Premio Racconti per Corti 2019 “La morte del clown” di Alessandro Izzi
Categoria: Premio Racconti per Corti 2019La saracinesca si apre rumorosamente. La luce del giorno illumina l’interno di un garage che fa anche da casa. Sul fondo, un letto e un piccolo armadio. A guardare con attenzione, lì c’è un angolo cottura e, vicino, un sanitario e uno spazio doccia con tanto di tenda di plastica e paperella appesa.
Fuori, che torna alla sua macchina per parcheggiarla, il proprietario: un clown, ancora truccato. La sua è una macchina scalcinata, la usa per lavoro, e il tettuccio è ancora affollato di palloncini bianchi e neri. Sul sedile posteriore: oggetti di scena e maschere in allegra confusione.
Il clown parcheggia, scende dalla macchina e si avvia verso lo specchio, che sta vicino al letto ed è proprio come quelli di teatro. Si siede, si toglie la gorgiera bianca, prende uno struccante e comincia a ripulirsi. Non tutto, però: sul viso gli rimane un pastrocchio alla urlo di Munch e lui, a un certo punto, divertito dal suo stesso aspetto, comincia a fare smorfie assurde. Poi, un’idea: si alza e cerca in macchina la bombola dell’elio. Trovatala, non è ancora soddisfatto e, con fare melodrammatico, va verso lo stereo, lo accende e, solo quando ha messo su la marcia funebre di Chopin, torna allo specchio con la bombola.
«Addio mondo crudele!» esclama, attaccandosi alla bombola. Quindi inspira una grossa boccata di elio e, rivolgendosi alla sua immagine riflessa, con voce da paperino, esclama: «La morte del clown!»
Ridacchia. Poi un’altra idea. Spegne lo stereo. Prende il telefonino.
Rubrica.
Cucci cucci.
Chiama.
E inala ancora quanto più elio possibile.
«Pronto», dice , «purtroppo il suo bel clown ha avuto un incidente che lo ha reso impotente. La sente la voce del castrato?» pausa sconvolta, brevissima «Cucci, che hai, ch’è successo???…. Morto???… Come, quando?… Suicidio?… Ma perché?… Era contento del nuovo lavoro…. Un sacco di soldi, diceva… Amò, scusa, ho respirato l’elio, ti volevo fare uno scherzo… Ora non dire così» la voce pian piano comincia a tornare normale. «Dai, non è che sono sempre in vena di scherzi… e che ne sapevo?… Lo so, non è divertente… cazzo, ma è il mio lavoro… Lo so che ci pago appena l’affitto, ma mi piace… come non vuoi più sentirmi…? beh, ma lo sapevi fin dall’inizio che ero un attore! No! Non attaccare, sai, non attaccare… cazzooo!»
Butta il telefono con rabbia sulla mensola sparigliando tutti i trucchi.
Respira a fondo per calmarsi, poi guarda verso la sua immagine riflessa: un clown non ancora struccato che non arriva mai nemmeno a fine mese. Fa per girarsi, ma inciampa sulla bombola con un’imprecazione a mezza voce. Saltellando si appoggia al tavolino e la vista delle bollette ancora da pagare sparse lì, alla rinfusa, lo incupisce ancora di più.
Prende quindi una decisione. Esce e torna subito con una corta pompa da giardino che attacca al tubo di scappamento della macchina, assicurandola con un grosso fazzoletto di quelli di clown di tutti i colori che non finiscono mai, che aveva nel taschino. Quindi entra in macchina, bloccando l’altra estremità del tubo nel finestrino e, dopo aver guardato brevemente la foto della fidanzata, accende il motore, respirando a pieni polmoni.
Infine abbraccia con lo sguardo lo squallore nel quale vive, che gli piaceva, ma ora comincia a sentirsi troppo vecchio.
Dopo qualche minuto il motore sputacchia e si ferma.
E nel silenzio rinnovato del garage, che è anche casa, si sente una sola esclamazione: «La benzina… non ho fatto la benzina. Porcaccia la miseria ladra!»
Una continua mescolanza tra risata scherzosa e triste realtà, in cui emerge il profondo dramma che sta dietro il trucco del clown, che lascia nel lettore un amaro sorriso.
Un susseguirsi di immagini ben calibrato, sono riuscita a visualizzare tutto, compreso l’agrodolce di questa storia. Mi è piaciuta molto, bravo
Molto originale l’idea della telefonata drammatica con la voce alterata dall’elio. In questo modo la storia assume una connotazione grottesca. Fa ridere, ma è una risata triste come sempre nel comico migliore.
Si riesce a vedere le immagini come se guardassi un video. Mi sono anche preoccupata che il clown riuscisse nel suo intento suicida, fortunatamente non è riuscito ma resta l’amaro di una vita che,seppure sia quella scelta e amata dal protagonista, non gli permette di vivere dignitosamente. Purtroppo ciò che si ama fare non è ciò che ci permette di farlo.
Rispecchia la realtà odierna in cui si è rinchiusi dentro uno stereotipo che non rispecchia poi la realtà vera dei fatti. Finale molto simpatico
Grazie a tutti per i commenti.
Niente male davvero! Complimenti
Bello, mi è piaciuto molto e sono contento che sia finita la benzina, perché di clown il mondo ha bisogno, quelli veri non quelli travestiti da persone normali.
Bello il tuo racconto dal riso amaro e con sospiro di sollievo nel finale.
“Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola, ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura.
C’è tanta gente che si diverte a far piangere l’umanità, noi dobbiamo soffrire per divertirla;
manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me come io faccio ridere gli altri.[…] e lascia pure che essi ci credano felici.”
Preghiera del Clown – Totò
Coraggio Clown, tieni duro! Lunga vita ai clown.
Nel leggere me lo sono visto scorrere davanti agli occhi questo racconto. La trovò una buona idea anche nei contenuti, del tutto realizzabile come corto. Indispensabile un ottimo attore.
Complimenti.
Un’altalena tra allegria scanzonata e disperazione, con battuta finale, da buon clown 🙂