostra esistenza senza alcun rimpianto e con maggior potere decisionale. E tutto questo, con la consapevolezza che tutti noi, prima o poi, entreremo nella vita eterna.»

Quelle parole furono tanto persuasive che dopo ciò, le vendite del Watchend salirono alle stelle.

Ora chiunque ne possedeva uno al proprio polso. E ne furono commercializzate in seguito anche delle varianti, ma che si distinguevano solamente da un punto di vista estetico.

Jarist a quel tempo viveva con i suoi genitori, e vedendo la grande diffusione del Watchend tra le persone, ritenne che quell’oggetto tanto acclamato da tutti rappresentasse l’ennesima moda del momento. Un capriccio dell’uomo di controllare la natura e le cose.

Ma quel che odiava di più era il fatto di possederne uno, ma i suoi genitori gliene regalarono proprio uno per il suo compleanno.

«Figliolo, » esclamava il padre donandogli la confezione contenente il Watchend quasi fiero del suo gesto, «questo ti farà riflettere sulla vita e su tutto ciò che le circonda. Fanne buon uso!»

Jarist non era così convinto dell’affermazione del padre, che un oggetto del genere potesse effettivamente far cambiare la propria opinione sulla vita, ma una volta indossato fu spinto da una morbosa curiosità: «Come farà a calcolare ciò che promette di fare?»

Osservò il suo Watchend con attenzione e da tutte le angolazioni, ma  sembrava che a livello estetico non avesse niente di particolare.

Allora cominciò ad ipotizzare qualcosa: «… Potrebbe avere dei sensori al suo interno che a contatto con la pelle, analizza  lo stato e l’età delle cellule della cute. E da lì, stima un’ipotetica data di morte.

«Oppure, in base ad alcuni rilevatori di movimento, comprende se il soggetto ha uno stile di vita sportivo o sedentario, calcolando così l’aspettativa di vita.

«O ancora, prende in considerazione la percentuale d’inquinamento atmosferico presente nell’area circostante, tramite la posizione segnalata da un localizzatore GPS integrato… ».

Insomma, Jarist non aveva più la pallida idea di come funzionasse.

Spinto dall’interesse di scoprirlo, portò il suo Watchend in camera sua e appoggiandolo sul tavolo della scrivania con il quadrante rivolto verso il basso, aprì il fondello a vite con un’apricasse a chiave.

Osservò i vari elementi presenti al suo interno: un processore, una batteria da 360 mah, la RAM …

Più scavava in profondità e più scopriva che oltre allo spesso quadrante, quel Watchend non si distingueva da un comunissimo orologio ibrido presente in commercio.

In quel momento, si sentì preso in giro.

« Quindi vuol dire che questo orologio è così costoso solo perché mostra dei numeri sul quadrante? ».

Alterato da ciò, chiuse il fondello in modo furioso e con gesto violento, ripose il suo Watchend all’interno del cassetto del comodino per poi non vederlo mai più.

Passò qualche mese da allora e Jarist, quel giorno, seduto sulla poltrona di casa dei suoi genitori, era intento a sfogliare il giornale locale con tutte le relative notizie di cronaca.

Mentre scorreva le pagine in cerca di qualche articolo interessante, i suoi occhi caddero su un titolo stampato a lettere cubitali e rimase sconcertato: «Morto Heirst. Il padre del Watchend.»

Scorrendo l’articolo in questione, il giornalista spiegava la vicenda. «Il professor Heirst è divenuto famoso grazie al suo Watchend, il dispositivo elettronico capace di calcolare il tempo di vita rimante di chi lo indossa. È stato considerato dal Times come uno delle menti più geniali del nostro secolo. Si è tolto la vita ieri mattina, alle ore 5:12. Il suo corpo è stato trovato senza vita dalla moglie, nel garage di casa sua. Nessun dubbio sul fatto che si sia trattato di un suicidio. Il professor Heirst ha usato la cintura dei pantaloni, ha fatto un cappio e l’ha fissata a una struttura metallica sul soffitto. Poi è salito su uno sgabello, si è passato il cappio intorno al collo e si è lasciato andare. Oltre al corpo, è stato ritrovato un biglietto nelle vicinanze: “Sono un peccatore e vi ho portato con me nel peccato. Per un mio capriccio. Un mio grave capriccio. R. 5:12. Heirst”. S’indaga ora per capire cosa possa esserci dietro il gesto. Forse un malessere nascosto.»

