Premio Racconti nella Rete 2019 “Storia di una candida farfalla” di Anna Maria Fabrizi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2019Era proprio una bella giornata di sole: Anche quell’anno dopo un inverno non troppo mite la primavera era esplosa nel suo splendore, era arrivata stendendo il suo dolce manto, con il suo tepore aveva risvegliato l’erba nei prati che si era fatta più verde e i fiori spuntavano in un’esplosione di colori mentre gli uccellini si rincorrevano cinguettando felici salutando la primavera, sul prato era un andirivieni di api che passavano da un fiore all’altro per raccogliere un po’ di nettare, anche una piccola cavolaia uscita dal lungo sonno invernale di un candido colore bianco volava di fiore in fiore aspettando il momento propizio per conoscere un compagno con il quale mettere su famiglia, intanto si fermava ora su un piccolo fiordaliso poi su un fiore d’ortica sapeva che gli uomini avrebbero tardato poco ad iniziare la semina degli orti seminando insalata, cipolle, sedano, prezzemolo e finalmente i cavoli, per lei questo sarebbe stato il momento migliore per far nascere i piccoli sulle foglie dei cavoli sì proprio su questo ortaggio fa nascere i suoi piccoli la candida farfalla, i piccoli bruchi di colore verde con una striscia azzurra si istallano sotto le foglie mangiano e crescono poi con la saliva si costruiscono intorno un bozzolo che sigillano e stanno lì per un pò fino a che lo aprono e quando escono si sono trasformati in candide farfalle che schiudendo le bellissime ali spiccano il volo felici
La nostra piccola cavolaia era ferma su un fiordaliso quando di li passò una lucertola, il suo muoversi veloce la incuriosì
“Dove sei diretta con quel passo, forse hai paura di qualcuno?”chiese alla lucertola.
“ Devo andare a prendere, il primo raggio di sole di primavera altrimenti non so se lo riprenderò, lui non si ferma molto nello stesso posto”
Lei con un sorriso guardò la lucertola che si allontanava velocemente.
La candida cavolaia era sola perché era arrivata in anticipo, le altre farfalle sarebbero arrivate solo tra qualche giorno la incuriosiva sapere se nel poggio d’ ortica vicino al campo di peri c’erano altre farfalle come lei, allora si mise in volo con il cuore che le batteva cominciò a guardare sopra ogni fiore, ma non riusciva a trovare nessuna, vide invece un grosso cervo volante posato su un ramo di pero, era un animale nero che incuteva paura muoveva le due grandi tenaglie attaccate alla testa come fossero forbici con quelle avrebbe potuto tagliare in due tutti quelli che non gli erano simpatici.
Non era però pericoloso come poteva sembrare ma era come un gigante buono, la sua indole pacifica lo portava ad aiutare tutti.
La piccola cavolaia gli chiese
“Hai visto qua intorno altre farfalle come me?”
“ Come te no!però lo vedi quel muro! Nelle sue fessure vivono alcune falene però escono solo la sera appena il cielo si tinge di grigio e sulla terra piano si stende il velo della notte, quando il sole scende dietro le montagne lasciando il posto alla luna argentata ed è giunto per te il tempo di dormire loro escono dal loro nascondiglio per svolazzare intorno ai piccoli soli che si accendono lungo le strade e vicino alle case”
La piccola cavolaia stette un po’ in silenzio poi decisa disse.
“ Chi sono queste di cui mi stai parlando?”
Lei non le conosceva perché era di nuova generazione e non aveva ancora visto ne conosciuto nessuno.
Il cervo volante continuò dicendo “Sono farfalle notturne non colorate con colori vispi come voi diurne, ma altrettanto belle”
“Sono una scoperta per me, non sapevo che esistessero voglio fare la loro conoscenza”.
Il grosso cervo cercò di dissuaderla perché sapeva che col far della sera gli animali notturni uscivano dai loro nidi e lei sarebbe stata un faro nel buio per loro, diventando molto evidente per il suo colore ma non ci riuscì allora gli raccomandò di stare molto attenta ai pipistrelli ed ai grossi uccelli.
