Premio Racconti per Corti 2010 “Non presti attenzione” di Guido Negretti
Categoria: Premio Racconti per Corti 2010E’ un gioco semplice che si basa sulla tecnica. Il presupposto è che nel cinema, in fase di montaggio e in fase di ripresa, spesso all’interno della stessa scena (generale) ci possono essere delle minime discrepanze che a prima vista non vengono recepite dal cervello. L’occhio le vede ma non le elabora. Se per esempio in una ripresa a mezzo busto il secondo bottone della camicia è slacciato e nella susseguente ripresa a figura intera è invece allacciato, lo spettatore non se ne accorge.
Nel caso di questo corto gli errori vengono fatti di proposito, ma in maniera tale che ce se ne renda conto verso la fine, quando viene palesata. Si parte da una ripresa a figura intera del protagonista vestito in modo X e si finisce con una ripresa a figura intera (stessa posizione) del protagonista vestito in modo Y. Durante i dieci minuti del corto il protagonista si muove (mettiamo lungo una strada) e per ogni ripresa (e quindi poi montaggio) cambia un dettaglio (o anche più di uno).
Quello che rimane invariato, o almeno segue una linea di principio ‘logica’, è perciò lo sfondo e il testo, in questo caso un monologo, mentre il resto muta. Se per esempio nella prima ripresa il protagonista ha un orologio al polso, nella seconda l’orologio è scomparso e nella terza è stato sopperito da un anello. Se nella prima ripresa ha una giacca nera, nella seconda (ma può essere qualsiasi altra, tra le varie miriadi) ha invece una giacca blu scura, e così via in varie gradazioni fino ad arrivare ad una giacca chiara.
Durante questo percorso, viene riferito il monologo. Questo inizia (figura intera) con ‘Non presti attenzione’ e finisce (figura intera variata) con ‘Visto? Non presti attenzione’. Il monologo si incentra su una lunga esposizione di come il cervello umano si concentri maggiormente visione generale, e di come spesso i dettagli, importantissimi, cadano in secondo piano. Da qui è perciò possibile parlare (nel monologo) anche delle sceneggiature, di come a volte nell’insieme funzionino ma spesso abbiano in realtà piccoli buchi logici che appaiono ad una seconda lettura o visione dell’opera.
Per creare un corto del genere c’è quindi bisogno di una sola telecamera. E’ possibile far intervenire altri personaggi, ad esempio sullo sfondo, che possono variare di posizione (cosa che a prima vista non viene recepita). Ponendo il caso che in una ripresa passi di fianco al personaggio principale una ragazza mora, la ragazza potrebbe ripassare nello stesso modo sei riprese dopo, e il pubblico non se ne accorgerebbe.
Ovviamente, lo spettatore inizia a capire che qualcosa non funziona, ma l’incapacità del cervello di gestire tutte le informazioni e i dettagli minimi rilascia solo una sensazione di spaesamento a cui inizialmente non si riesce a dare un motivo.
In questo modo il corto, grazie al monologo, supererebbe la semplice preponderanza tecnica, perché andrebbe a fare un discorso generale dove il testo si poggia sull’immagine. Data la lunghezza (10 minuti circa) non sussisterebbe inoltre l’affaticamento del pubblico. Ovviamente andrebbe girato di giorno, in modo tale che il gioco risulti palese (e più spaesante) grazie alla luce del sole, e si potrebbe anche giocare con le ombre naturali, che possono rendere semi-nascosto un dettaglio per poi palesarlo (magari cambiato) nella ripresa successiva.
Postilla: nel caso in cui si voglia spingere il gioco a un livello maggiore, si può anche giocare sulla traccia audio, per cui in alcune riprese il movimento delle labbra non rispecchia quello che sentiamo. E’ esattamente quanto succede nel doppiaggio, dove anche qua il cervello non presta attenzione al dettaglio. In maniera più forte è stato fatto da Cronenberg in una scena del Pasto Nudo.