Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Sugo di carne” di Elisabetta Innocenti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Chiara aprì gli occhi poco prima che la sveglia di nonna Adele suonasse.

Ultimamente, faceva fatica a stare al buio troppo a lungo, ma non sopportava nemmeno la luce accecante del giorno. L’unico modo era portare gli occhiali da sole di sua madre, talmente scuri da farla sembrare cieca.

Guardò i primi raggi del sole filtrare dalle tapparelle semichiuse.

Era quasi ora di alzarsi.

Si toccò sopra il petto, dalla parte destra. Sentì un rigonfiamento dolorante sotto le dita, al lato del collo.

Ormai era deciso: entro poche ore sarebbe andata al Commissariato più vicino.

Sospirò rumorosamente quando il cellulare iniziò a vibrare.

   Amore… ti chiedo scusa… torna a casa … ti prometto che non lo farò mai più! (faccina col cuore)

   Troppo facile così!

Scaraventò il cellulare contro il comò con un tonfo sordo.

Non solo non gli avrebbe risposto; lo avrebbe lasciato, una volta per tutte!

In qualche modo, la doveva pagare.

   Oggi ti preparo gli gnocchi fatti in casa… i tuoi preferiti! Scegli te il sugo… carne o pesce? (faccina con l’occhiolino).

Chiara sorrise, suo malgrado.

Pensò al loro primo incontro al bar Phelipe, all’angolo di via San Romualdo; quando le offrì un cappuccino con il fiore di cioccolata.

In fondo non era cattivo. Forse avrebbe dovuto dargli un’altra chance. L’ultima!

Si alzò a fatica per recuperare il cellulare.

   Dove cavolo è andato a finire?

Mentre lo cercava a tastoni sul pavimento, il dolore alla schiena divenne lancinante.

Eccolo. Che strano! E’ tutto intero….

Non sapeva cosa fare.

Era stanca. Si sdraiò di nuovo.

Si girò e rigirò sul cuscino. Sentì un dolore intenso ai polmoni. Forse aveva una costola rotta.

La sveglia della nonna stava per suonare. Non l’aveva mai potuta sopportare!

Non la nonna… la sveglia! Per quel suo ticchettio, esasperante e continuo, come quando una goccia cade a intermittenza da un rubinetto rotto.

Avrebbe voluto chiuderla a chiave in un cassetto del comò, ma le dispiaceva, come se quell’oggetto di metallo avesse un’anima.

In fondo, non era colpa sua se passavano le ore, se la gente invecchiava.

Improvvisamente suonò.

Chiara si alzò di scatto e l’azzittì con un colpetto deciso sulla suoneria.

Aprì la finestra e guardò il mare.

Era più luminoso del solito, fino all’orizzonte.

Si stropicciò gli occhi, afferrò il cellulare.

Quasi senza pensare, digitò: Sugo di carne.

 