Così la piccola cavolaia si mise su un ramo di ortica ed aspettò che venisse il grande buio
Dalle fessure come aveva detto il cervo volante cominciarono ad uscire le falene come se il muro si svegliasse da ogni fessura, ogni pietra, le farfalle facevano capolino guardavano un po’ fuori poi s’involavano per chissà quali lidi.
Uscivano e con un volo frenetico correvano verso i piccoli soli come li aveva chiamati il cervo volante, altro non erano che i lampioni della strada, come si sa, le falene sono attratte da ogni tipo di luce anche se a volte ne rimangono bruciate ma vanno sempre verso di essa.
La piccola cavolaia vide una grossa farfalla che indugiava a lasciare il muro si avvicinò e vide che sul torace aveva un disegno che sembrava un teschio la salutò dicendo:
“Ciao, io sono una cavolaia e tu chi sei?”
La grossa farfalla si fermò su un sasso e rispose
Ciao Cavolaia, mi chiamano “farfalla sfinge o testa di morto”.
“Ti chiamano così per quel disegno che hai sul torace?”
“Hai indovinato!”
“Ti faccio paura forse?”
“A me no ma se un uccello ti vede dall’alto crederà di vedere un mostro e non si avvicinerà”
“È proprio questo che a volte mi salva dai predatori notturni”
“Avete molti pericoli la notte?”
“Non meno del giorno, ogni uccello notturno vorrebbe mangiarci per questo i nostri colori sono così scuri ci permettono di mimetizzarci bene con quelli della penombra”concluse la falena
“ Dobbiamo mimetizzarci anche noi e con il giorno abbiamo bisogno di colori vivaci tra i fiori se fossimo scure ci vedrebbero subito” rispose la cavolaia.
Lei non era mai uscita di sera e non aveva idea di ciò che c’era fuori, ma notò subito che non era quello il suo posto ne l’ora intorno a lei volavano grandi uccelli, una civetta si abbassò su di lei cercando di afferrarla al volo se non si fosse infilata in un buco del muro non avrebbe potuto raccontare a nessuno la sua avventura, la grande falena gli si avvicinò dicendo
“Hai visto com’è pericoloso andare in giro con quei colori?”
“Per stanotte ti consiglio di stare lì dentro domattina potrai lasciare il muro senza pericoli”gridò la falena mentre prendeva il volo.
Lei si addossò bene al muro e cercò di dormire, ma non fu una cosa facile ogni sbattere di ali la faceva scuotere di paura, il suo piccolo cuoricino batteva forte, solo allora capì quanto avesse avuto ragione il cervo volante,
“Ah se lo avessi ascoltato” pensava.
Il mattino dopo quando i primi raggi del sole illuminarono il paesaggio uscì dalla fessura del muro per tornare nei prati, si fermò sopra un anemone e mentre si guardava intorno vide una macchia rossa proprio lì accanto, fu attratta da quel colore così vivace mosse le piccole alucce per attirare la sua attenzione poi spiccò il volo ed avvicinandosi di più disse.
“Ciao io sono una cavolaia tu chi sei?”
La macchia rossa non si mosse ma una voce sussurrò.
“Io sono un papavero di campo”
“Apri le tue ali e vola con me ti porterò di là dal fosso dove i prati sono traboccanti di fiori”
Il povero papavero rispose
“ Vorrei poter spiegare i miei petali per volar con te ma sono un fiore e le mie radici sono ben salde alla terra, vola tu per me e raccontami ciò che non potrò mai vedere, io ti aspetterò qui finché le forze me lo permetteranno ed i miei petali non appassiranno”.
La piccola farfalla che aveva trovato un amico con la tristezza nel cuore accarezzò con le ali il piccolo fiore poi partì per vedere il mondo intorno a sé, ma ogni sera ritornava dal rosso papavero per raccontargli ciò che c’era nel grande mondo.
Il povero papavero tutte le sere aspettava con ansia il ritorno della piccola cavolaia, mentre lei raccontava lui sognava di volare con lei per prati e boschi ed era felice di avere un’amica così dolce.
