Premio Racconti nella Rete 2018 “Senza nuvole” di Andrea Cassioli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018SFAX, TUNISIA
2 MARZO 1943
Calda brezza si rincorreva in vortici di sabbia e polvere ai lati della pista di volo in terra battuta.
Ai bordi del campo immensi uliveti si distendevano su morbidi rilievi quasi a volere accarezzare il cielo, mentre a est a circa quattro chilometri di distanza si intravedevano, immerse nella pallida foschia, le antiche mura della città.Le ombre, prima quasi inesistenti, ora cominciavano ad allungarsi e ad incrociarsi preannunciando un tramonto che avrebbe visto, da lì a qualche ora, morire il sole tra le colline.Gli scontri erano vicini, la linea del Mareth era distante solo un centinaio di chilometri a su. Ad ovest, da pochi giorni il passo di Kasserine era di nuovo caduto in mano Inglese dopo una disperata battaglia che aveva visto il sacrificio degli uomini del 7° Reggimento Bersaglieri e dei reparti corazzati di Rommel.
Solo qualche mese prima le truppe Italiane e Tedesche penetravano in Egitto sino ad El Alamein, mentre ora il fronte si era ristretto ad una disperata resistenza in Tunisia. Disperata quanto vana.
Questo era il terrificante pensiero che accomunava la gran parte dei militari Italiani che difendevano quella stretta porzione di terra Africana. Quel caldo pomeriggio di Marzo però, la guerra sembrava lontana; era tutto così tranquillo e calmo, e il cielo era senza nuvole. Dalla finestra della sala equipaggi d’allarme, posta di fianco alla sede del comando, il Sottotenente Claudio Marconi si era perso osservando la sagoma affusolata di quattro Folgore dalla livrea maculata parcheggiati al lato della pista. Erano cosi belli, aggressivi ed eleganti al contempo, che quasi si era dimenticato che fossero macchine da guerra. Dall’altoparlante consumato di una radio, la voce di Tito Schipa cantava “Chi è più felice di me”, voce che riusciva ad accompagnare ma mai a penetrare quell’immobile momento. Gli aerei avevano tutti un sacco di iuta aperto in due che riparava l’abitacolo dai raggi solari, ed erano tra i pochi rimasti efficienti della 95° squadriglia del 14° Gruppo Caccia.
-Noi, noi siamo tutti più felici di te, Tito! – Sbottò il Tenente Renato Folcarelli.
– Chi ci ammazza a noi! Sole, mare, pesce fresco, siamo in vacanza qui, che cazzo ce ne frega! C’è chi scruta l’orizzonte in cerca del nemico…-
Disse rivolgendosi a Marconi.
– C’è chi scrive “Le mie prigioni” alla morosa a casa… questa è una colonia estiva non è un gruppo di volo, e noi siamo tanti piccoli Balilla! –
La sala si riempì di una risata collettiva che alleggerì per un attimo l’atmosfera tesa che gravava sui piloti. Erano ore che attendevano in quel turno di allarme, e un po’ di battute non potevano che fare bene allo spirito.
– Marconi vieni un attimo, andiamoci a fumare una sigaretta al fresco…-
Il Tenente si rivolse al ragazzo accennando un mezzo sorriso, ed estraendo dal taschino della tuta di volo una sigaretta.
-Meglio di stare chiusi qui dentro con questi scappati di casa, no? –
Questa volta continuò trasformando il sorriso in una risata ed indicando gli altri piloti nella sala, il Maresciallo pilota Serra e il Sergente maggiore pilota Favara.
Marconi conosceva il Tenente Folcarelli da abbastanza tempo per capire che lo voleva per dirgli qualcosa di importante oltre che per fumarsi una sigaretta in compagnia.
I due si avviarono verso l’uscita, e quando Claudio aprì la porta, uno sbuffo di vento e polvere entrò nella stanza.
Una volta fuori, all’ombra della piccola tettoia di legno che spuntava dal muro esterno della sala, i due si accesero la sigaretta; Renato inspirò profondamente, poi mentre espirava il fumo disse.
– Che cicche di merda che ci danno, sembra di fumarsi il cartone, se non ci ammazza qualche Inglese o qualche Americano, saranno queste sigarette ad accopparci-
-Lo dice a me Tenente, io fino ad un mese e mezzo fa nemmeno fumavo.-
Rispose Marconi.