Quando ero piccolo mio padre ci picchiava sì ma non era cattivo era solo perché beveva birra vino vodka restavo chiuso al buio per ore ma non era così cattivo diceva mia madre lo giustificava ogni volta sangue lacrime non si buttano le briciole di pane grida urla improvvisi come tuoni un giorno non ce l’ha fatta più sì lo ha denunciato sono venuti a prenderlo di notte la macchina lampeggiava dietro il vetro appannato pioveva a ritmo regolare sul davanzale avevo paura mi sentivo soffocare eppure lo aveva detto lei che era solo perché beveva mi è mancata una famiglia normale la sera il Padre Nostro qualcuno che ti rimbocca le coperte il bacio della buona notte sulla guancia la colazione la mattina dolci biscotti fatti in casa le lasagne la domenica le mie preferite patate fritte e insalata in istituto le suore cucinavano bene brodo carne spaghetti al sugo solo la domenica erano pazienti sì ma io volevo la mia di famiglia gente del mio stesso sangue gente che mi somigliava non sopportavo le regole educazione rigore disciplina non volevo pregare con loro non mi chiamavano per nome mi sentivo solo ero quasi un uomo ma piangevo come l’erba tenera dei campi lacrime gocce di pioggia sul vetro ticchettio della sveglia contavo le ore mia madre veniva la domenica con il cappello di paglia e il vestito a fiori contavo i minuti con gli occhi rossi dietro gli occhiali da sole domenica dopo la messa c’era un uomo con lei lo vidi solo una volta alto capelli neri lui sì che era buono beveva solo acqua lacrime gocce di pioggia sul davanzale la notte avevo paura di giorno con il sole mi piaceva giocare in cortile volevo sempre vincere quando sono cresciuto non entravo più nei pantaloni sono tornato a casa da lei appena in tempo sì l’uomo buono se n’era andato beveva solo acqua mi divertivo a schizzare le ragazze con il fango scuro delle pozzanghere mentre andavo a scuola portava un giocattolo ogni volta diverso treno macchina ultimo modello spada coltello la volevo solo per me non poteva tenermi con sé si era rifatta una vita anche lei beveva aveva bisogno di me mia madre era una donna non poteva stare sola le rimboccavo le coperte la sera il bacio della buona notte la mattina sulle guance rosa la colazione pane burro e marmellata non volevo andare a scuola sì stavo bene con lei dovevo recuperare il tempo perduto ho fatto appena in tempo a darle l’ultimo bacio adesso le porto sempre i fiori di campo la domenica margherite gialle fresche papaveri rossi il mio colore preferito ogni volta diversi sono rimasto solo ora sono un uomo ho ricercato mio padre adesso è un vecchio barba bianca come l’Antico Marinaio dagli occhi scintillanti mi ha fatto del male ma in fondo non era così cattivo era solo perché beveva gliel’ho detto un giorno di questi lo perdono pregherò per lui adesso non sono più solo ho incontrato una donna non sapevo il suo nome sembrava mia madre giovane quel giorno al Bar Phelipe l’ho incontrata per caso capelli d’oro come giunchiglie le ho offerto un cappuccino con un fiore di cioccolata sulla schiuma bianca com’era bella quando sorrideva Giulia è delicata è un fiore di campo sì come quelli che porto a mia madre è gentile non voglio farle del male l’ho solo picchiata poche volte le voglio così bene ogni volta le dico che non deve piangere basta che dica di sì non lo voglio fare io so cucinare stasera le preparo gli gnocchi fatti in casa al sugo di carne i suoi preferiti per farmi perdonare è andata alla casa al mare gli oleandri rosa sul balcone profumano di oblio non le farò più del male senza di lei mi sento soffocare ora le scrivo lo so ritornerà anche questa volta può anche scegliere sugo di pesce per cambiare lei ha avuto una famiglia normale stesso sangue gente che le somiglia sa che è solo mia ultimamente mi fa sempre arrabbiare deve solo dire di sì tanto so che mi perdona come sempre sembra forte ma è delicata come le bambole di porcellana di mia madre mi facevano paura con occhi di vetro fissi su di me senza quelle non dormiva prima non poteva tenermi con sé portava un giocattolo ogni volta diverso treno macchina spada coltello adesso ho l’ultimo modello lo tengo sempre con me è a doppio taglio non si sa mai se qualcuno mi ferisce non si sa mai se mi vuole lasciare non vorrei mai farle del male ora le chiedo perdono sono sicuro che tornerà non può fare a meno di me è che ogni tanto bevo vino birra vodka non voglio farle paura prima o poi smetterò lei lo sa sì nessuno mi conosce come lei ora non sono più solo lei Giulia è il mio unico vero GRANDE AMORE…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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2 commenti »

  1. Arrivi alla fine del monologo e sei senza fiato. Non per l’assenza della punteggiatura, ma perché in pochi attimi ti sembra di vivere la disgrazia di quell’uomo, plasmato così male dalla sua storia. E, come narra spesso la cronaca, accanto a lui, c’è una donna che crede nella possibilità di guarigione, nell’altra occasione…

  2. Una descrizione molto reale.

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