Un giorno in un piccolo orticello la piccola cavolaia incontrò una bellissima farfalla che si era fermata su una piantina di finocchio, la nostra cavolaia la guardò e si sentì insignificante lei così bianca con solo due macchioline nere messa in confronto ad una che aveva due grandi ali con colori azzurri neri e gialli, era cosi bella che pareva un fiore, aveva due lunghe code scure nella parte posteriore delle ali che muoveva con molta grazia.
La nostra farfalla le si posò vicino, si schiarì la voce e chiese alla nuova venuta
“Ciao, io sono una cavolaia e tu chi sei?”
“Ciao Cavolaia, io sono un Podalirio”
“ da dove vieni che non ti ho mai visto da queste parti?”
“ Vengo dalla brughiera, ho passato l’inverno come crisalide appesa ad un Prugnolo nutrendomi della sua linfa poi quando finalmente mi sono trasformata in farfalla, mi sono decisa ad uscire per vedere il mondo fuori”
La Cavolaia era curiosa, fece perciò molte domande alle quali la bella farfalla rispose con molta cortesia.
“Sei sola anche tu?”
“Sì Le mie amiche sono andate a fare un giro d’ispezione per vedere se ci sono fiori più belli di qua”
Mentre parlavano la piccola cavolaia pensava.
-Anche se molto bella è una farfalla molto semplice non c’è superbia nel suo modo di fare-.
Nel frattempo uno sbatter d’ali la distolse dai suoi pensieri, alzò gli occhi guardando verso la provenienza del rumore e vide un piccolo gruppo di Podalirio che stavano venendo verso di loro, il loro volo era maestosamente bello, con leggerezza piroettavano, si intrecciavano scendevano, poi risalivano creando disegni in cielo.
La sua nuova conoscenza disse
“Ecco le mie amiche dalla loro gioia si direbbe che hanno trovato qualcosa”
Le bellissime si posarono e sorridendo salutarono sbattendo le grandi ali, la piccola cavolaia che si sentiva sempre più una cenerentola teneva le ali chiuse, il suo cuore era triste perché avrebbe voluto essere bella come loro.
Si sa che la bellezza porta anche invidie e gelosie nelle farfalle come negli esseri umani
Per questo la piccola cavolaia continuava a sentirsi a disagio ma non poteva non meravigliarsi della semplicità delle bellissime farfalle che cercavano in ogni modo di metterla a suo agio, in quel momento capì che non era giusto invidiare la bellezza altrui, la semplicità riesce sempre a conquistare ed era con questa che le bellissime podalirio avevano conquistato la sua fiducia ed il suo cuore.
Le belle Podalirio ad un tratto chiesero alla piccola Cavolaia
“Vieni con noi andiamo in un prato dove hanno trovato molti fiori”
Scuotendosi dai suoi pensieri la piccola annuì dicendo;
“ Prima di mettermi in viaggio voglio andare dal mio amico papavero, mi sta aspettando giù sul poggio del fosso, potreste venire anche voi vorrei tanto farvelo conoscere”
Tutte furono molto felici di questa nuova esperienza, cosi seguirono la loro amica cavolaia.
Appena giunsero vicino al poggio, videro il piccolo papavero con la testa china il cuoricino della piccola cavolaia ebbe un tuffo, volò su un filo d’erba vicinissimo a lui e gli chiese ansiosa
“cosa ti è successo, perché i tuoi petali sono appassiti e la tua testa è reclinata”
con un filo di voce il piccolo papavero le rispose
“lo sai che in natura ognuno di noi ha un suo ciclo di vita, il mio è arrivato alla fine dovrò mio malgrado sfiorire per dare vita poi con le mie semi ad altri come me che la prossima primavera rinasceranno e porteranno un po’ di colore in questo poggio, mi dispiace solo non poter volare con te ma ti ringrazio molto, per aver con i tuoi racconti permesso alla mia fantasia di volare alta nel cielo, voi farfalle portate la gioia e l’allegria sui prati, vola e racconta al mondo la vita e l’amore.