– Un mese e mezzo hai detto? Mmm fammi indovinare, quando sei arrivato in quel di Tunisia? –
– La sa già la risposta. –
– Già Già mi ricordo, e non ne hai preso ancora uno eh! Ma non preoccuparti ti conosco, sei bravino, non sei uno di quelli che rientra al campo senza colpi e senza aver acchiappato nemmeno una nuvola; poi ti prendo per il culo perché so che ci tieni. – Disse il Tenente sorridendo.
– Però devo dirti una cosa Claudio. – E mentre parlava, lo sguardo di Folcarelli si spostò, accigliandosi, verso il relitto di un S 79 dall’altra parte del campo.
– Devi sbrigarti amico mio se vuoi che questo avvenga prima che rientriamo in Italia. – – Quindi…-
Il Sottotenente parlò con aria interrogativa.
– Quindi ho chiacchierato un po’ con il Tenente Tosi, quello del 3° Gruppo, e mi ha detto che un uccellino va in giro dicendo che a fine mese arriverà in Tunisia un altro gruppo di volo…non mi ricordo…forse il 70°…e noi ad Aprile o inizio Maggio sloggiamo…-
– Ce ne stiamo andando allora. –
– Frena bello frena, lo sai come funziona, magari sono tutte stronzate, magari Rommel si riprende e ci tocca continuare a fare avanti e indietro per un altro anno, o magari domani quelli sfondano di nuovo e ci tocca scappare a nuoto. Comunque a parte gli scherzi, secondo me si tratta di resistere prendendo tempo, tanto a questo punto ci siamo abituati…-
I due, come tutti ormai, sapevano quanto la situazione fosse difficile, e per un momento il pensiero che la guerra fosse alle porte dell’Italia lasciò Claudio con una sensazione di vuoto nello stomaco. Pensare a tutta quella gente ignara che magari guardando i cinegiornali sapeva di essere al sicuro lo faceva stare male. Il Sottotenente cercò di distogliere l’attenzione dai suoi pensieri dando un altro tiro dalla sigaretta ormai quasi finita, ma non fece in tempo a farlo che il suono continuo della sirena di allarme esplose nell’ aria. Quasi contemporaneamente la porta si aprì di scatto e il Sergente Maggiore pilota Favara comparve dalla penombra, lanciando due borracce agli ufficiali. – Decollo su allarme! –
Sbottò tutto d’un fiato.
– Tenente, ho chiuso ora il telefono, dal comando riferiscono che nostri osservatori sul Mareth hanno avvistato caccia Inglesi dirigersi verso nord volando bassi sul deserto, otto, forse dieci! –
Dopo aver preso al volo la borraccia piena d’acqua, il Tenente Folcarelli, disse velocemente.
– Tranquillo Favara, sappiamo abbastanza, ci tocca correre verso gli aerei! –
Claudio gettò a terra la sigaretta e cominciò a correre con gli altri tre piloti in direzione degli MC 202, tenendosi la bustina con una mano per non farla volare via.
Mentre correvano vennero sorpassati da alcuni specialisti a bordo di due FIAT 508 che si dirigevano rapidamente verso gli aerei per assistere alla messa in moto; una volta raggiunti i Folgore, questi tolsero i teli da sopra l’abitacolo e inserirono le manovelle per l’accensione sul lato destro del cofano motore. Dopo qualche interminabile secondo giunsero anche i piloti. L’ufficiale diede una rapida occhiata all’aereo per sincerarsi che tutto fosse in ordine, indossò il paracadute, e si fiondò con un balzo nella cabina rovente del caccia Macchi.
Mentre l’aviere capo Giuseppe Giuffrida gli stringeva le cinture, il Sottotenente Marconi guardò a sinistra verso l’aereo di Folcarelli intento ad infilarsi il caschetto di cuoio. Notò che nonostante la frenesia del momento, il pilota aveva fatto in tempo ad accendersi un’altra sigaretta, o forse non aveva mai mollato quella precedente…
– Via dall’ elica!!! –
Uno dopo l’altro gli avieri misero in moto girando la pesante manovella sicché i quattro Alfa Romeo RA 1000 RC41 cominciarono a girare al minimo con un rombo sommesso. Uno sguardo alla manica a vento permise ai piloti di capire che questo veniva da est, quindi cominciarono a far rullare i loro aerei per decollare in quella direzione.
