Premio Racconti nella Rete 2018 “Possibile crogiolo” di Franca Canapini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Settembre
Primo giorno del nuovo anno scolastico. Porta aperta sulla classe terza. Ventiquattro tredicenni ascoltano la prof. d’Italiano.
– Un grumo d’ odio ragazzi, un grumo d’odio scagliato su quelle torri. Dobbiamo riflettere. Povera gente…li avete visti gettarsi dalle finestre… L’odio…le ingiustizie sociali…le guerre… provocano sempre questi orrori. Le religioni non c’entrano…
Luca, occhi azzurri e ciuffo biondo, all’ultimo banco, con la spalla appoggiata alla parete, non riusciva proprio a stare fermo:
“ Pesa, pesa come sempre. Già il primo giorno comincia con questi discorsi, non la sopporto. Guarda le femmine come fingono di stare attente; non mi fregano lo so che lo fanno per i voti; figuriamoci, tra poco ci dirà d’intervenire, di esporci, come dice lei, con le nostre opinioni; io l’opinione ce l’ ho; gliela dirò e non le piacerà molto. Uhm, guarda Fadìma, come se ne sta a testa bassa; sfido, sono i suoi che hanno fatto l’attentato! Ah, ah, vedrai che quest’anno non se la passerà tanto bene con noi.”
Fadìma avrebbe voluto diventare invisibile; la prof evitava di guardarla negli occhi. Proprio quella mattina sua madre aveva avuto uno scatto di disperazione e aveva gridato al marito:
– Dobbiamo tornare in Bangladesh.
– No, non torneremo. Qui abbiamo il nostro laboratorio e il nostro futuro.
Lei e sua sorella erano rimaste zitte, timorose di dire al padre che la pensavano come la madre; tanto lui non avrebbe mai tenuto conto dei loro pareri.
Le voci della prof. e quelle dei compagni che avevano iniziato a intervenire erano poco più di un ronzio; ma non gli inconfondibili passi del prof. di ginnastica in avvicinamento. Tun tun.
– Ecco ragazzi, bisognerà che i vari politici siano cauti nel prendere decisioni, c’è il rischio di scatenare guerre dove a soffrire sarebbe soprattutto la povera gente – diceva la prof.
Quello di ginnastica entrò e, senza guardare in faccia nessuno, si diresse sicuro verso il planisfero – Vedete queste montagne? – e indicò i monti dell’Afghanistan – Tra qualche mese saranno rase al suolo tutte.
Si girò, riprese la porta e scomparve, tra lo sconcerto di tutti e la fitta dolorosa di Fadìma.
Luca esultò “ Ah, grande, grande prof. ! Gliele dobbiamo dare altroché; così imparano. Il babbo dice sempre lavoro, pago le tasse, voglio vivere tranquillo. Con questi extracomunitari, invece, tranquilli non si vive. Senza contare che vengono a rubarci il lavoro. Eh, eh, guarda come è rimasta di sale la prof; ci voleva lui per tapparle la bocca.”
Fadìma sentiva che la frustata che avevano ricevuto era cocente per tutti e che poco c’era da dire: maleducazione e arroganza non hanno religioni.
Marzo
La gita scolastica di primavera fu la ciliegina nella torta di tutte le umiliazioni subite quell’anno. Fadìma era seduta vicino alla sua amica Chiara. Con lei non aveva l’obbligo di parlare quando non se la sentiva, bastavano gli occhi per comunicare e Chiara, in certi momenti, sapeva starsene anche da sola, a pensare alle sue cose.
Meno male che il pullman aveva preso la via del ritorno. Per lei quella gita era stata solo una tortura, a partire dal fatto che la scuola aveva pagato la sua quota.
Infatti il prof. di sua sorella, convinto che fossero poveri, aveva fatto richiesta al Consiglio d’Istituto d’intervenire al posto del padre, che non voleva farle partecipare. Una mattina le aveva chiamate da una parte e tutto soddisfatto aveva detto:
– Venite in gita anche voi, ho sistemato tutto.
Come dirgli che non era questione di soldi, ma di pregiudizio? il loro padre non accettava che le figlie dormissero anche una sola notte fuori casa. Poi, considerando la generosità della scuola, aveva ceduto; non se l’era sentita di profferir parola e le aveva lasciate andare tra mille dettati e raccomandazioni.
Però non si era divertita per niente.
Gli occhi irridenti di Luca l’avevano spaventata continuamente. Aveva cercato di rendersi invisibile, di stare vicino ai proff. o a Chiara, ma la sera, a cena, era comunque riuscito a raggiungerla.
Il cameriere le aveva portato un secondo di carne; le sembrava una fettina di vitella o forse petto di pollo. Mentre restava interdetta a studiarla, Luca si era avvicinato baldanzoso insieme a Silvio, l’eterno ripetente, e aveva esclamato:
– E’ maiale, è maiale… stasera non mangi. Anzi è…una m***la – e si erano allontanati schiamazzando.
Chiara, rossa in viso, aveva sussurrato:
– E’ petto di pollo, mangia.
Ma non aveva più fame e non aveva voluto partecipare al pigiama party organizzato dalle amiche. Era rimasta sola nella sua camera, sperando ardentemente di tornare a casa prima possibile.
Finalmente il pullman si arrestò davanti al cancello della scuola e potè vedere, con un misto di sollievo e d’ inquietudine, suo padre che camminava avanti e indietro con espressione preoccupata, discosto dai gruppetti di genitori sorridenti.
Maggio
Quando entrò in classe, Luca vide tutte le femmine e qualche maschio intorno al banco di Fadìma. C’era anche la prof. “ Ah, è finito il Ramadan, è tornata. Ma che hanno tutti da guardare?”
Si avvicinò intimidito, fingendo un passo svogliato:
– Che c’è?
La prof. teneva tra le mani le mani di Fadìma, le ragazze guardavano interessatissime.
– Come ve li fate? – Chiedeva, indicando i puntolini, i fiorellini, le foglioline che, in un delicato intreccio, ricoprivano mani e braccia della ragazzina.
– Con l’henné – rispondeva lei.
Aveva viso chiaro, grandi occhi scuri, un grosso punto a decorare la fronte e sorrideva dolcissima.
All’improvviso gli sembrò molto bella e, sorprendentemente, gli tornò alla memoria l’espressione disperata che aveva fatto alla cena della gita. Due compagne si spostarono per farlo avvicinare, incontrò lo sguardo sereno della ragazza e per la prima volta non si sentì contento di sé.
Mugugnò tra i denti un uhm poco convinto e aggiunse:
– Anche mia sorella se li fa, però con la biro.
Che strano. Quando Silvio gli mostrò tutto gasato il bigliettino “ Sono il fantasma di Maometto”, da attaccare sulla schiena della vittima, sibilò:
– Lascia perdere.
E quando, più tardi, la prof chiese:
– Chi aiuta Fadima ad attaccare il cartellone sulle ricette di riso indiane?
Io – si sentì esclamare, alzandosi di scatto.
Mentre camminava verso Fadima che attendeva con il cartellone in mano, pensava che pure, a lui, il riso non era mai piaciuto, nemmeno quello italiano. Sentiva Sergio osservarlo basito e non si perse il lampo di vittoria che balenò negli occhi della prof.
– Dai, dove lo mettiamo, ‘sto coso?
Fadima sorrise ancora, indicando un punto della parete.