Premio Racconti nella Rete 2019 “Tucansandro” di Francesca Lucrezia Straziota (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019C’era una volta, nel lontano paese di Tucanlandia, un giovane pennuto dagli enormi occhioni blu di nome Tucansandro. Al contrario di quello che si possa pensare, non era così vanitoso da aver dato al paese il proprio nome, tutt’altro. La sua breve vita era trascorsa normalmente, al riparo dalle grandi avventure, senza particolari sconvolgimenti; tuttavia, nel suo piccolo, si era distinto per la forza d’animo che gli aveva permesso di affrontare le difficoltà della crescita da solo. La solitudine, infatti era stata la sua unica compagna. Aveva sempre vissuto circondato da ampi prati rigogliosi e da molte specie diverse di animali: ne conosceva così tante da poter tenere intere lezioni sulle abitudini dei rapaci, sulle tecniche utilizzate dalle api per raccogliere il miele, sulla velocità delle formiche nel conservare il cibo e molto altro ancora. Trascorreva intere giornate a osservare il lento flusso degli argini e dei canali pieni d’acqua e ad ascoltare le voci degli uomini nei villaggi vicini, curandosi bene di non avvicinarsi troppo per evitare di correre il rischio di essere notato da qualcuno.
Un giorno in cui i raggi del sole colpivano intensamente lo specchio d’acqua che si trovava vicino alle sue zampe, all’improvviso la sua attenzione fu catturata dall’immagine di una farfalla bianca che svolazzava lì vicino. Si voltò di scatto e la farfalla si rivolse a lui, dicendogli: “Cosa ci fai tutto solo soletto? Che bel becco che hai!”. Tucansandro d’istinto arretrò. La farfalla allora si posò sul suo becco e, guardandolo dritto negli occhi, esclamò: “Sei mai stato laggiù in quel villaggio? Hai mai parlato con qualcuno di loro?”. Nuovamente però non ebbe risposta.
“Un bel tucano come te non può mica starsene tutto il giorno in silenzio! Da questa mattina sei l’unico solitario che abbia incontrato sulla mia strada. Un sole così farebbe venire a chiunque la voglia di uscire per giocare con gli amici!”. A questo punto il tucano non poté trattenersi e rispose: “Io sono felice anche così! Non ho voglia di giocare e poi non ho bisogno di nessuno. Grazie alle mie doti, al mio becco, alle mie agili zampe e al mio lucente piumaggio riesco a procurarmi tutto quello che mi occorre. Non so cosa sia un amico, non ne ho mai avuto uno e penso che non mi servirebbe a nulla, anche se…”
“Non sai cosa sia un amico?” lo interruppe bruscamente la farfalla.
“No, non ne ho mai avuto bisogno” replicò il tucano.
“Un amico non serve solo nel momento del bisogno, caro mio. Io potrei esserti amica se solo tu lo volessi e insieme scopriremmo…”
“Un bel nulla. Adesso basta! Devo tornare ai miei affari” e volò via.
Sapeva di averle mentito perché quel becco lì in realtà non lo aveva mai accettato. Non riusciva a capire perché gli altri uccelli lo avessero meno pronunciato e soprattutto proporzionato al resto del capo, mentre il suo era così grande da sembrare finto e malriuscito. No, quell’immagine di sé era proprio difficile da accettare, per questo, con gli anni, l’insicurezza -e anche un po’ la rabbia verso quell’ingiustizia che la natura lo aveva costretto a sopportare- lo aveva reso silenzioso e molto, molto fragile, anche se agli occhi degli altri appariva solo come un pennuto orgoglioso e anche un po’ birichino. Alla papera Giustina, infatti aveva più volte nascosto il cibo, in verità solo per catturare la sua attenzione: provava un certo piacere nel vederla starnazzare in lungo e in largo per ritrovarlo e soprattutto attendeva trepidante il momento in cui quella prendeva a fissarlo chiedendosi se lui, in quella faccenda, c’entrasse qualcosa. Per non parlare poi di tutte le volte che spostava la lumachina Andromaca durante il suo riposino pomeridiano: la poverina si svegliava sempre ritrovare il luogo in cui si era appisolata.