Claudio accese la radio ricetrasmittente Allocchio-Bacchini B.30 per comunicare con gli altri piloti.
– A tutti da Ghibli uno-sei mi sentite? – Gli altri tre piloti gracchiarono il loro nominativo di chiamata dando quindi una risposta positiva al Sottotenente, dopodiché Folcarelli chiese di riportare quando fossero pronti al decollo. Allora Marconi posizionò il suo Macchi in ala destra rispetto a quello del Tenente, chiuse il tettuccio, abbassò gli ipersostentatori ed effettuò gli ultimi controlli in cabina, poi rispose.
– Ghibli uno-sei pronto al decollo. –
– Ghibli due-uno pronto. –
– Ghibli due-otto pronto. –
Anche i due sottufficiali piloti risposero, a questo punto uno dopo l’altro, tutti e quattro gli aviatori tirarono indietro le manette dei motori dando massima potenza, lanciandosi verso il cielo nel grande campo in terra battuta di Sfax.
Le vibrazioni all’interno dell’abitacolo aumentarono di frequenza e l’aereo cominciò a prendere velocità, lasciandosi dietro una lunga scia di polvere. Il pilota diede leggermente pedale destro per contrastare la tendenza del caccia ad imbardare dall’altro lato, poi, dopo aver percorso poco più di trecento metri ad una velocità di circa centocinquanta chilometri orari, tirò a se dolcemente la barra di comando.
Il Folgore si staccò da terra e subito dopo Marconi azionò il comando idraulico che fece rientrare il carrello, nel frattempo egli si voltò verso sinistra per controllare la sua posizione rispetto all’aereo del Tenente Folcarelli, che risultava essere leggermente più in alto e in avanti.
La piccola formazione continuò la salita fino a quota mille metri, dopodiché Renato comunicò via radio di effettuare una breve diversione verso ovest; con un poco di fortuna avrebbero sorpreso i caccia inglesi ad una quota maggiore e con il sole alle spalle, in una posizione tale da poter annullare, almeno all’inizio, lo svantaggio numerico.
Una volta rientrati verso sud, non restò che cominciare a cercare, a muovere lo sguardo incessantemente per poter scorgere qualsiasi cosa potesse tradire gli aviatori nemici; un puntino indistinto tra loro e il terreno, una sagoma, il guizzo di un riflesso sul vetro di un tettuccio, qualsiasi cosa. Mentre cercava, Claudio sentiva che l’adrenalina liberata negli attimi precedenti il decollo cominciava a fare effetto. Si sentiva tremare come se avesse bevuto mezzo litro di caffè a stomaco vuoto, e aveva i muscoli tesi, tanto da stringere involontariamente la barra di comando quasi con tutte le sue forze. D’un tratto un lampo, un riflesso, lo sguardo si mosse in automatico…cos’è? Una specie di croce grigia… no marrone, più di una!
– A ore undici in basso, sono loro! –
Marconi irruppe via radio ed il Tenente Folcarelli rispose. – Copiato, attacchiamo. –
Il giovane pilota diede uno strattone alla barra alzando il muso del Folgore di una decina di gradi sull’orizzonte, dopodiché fece rollare l’aereo verso destra trovandosi capovolto in un attimo e iniziando una picchiata che in pochi secondi lo portò a toccare i seicento chilometri orari; una volta raddrizzato il caccia, il Sottotenente puntò lo sguardo sul secondo aereo nemico da sinistra. In un attimo, girò la testa prima a sinistra poi a destra tenendo d’occhio gli altri aerei della formazione che nel frattempo si era leggermente allargata, poi si concentrò esclusivamente sul bersaglio. La sagoma dell’aereo nemico si faceva impercettibilmente più grande ogni secondo che passava, ingrandendosi all’interno del blindovetro anteriore; 700…600…500 metri, il pilota mise in posizione neutra le manopole dei compensatori per preparare il Macchi all’imminente combattimento aereo…400…350 metri…non si sarebbero accorti di loro fino alla fine, la tattica di Renato era riuscita alla perfezione…300…250 metri…manovrò impercettibilmente ricalcolando mentalmente la traiettoria dei proiettili…fuoco!
Una raffica di tre secondi.
