Premio Racconti per Corti 2010 “L’attesa” di Carlo Liberatore
Categoria: Premio Racconti per Corti 2010Il ticchettio dell’orologio appeso alla parete echeggia fra il respiro leggero. E’ notte. Mara é una donna anziana. Ha 71 anni. Distesa sul letto. Gli occhi chiusi nascosti fra le rughe e le macchie irregolari della pelle. E’ serena. La bocca semiaperta per respirare meglio. Le mani strette l’una nell’altra come per non lasciarsi andare. Il silenzio. Non un rumore, non un’altra persona accanto a lei. Una sedia su cui sono poggiati i vestiti ripiegati del giorno prima. Le persiane semiaperte dalle quali proviene il leggero bagliore di un lampione sulla strada. Sul comò al suo fianco una boccetta di profumo quasi terminato. Un portagioie. Un rosario. Lo specchio che l’ha vista invecchiare. Sul mobiletto accanto al letto una fede nuziale vicino a una foto da sposata, con suo marito. Non molto altro. Uno sbadiglio. Le 5:30. Mara si alza. Tutto attorno è quieto, solo il rumore del silenzio che si sprigiona dal sonno dei pochi oggetti della camera. Il ticchettio. La solitudine. La cucina. Mara si prepara un caffè. Ci sono due tazzine poggiate sul tavolo affianco alla zuccheriera. Ne prende una, l’altra la sistema bene stando attenta a non sporcare. Il bagliore del gas acceso. Gli occhi. Guarda l’orologio. E’ sofferente, impaziente. I gesti delle mani, i movimenti del corpo lasciano intendere una stanchezza interiore che cerca di sopraffare. Si sciacqua il volto in bagno. Si passa il sapone fra le mani. Si asciuga. Il pettine fra i capelli sembra una mano che l’accarezza. Sorride. Torna in camera da letto. Si spoglia. Apre l’armadio e ripone i vestiti del giorno prima. E’ indecisa su quale vestito mettere. Tocca la camicia celeste di seta, poi la gonna sotto il ginocchio. La giacca nera del ricevimento. Poi decide. E’ bella, una di quelle bellezze che risiedono nascoste nella consapevolezza della bellezza che è stata. Mara prende il rossetto. La matita per gli occhi. Si trucca guardandosi allo specchio. La foto delle nozze sul comodino. La fede d’oro. Prende il rosario. Si siede sul divano della sala. E’ ancora buio fuori, anche se le prime luci dell’alba cominciano a insidiarsi fra le fessure delle finestre. Aspetta. Aspetta ancora. La sua casa è fredda, spoglia. O meglio, colma di solitudine. Un’isola lontana dal tepore del tempo passato. Ma Mara sorride, è felice nonostante questo. Guarda l’orologio. Sono le 6:30. Il rosario fra le mani. La luce di una lampada al suo fianco le illumina le mani. Le dita sul primo grano. Sussurra. Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus…Gli occhi si appannano leggermente. Uno sbadiglio. Le mani sul secondo grano. Sancta Maria, mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae. Amen. Mara chiude gli occhi. Una tavola apparecchiata per due. Del vino, il pane nel cestino di vimini. Mara sta cucinando. Una canzone alla radio. Il marito entra in cucina. L’afferra. Sorridono. Lei lo scansa. Poi si abbracciano e ballano per qualche istante. Sorridono. Mangiano insieme. Il campanello. Mara si sveglia. E’ preoccupata. Il rosario è caduto a terra. Sono le 8:30. Si guarda allo specchio. Inspira. Si aggiusta i capelli, il vestito spiegazzato. Guarda la foto del marito sul comodino, come per salutarlo meglio dopo quel sogno interrotto. E’ agitata. Il ticchettio dell’orologio echeggia fra le pareti spoglie della casa. Mara apre la porta.
Ti aspettavo.
END.