Venne il tempo delle grandi piogge, proprio quelle che a Tucansandro facevano venir su un bel magone. Non sapeva cosa esattamente gli mancasse, ma il rumore di quei tuoni e il fruscio di quelle foglie mosse dal vento gli facevano rizzare il pelo come non mai. Fu proprio durante uno di quei pomeriggi bui, mentre passeggiava in avanti e indietro nella sua bella casetta, che si sporse per osservare cosa accadeva nel villaggio più vicino. Sentì in lontananza urlare:
-Un altro albero caduto laggiù, al riparo, presto!
-Chiudete le finestre o ci bagneremo tutti!
-E pensare che con questo tempaccio qualcuno potrebbe essere per strada. Corriamo a casa, al calduccio!
Tucansandro si sedette sul suo sgabello e cominciò a pensare: -qualcuno potrebbe essere rimasto fuori-, -al riparo, presto!- forse aveva finalmente capito cosa fare per non starsene lì triste e solo tutto il giorno, forse gli scherzetti alla papera Giustina e alla lumachina Andromaca non gli bastavano più…Di certo, però le parole della farfalla lo avevano spinto a riflettere e gli avevano trasmesso un grande entusiasmo e un’enorme voglia di fare.
Servì un gran trambusto per spostare tutti quei mobili e soprattutto per riunirli in altro modo: serviva spazio e per molto tempo quella casa era stata piena di cianfrusaglie inutili: buttò via il pentolame con cui aveva potuto preparare prelibatezze solo per se stesso, corse a raccogliere fogliame pulito e non ancora bagnato dalla pioggia e creò giacigli grandi e confortevoli. Preparò una grande tavola con tutto l’occorrente, sigillò per benino quelle finestre ancora rotte e, in ultimo, gettò via quei ritratti in cui il suo bel pelo liscio sembrava perfetto, quelli che metteva in casa per cercare di mostrare agli altri quanto fosse soddisfatto di se stesso e della sua vita. Ormai era deciso: nulla sarebbe stato più come prima.
Il giorno dopo, uscì presto di casa per raccogliere un pezzetto di legno. Lo portò a casa e poi beccò intensamente su di esso e più lo faceva più si sentiva felice: quel becco non era stato poi del tutto inutile. Quando ebbe finito, volò sul tetto della sua casa per appendervi il nuovo cartello: Qui C-A-S-A PER TUTTI. Da quel momento non fu più solo la casa di un Tucano, fu un posto sicuro e al calduccio per chiunque volesse dimorarvi anche solo per vivere in compagnia; da quel momento, quella casa fu davvero un posticino caldo e accogliente per chiunque e la solitudine non ci fu più.
Voci raccontano che in quello stesso anno Tucansandro fu eletto dai maggiori rappresentanti di Tucanlandia come il primo cittadino e il maggior benefattore (titoli che un tempo erano stati attribuiti anche al suo vecchio nonno pennuto Tucanlando, in memoria del quale il paese aveva assunto quel nome), ma nessuno stavolta ritirò quel premio. Tucansandro inviò una lettera in cui scrisse, con il suo stesso becco, che non meritava nessun premio e nessuna onorificenza: la sua più grande ricompensa era l’aver scoperto la bellezza dell’amicizia e della condivisione.
Una fiaba che strizza l’occhio al Piccolo Principe e a Fedro e che sottolinea l’importanza dei valori buoni. Originale la scelta del Tucano anche se Tucansandro mette a dura prova il lettore con quella n prima della s. , ma le favole sono belle anche per questo: con la fantasia ci si può permettere di non avere regole. Brava
Grazie mille per i complimenti! Mi sono divertita tantissimo a scriverlo, credo che da questo personaggio ne nasceranno altri
Brava Francesca, mi piace questa fiaba dal personaggio inconsueto.
È una fiaba da “pollice su” Francesca. Tra i vari messaggi mi ha colpito questo: tutto può apparire un peso finché non se ne scopre l’utilità.
@BarbaraBertaniscrittrice
Un racconto davvero toccante ed emozionante.Come scrittrice ho già avuto modo di leggere e apprezzare altri tuoi racconti, ma questo mi ha colpito particolarmente tanto perché
tramite la voce del protagonista emerge la tua sensibilità nel trattare anche in modo delicato determinati argomenti.
Avanti così Francesca Lucrezia!
Una favola che trasmette tutta la positività che dovremmo ricevere ogni giorno, da chiunque.