Le due Breda SAFAT calibro 12,7 sul muso del Folgore martellarono rabbiosamente fuori dal disco dell’elica proiettili perforanti da 34 grammi con una cadenza di tiro di 575 colpi al minuto, che andarono ad impattare la semiala sinistra dell’aereo Inglese. Il Sottotenente fece appena in tempo a vedere del fumo bianco uscire dall’aereo colpito che dovette cabrare per non investirlo. In una frazione di secondo la forza di gravità lo schiacciò sul seggiolino facendo aumentare il suo peso di tre volte mentre il muso del suo Folgore si impennava di 60 gradi sopra l’orizzonte. Con un movimento continuo sulla barra di comando tramutò la cabrata in rollata trovandosi in volo inverso, all’apice di una mezza esse. Alzando la testa scrutò il terreno alla ricerca del fumo bianco che usciva probabilmente da un radiatore dell’aereo colpito; lo trovò e seguendolo scorse il nemico.
Intanto per radio si susseguivano nervosamente le comunicazioni dei piloti Italiani.
– Ghibli due-otto l’hai beccato! –
– Occhio che vira! –
– Stringi a destra ne hai uno dietro! –
– Paracadute, loro paracadute ad ore tre, questo te lo confermo io! –
– P-40, sono P-40 quei maledetti…-
Curtiss P-40 di costruzione Americana riciclati alla Royal Air Force, meglio così, sicuramente meno impegnativi degli Spitfire…
Intanto L’Ufficiale posizionò il suo caccia all’interno della virata destra del Curtiss e in un attimo, trasformando la maggiore quota in velocità, gli fu dietro. L’aviatore nemico si accorse di lui e scartò violentemente a sinistra; l’Italiano lo imitò ma dovette stringere di nuovo la virata, tanto che le ali del Folgore cominciarono a tremare e scuotersi. Il Sottotenente diminuì la pressione sulla barra di comando e diede potenza, scongiurando così uno stallo che a quella quota sarebbe potuto risultare fatale; intanto il P-40 cercò di nuovo di invertire la direzione perciò Marconi livellò il suo aereo, aspettando che l’Inglese passasse attraverso la sua linea di tiro. Questa volta la scarica delle mitragliatrici fu inesorabile, i traccianti disegnarono una sciabolata che andò a schiantarsi tra il motore e la cabina di pilotaggio, continuando dietro fino al serbatoio di carburante posteriore. Il caccia Curtiss prese fuoco ed esplose un centinaio di metri davanti al Folgore del pilota Italiano che comunicò subito via radio.
– Ghibli uno-sei ne ho preso uno, sta precipitando in fiamme! –
L’aereo era bancato a destra di una ventina di gradi e la testa del pilota girata con lo sguardo fisso sui resti del P-40 che precipitando si lasciava dietro un denso fumo nero. L’unica cosa che Claudio riuscì a pensare in quel frangente riguardò lo sventurato pilota Inglese; si domandò se la sua prima vittima fosse morta sul colpo o nell’incendio… o se fosse ancora viva… Ma il pensiero durò molto poco, il tempo di essere distratto da una serie di scie bianche che lo sorpassarono una decina di metri oltre la sua ala.
Cazzo mi sparano! pensò, e subito virò bruscamente aumentando la potenza del motore, che reagì ruggendo e facendo vibrare l’aereo. I traccianti si spostarono sopra la sua testa, il figlio di puttana sta aggiustando la mira rimuginò tra sé e sé, così diede un violento strattone in avanti alla barra di comando e mantenne l’assetto per qualche secondo. Sentì premere il sangue contro le tempie e le sue spalle venire schiacciate sulle cinture di sicurezza, poi rimise l’aereo in assetto orizzontale e si girò torcendo al massimo la testa e il torace, ma il cielo luminoso era l’unica cosa che compariva oltre il suo timone di coda.
Dove sei maledetto…
D’un tratto un rumore, uno scoppio secco… poi un altro! Claudio sentì come se qualcuno avesse dato un calcio fortissimo al suo seggiolino facendolo sobbalzare in avanti, l’avevano colpito! Non c’era tempo da perdere, spinse la manetta tutta indietro portando il motore a 2.300 giri e 835 mm di Hg di sovrappressione, poi mise il suo aereo quasi in verticale.
