Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Nel vento” di Nuccio Leotta

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Immobile, con gli occhi socchiusi e l’orecchio teso a qualsiasi forma di suono. A guardarlo da lontano la sua sagoma strideva con il resto del paesaggio: una scogliera brulla, solo roccia, schiuma di onde infrante e vento. Vento. Lo cercava con ardore e passione, come se fosse un istinto di vita; in modo quasi involontario e maniacale.

Mosse un passo, ad avvicinarsi all’orlo, laddove finisce la terra e il vento si inerpica sbattendo, urlando, schiacciandosi contro la pietra. Si accosciò, prese da una tasca un taccuino e lo aprii. Tirò fuori una penna e la tenne sospesa in aria, nell’indefinibile spazio abitando soltanto dal vento.

Rimase fermo alcuni istanti interminabili, accarezzato, molestato, avvinghiato da continue folate. Allungò il collo, osservò lontano, lungo un fantasticato tragitto solcato dal vento. Appiccicoso, caldo, forte, soffia da sud, pensò, è scirocco: il vento del deserto. Sorrise con una smorfia strana, che pareva quasi malinconica. Andrea, da anni ormai, si recava tutte le sere presso la scogliera di Capo Colonna. Era il posto giusto, pensava, solo lì poteva cogliere la forma del vento e, chissà, magari trovare la storia che continuava a negarsi alla sua penna.

“Ciao. Chi sei?”. Lo colse di sorpresa e lo spaventò, nonostante quella vocina esile e minuta fu quasi immediatamente ingurgitata dal vento. Andrea si voltò e osservò il bambino che lo aveva salutato.

Gli sorrise e gli si fece accanto. Il bambino si sedette su una roccia osservando il mare. “Mi chiamo Andrea”, gli disse alzando la voce per contrastare la veemenza del vento. Il bimbo sorrise, il bianco dei suoi denti luccicò a contrasto col nero ebano della sua pelle. “Io mi chiamo Mahamadou … chi sei?”.

Per un istante, Andrea non seppe cosa dire, osservò il mare gorgogliante all’orizzonte e cercò una risposta plausibile. “Sono uno scrittore”, gli disse. “Uno scrittore? E cosa scrivi?”, gli chiese il piccolo Mahamadou. “Non ho ancora scritto nulla, in realtà”. “Uno scrittore che non scrive. Curioso”, borbottò il bambino. “Sto cercando la mia storia, ma ancora non l’ho trovata … tu, invece, chi sei?”. Mahamadou rimase incantato ad osservare il mare, pareva intento a cercare chissà cosa in lontananza. “Io vivo al campo per profughi. Sono arrivato da pochi giorni. Aspetto mio padre”.

“Cosa ci sei venuto a fare qui?”, chiese insistente Andrea. “Aspetto mio padre, te l’ho detto”. “Lo aspetti qui? Sulla scogliera?”. “Non proprio qui. Dal mare, dovrebbe venire dal mare” rispose Mahamadou. “Non capisco”. “Una settimana fa, mentre attraversavamo il mare in barca con gli altri, un’onda lo ha fatto cadere in acqua. Io ho cercato di allungare una mano per prenderlo ma non ci sono riuscito. Lui mi ha urlato che sarebbe tornato”.

Andrea non seppe cosa dire, rimase in silenzio, si incupii di una sinistra malinconia. “Prima o poi lo vedrò nuotare la in mezzo alle onde”, disse Mahamadou con voce allegra.

“Lo hai sentito anche tu vero?”, chiese Mahamadou ad Andrea. “Cosa?”. “Una voce nel vento, dai, non l’hai sentita?”. “Veramente no. Che voce?”, chiese Andrea. “Mio padre mi diceva sempre che il vento sa portarci i sussurri dei nostri cari, se siamo in grado di ascoltarlo … sono certo che era la sua voce. Tornerà”.

Il vespro stava esalando gli ultimi bagliori agli angoli del cielo, il mare tuonava contro la scogliera e nella spuma bianca il vento faceva razzia d’acqua.

“Uno scrittore che non scrive. Che strano che sei”, disse Mahamadou alzandosi. Andrea lo guardò, sorridendogli appena, incapace di velare una commovente malinconia che gli stava percuotendo l’epidermide. “Mi sembri triste. Vedrai che troverai la tua storia. A volte se ci si crede con forza, le cose capitano davvero”, gli disse il bambino allontanandosi verso la strada.

Andrea si alzò, lasciò che i suoi capelli fossero maltrattati dal vento, incantò ancora una volta osservando il respiro del mare, riprese il taccuino e la penna. Immobile, fermo sul ciglio della scogliera, occhi socchiusi e orecchio teso. “Bambino mio”, sentii distintamente nei riverberi dello scirocco. Sorpreso si guardò attorno: nessuno. Il bambino era scomparso tra le anse della strada. Era rimasto solo lui, la spuma delle onde infrante e il vento.

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