Jarist non si spiegava per quale motivo una persona come il professor Heirst avesse deciso di punto in bianco, di lasciare tutto e darsi al suicidio. E quella lettera lasciava un velo di mistero.

Però infondo godeva della sua morte. «Ah, ah, ah!» ridacchiava compiaciuto Jarist.« Finalmente è finito il tempo per lui e per quella bella fregatura del suo orologio!».

Ripose il giornale sul tavolino, stanco di leggere altre notizie, e dalla calma quiete della casa, cominciò ad udire il ticchettio di un orologio.

Tic, tac, tic, tac …

Proveniva da camera sua.

Jarist, alzandosi dalla poltrona, si diresse verso la camera, incuriosito da quel suono. Una volta entrato, intuì che quel ticchettio veniva dal cassetto dove aveva riposto qualche mese fa il suo Watchend.

Estraendolo con cura, notò qualcosa di strano: Le lancette giravano in senso antiorario.

«Che cosa significa questo?» si domandò sbigottito.

Gli scivolò accidentalmente tra le mani e cadendo a terra, si ruppe in mille pezzi il vetro che proteggeva il quadrante. Ma quel ticchettio continuava ad essere sempre meno sopportabile.

Tic, tac, tic, tac…

Lentamente cominciò a guardarsi intorno, in cerca di una possibile risposta a quel che stava succedendo, mentre il cuore gli batteva forte e un nodo alla gola gli impediva di respirare normalmente. Ora la stanza aveva un aspetto tetro e cupo, con le pareti che iniziarono a marcirsi, a crearsi delle piccole crepe e la luce che filtrava dall’unica finestra presente, andava pian piano affievolendo sempre di più.

Jarist osservava il tutto con occhi pieni di paura, nutrendo il forte sospetto che la morte stava per arrivare da lui.

Allora prese il Watchend da terra ripulendolo dalle scaglie di vetro, e lo osservò ancora una volta. Ora sul quadrante era mostrato il numero 512.

Un brivido gli attraversò. Dopo qualche secondo sprofondò a terra in segno di disperazione e portandosi le gambe al petto, stringendo nella mano destra il Watchend, cominciò a bisbigliare « Memento mori, memento mori, memento mori… ».

Quel che fu certo, è che dopo quell’episodio i suoi genitori lo portarono in un istituto psichiatrico al fine di curarlo dallo stato in cui l’avevano trovato. Dichiararono ai medici che quel giorno, una volta rientrati in casa, ritrovarono il figlio in camera sua, sul pavimento, che farfugliava qualcosa con la bocca mentre la stanza che lo circondava era rimasta in ordine e ben pulita.

Sulla morte di Heirst invece, le indagini riportarono alla luce alcuni particolari: il professore, oltre al suo lavoro di docente universitario e di Ingegnere Biomedico, si era avvicinato da poco alla lettura della Sacra Bibbia.

Infatti, nei suoi vari appunti trovati sparsi all’interno della sua abitazione, erano presenti numerose citazioni che riportavano ai vari passi della Bibbia, ma una in particolare era sempre presente: “ Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. Romani 5:12”.

Inoltre, durante quei giorni, un canale Youtube chiamato “14CrazyMonkey16” aveva diffuso un video in cui mostrava che all’interno dello spesso quadrante del Watchend, era incastonata una piccola memoria ROM contenente il codice sorgente.

Una volta estratti, lo stesso raccontava che all’interno del codice, oltre al complicato calcolo del tempo di vita di cui non riusciva a comprenderlo a pieno, conteneva una serie di righe “misteriose” che si attivavano in modo randomico. E tra questi vi erano: Far girare le lancette in senso antiorario; fermare le lancette alle ore 5:12 e mostrare sul quadrante il numero 512.

E mentre il mondo là fuori continuava a girare, per Jarist era rimasto tutto fermo. Era fermo ad aspettare. Ad aspettare che arrivasse la morte.

Tic, tac, tic, tac, tic…

 

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4 commenti »

  1. Complimenti! Una storia davvero singolare piena di atmosfera . Ti penetra nei pensieri piano piano e li trattiene. Non posso dirti altro che bravo bravo bravo anche se ora sono un po’ più inquieta di prima !

  2. Grazie infinite Monica per il tuo commento.

  3. Testo inquietante, Antonio, e assai ben costruito! Bravo!

  4. Grazie Michela 🙂

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