Si girò di nuovo nervosamente, e per un attimo vide l’aereo nemico che a sua volta stava cominciando a cabrare; Claudio continuò ancora per qualche istante la salita dopodiché tolse manetta e spinse violentemente sul pedale destro. L’aereo effettuò una specie di scampanata ma senza mai rimanere “appeso” all’elica, altrimenti l’ufficiale sarebbe diventato un bersaglio troppo facile. Eccoti…!
Per un attimo vide il P-40, ma il suo Folgore stava già accelerando in picchiata mentre l’Inglese si trovava in volo rovescio intento a lottare contro la forza di gravità.
Marconi respirò profondamente…sentiva il motore urlare sotto il cofano mischiando il suo rumore con quello fragoroso dell’aria che impattava sul tettuccio, poi il pilota tirò dolcemente ma con decisione la barra di comando verso di sé. Di nuovo si sentì schiacciato contro il seggiolino ma questa volta tutto il mondo intorno cominciò a sbiadirsi, a perdere colore, mentre i rumori diminuivano attutendosi. Ci fu un momento in cui Claudio vide tutto spegnersi, ma fu solo una frazione di secondo e appena la manovra perse energia tutto ritornò vivido. Il Sottotenente continuò e all’apice del loop vide il P-40 che, avendolo perso di vista, stava prendendo lentamente quota; allora la preda mutò di nuovo in cacciatore e il Macchi Italiano cominciò a manovrare per incrociare la sua traiettoria con quella dell’aereo nemico. Questa volta il pilota considerò la deflessione e mirò più avanti del P-40, poi fece fuoco e colpì l’aereo Inglese, dal quale vide schizzare piccoli frammenti di metallo. I due aerei si incrociarono e subito dopo Marconi virò per inseguire il Curtiss, ma non riuscì più a rintracciarlo. Evidentemente questo, dopo essere stato colpito, era riuscito in qualche modo a disimpegnarsi.
Maledetto è svanito, pensò il Sottotenente. Allora si guardò di nuovo intorno, a destra a sinistra in alto e in basso, ma niente, nessun aereo nemico. I battiti del cuore cominciarono lentamente a rallentare e solo in quel momento si accorse di un dolore sordo che sentiva tra le due scapole; pensò che aveva mosso troppo la testa quel pomeriggio provocandosi qualche contrattura. – Ghibli uno-sei rispondi! – Marconi riconobbe la voce del Tenente Folcarelli. – Ghibli uno-otto da Ghibli uno-sei, forte e chiaro. – – Finalmente, sono due minuti che ti sto chiamando! volevi inseguirlo fino al Congo quel tipo? Ben fatto amico mio! Oggi li abbiamo fatti lessi, tre abbattimenti confermati e almeno il doppio che ritorneranno a casa con qualche presente da parte del Signor Breda! – I Curtiss P-40 in forza alla R.A.F. venivano usati principalmente in missioni di attacco al suolo e probabilmente quelli con cui si erano scontrati quel pomeriggio erano destinati ad effettuare qualche missione di mitragliamento a bassa quota (Claudio pensò che il loro obiettivo sarebbe addirittura potuto essere lo stesso campo d’aviazione di Sfax), ma i Macchi, avevano avuto la meglio riuscendo a disperdere la formazione degli attaccanti.
Purtroppo battaglie vittoriose come quella appena vissuta dal giovane pilota erano sempre più rare, e la schiacciante superiorità numerica del nemico in quella fase del conflitto faceva quasi sempre pendere l’ago della bilancia dalla parte opposta a quella dell’asse.
Il Tenente Folcarelli comunicò via radio di ricompattare la formazione e di procedere lungo costa verso nord, così i quattro Folgore cominciarono una lenta e precisa danza nel cielo che li riportò nelle stesse posizioni che avevano prima dello scontro. In quel momento, all’interno della sua cabina di pilotaggio che puzzava di benzina avio e grasso, il Sottotenente Marconi guardava rilassato il caccia del suo superiore che sembrava galleggiare lentamente nell’aria, come appeso con un elastico al soffitto del cielo, mentre il sole diventato una grande palla rossa faceva cambiare colore alle cose, e sotto di loro, a poche centinaia di metri, correva il mare, portando con sé un milione di piccoli specchi…quel caldo pomeriggio la guerra ritornava a sembrare lontana; era tutto così tranquillo e calmo, e il cielo era senza nuvole
Una bella descrizione dell’attimo in battaglia, ho avuto l’impressione di sentir parlare qualcuno che l’ha vissuto veramente. Complimenti.