Premio Racconti per Corti 2018 “La piccola Trophy” di Giulia Marta Ferrero
Categoria: Premio Racconti per Corti 2018Sofia toglie il telo impolverato e svela quella meraviglia: una Triumph Trophy del 1955, sì, proprio quella di James Dean; era il sogno di suo padre averla, aveva risparmiato per anni e l’aveva cercata per mesi, non senza difficoltà, ma finalmente era riuscito a coronarlo, quel suo sogno.
Sofia aveva otto anni e vedeva il papà felice davanti alla sua moto; il sabato stava con lui in garage, la “piccola Trophy” era come una creatura bisognosa di cure e anche lei voleva imparare a curarla. La domenica invece era il giorno “dell’asfalto” come diceva il papà che, con il suo casco giallo, passava i pomeriggi in sella a scoprire nuove strade e nuovi luoghi; Sofia era troppo piccola per accompagnarlo e così lo aspettava alla finestra e non vedeva l’ora di vedere cosa le avrebbe portato: una manciata di ciliegie, un sacchetto di castagne, dei fiori, un mazzetto di menta selvatica.
Poi era arrivato l’inverno, un inverno freddissimo che aveva portato via il papà di Sofia. Una lunga malattia di cui lei non sapeva niente ma che aveva cominciato subito ad odiare; qualche volta cercava il suo papà in garage: alzava il telo della moto ed esclamava: «Ti ho trovato!» ma, quando non lo vedeva, diventava ancora più triste. Poi si stancò delle sue illusioni e decise che non sarebbe mai più andata in garage e che non lo avrebbe mai più cercato.
Gli anni sono passati, Sofia è cresciuta, ha frequentato le scuole medie proprio vicino casa e poi si è iscritta al liceo linguistico. Nella brutta stagione va a scuola in autobus ma, quando cominciano le giornate più tiepide e soleggiate, usa la sua bici rossa, parcheggiata nell’ingresso al pianterreno; chiude il portoncino di casa, scende la scala ad elica, prende la bicicletta, esce nel giardino e pedala per dieci minuti abbondanti prima di arrivare a scuola. Quante volte sua mamma le ha detto di mettere la bici in garage! Ma no, Sofia si è ripromessa che lì non ci sarebbe più entrata! Qualche volta prende in prestito anche la moto del vicino, che le aveva insegnato ad andarci, vedendola da adolescente osservarlo curiosa dal cortile di casa.
I suoi diciannove anni arrivano nel giorno dei risultati dell’esame di maturità, il 16 luglio. La giornata è calda ma, mentre percorre il viale di tigli per tornare a casa, sente un vento leggero che la spinge e che porta con sé il profumo dei pasticcini di Marta appena sfornati…«più tardi vado a prenderne un cabaret – pensa – in fondo bisogna festeggiare!». Prima di entrare in casa Sofia dà un’occhiata nella buca delle lettere, prende le buste, sale le scale, apre la porta e le appoggia sul tavolo, chiama sua mamma al cellulare per raccontarle la mattinata, poi si lascia cadere esausta sul letto e si addormenta.
La sveglia la voce di sua mamma che si siede sul letto e le porge una busta azzurra, il mittente non è scritto ma la lettera è in spagnolo, Sofia capisce subito che arriva dall’Argentina e che è suo zio a scriverle.
Sono passati undici anni dalla morte del papà e sono dieci anni che lo zio Paolo ha deciso di lasciare l’Italia: dopo la morte del fratello infatti aveva deciso di chiedere il trasferimento, la sua azienda aveva appena inaugurato una nuova sede a Buenos Aires e così era partito. Era tornato poche volte in Italia e, con il passare degli anni, anche i contatti con la sua nipotina preferita si erano allentati.
Ricevere una lettera ha stupito Sofia, che si sente pervasa da sentimenti ed emozioni contrastanti; per la prima volta suo zio le parla a cuore aperto, le racconta con sincerità le scelte fatte e la invita a raggiungerlo per l’estate, dicendole che Buenos Aires le piacerà moltissimo, che ci sono molti italiani lì e che sarà una buona opportunità per praticare lo spagnolo studiato a scuola. Per la prima volta dopo anni Sofia si lascia andare ad un pianto disperato ma anche liberatorio: sono stati anni passati a voler dimenticare, a trattenere le lacrime, a dimostrare che era più forte, ma niente di tutto ciò è giusto ed è arrivato il momento di ascoltare i segnali che il papà da sempre le manda e di renderlo fiero di lei.
Dopo essere uscita dalla camera, aver dato un bacio alla mamma e averla rassicurata, Sofia apre la credenza del salotto: da una scatola bianca tira fuori un paio di chiavi, scende le scale e apre la porticina del garage; poi apre la serranda e guarda con un sorriso il sole ancora alto nel cielo, attraversa il cortile e suona al suo vicino: «Mario vieni giù che ho bisogno di te! Oggi io e la “piccola Trophy” dobbiamo festeggiare!».