La povera cavolaia pianse per il suo piccolo amico lo accarezzò con le sue piccole alucce, poi spiccò il volo seguita dalle altre si esibirono in dolci movimenti, disegnando in cielo figure di cuori di fiori per salutare il piccolo papavero rosso, poi, tutte insieme si involarono verso un giardino fiorito.
Erano molto gioiose, mentre volavano, perché portavano con loro il ricordo di un piccolo papavero che aveva volato con la fantasia, passarono sopra ad un piccolo fosso e li incontrarono una piccola libellula che con il suo compagno stavano cercando una canna immersa nell’acqua dove depositare le uova.
Il suo corpo era affusolato come un ago, di colore azzurro le sue alucce trasparenti sbattevano molto velocemente.
Le farfalle volando molto allegramente chiesero alle libellule di unirsi a loro, così fecero e tutte insieme volarono oltre il piccolo fosso.
In mezzo al prato la piccola cavolaia vide una bellissima farfalla di colore nero e arancio allora chiese alla libellula chi fosse, lei gli rispose:
“E’ la Mariposa dagli uomini è chiamata comunemente anche, farfalla monarca”
Quella smorfiosa sì da un sacco d’arie solo perché viene dal lontano Messico
“Tu sai dov’è il Messico?”
“E sai dirmi anche dove siamo noi?” Chiese alla libellula
Lei ci pensò un pochino, poi rispose;
“Il Messico è in America e noi siamo in Italia”
“Credi che riusciresti tu ad andare in Messico?”
“Non credo, c’è l’oceano da passare, poi, io non ho lo spirito d’avventura”
“Lei invece ogni anno vola là poi in primavera ritorna nei nostri prati”
“se vuoi te la faccio conoscere” disse la Podalirio.
Intanto si abbassarono per posarsi su alcuni fiori del prato.
Fecero così la conoscenza della Mariposa, farfalla senza paura la quale raccontò loro cosa c’era oltre le montagne, oltre l’oceano, e cos’era il tanto temuto Oceano, raccontò anche come avveniva il volo e come facevano a ritrovare sempre la strada del ritorno.
Disse loro che il mondo è bello nella sua interezza e solo la semplicità riesce a toccare il cuore di ognuno, la piccola farfalla non credeva alle sue orecchie, le Podalirio non avevano mai parlato con la Mariposa per questo l’avevano descritta smorfiosa, ma quando anche loro ebbero sentito ciò che diceva capirono che non si può giudicare solo dall’apparenza chi è bellissimo, o molto istruito non vuol dire per forza che sia smorfioso o antipatico.
Anche la nostra cavolaia capì che non si deve essere invidiosi della bellezza altrui, dentro ognuno di noi c’è un mondo da scoprire, dobbiamo esplorarlo e troveremo qualità che se ben usate ci fanno apparire belli agli occhi degli altri, ma principalmente di noi stessi, l’importante è crederci la fiducia in noi stessi è molto importante.
Dopo aver chiacchierato del più e del meno, decisero di andare tutte insieme alla collina delle farfalle, la nostra cavolaia era molto curiosa di vedere perché era chiamata cosi e perché tutte le farfalle sentivano il suo richiamo.
Mano a mano che procedevano, si avvertiva nell’aria un profumo indefinibile, era un misto di fiori, erba , foglie odorose, poi eccola….. quella era la collina delle farfalle, apparve come un grande monte sulle sue pendici nuvole di farfalle svolazzavano tutte intorno, ognuna era diversa dall’altra e fu li che la nostra cavolaia fece la conoscenza del suo nuovo compagno, con il quale mise su famiglia cercarono un campo di cavoli, verdi e sani, li depositò le sue uova e tornò a volare sulla collina delle farfalle, ma non dimenticò mai il suo amico papavero.
Ogni sera volava su fino al poggio sul fosso, si posava su un fiore, ripensava alle belle chiacchierate fatte con il suo grande amico e raccontava la sua giornata con la certezza che un piccolo papavero rosso, l’ avrebbe ascoltata e avrebbe volato con la fantasia, immaginando di aprire i suoi rossi petali per volare nel cielo infinito.