Premio Racconti nella Rete 2018 “Cieli D’Acqua Marina Fantastica” di Francesca Baldini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Cieli D’Acqua
Marina Fantastica
La ragazza di Marina (di Ravenna)
Era quasi sera.
Ma era difficile accorgersene.
C’era così tanta nebbia che una strana luce biancastra sembrava avvolgere ogni cosa…
le dune, la spiaggia, il mare…all’orizzonte tutto stava scomparendo.
Cielo e acqua in lontananza diventavano indistinguibili.
Questo bianco ipnotico era ovunque…scomparivano edifici, scritte luminose, case,
alberghi, locali, grattacieli …le barche, il porto, il molo lungo…non si vedeva più nulla…
E lei era su una piccola duna…tentava di guardare il mare…
appunto tentava perché ogni cosa si confondeva con l’altra…
La luce cominciava a diminuire… su tutto dominava un’atmosfera soffusa,
un bianco lattiginoso che trasmetteva il senso del confine superato.
Si perdevano i confini, tutto appariva in una dimensione al di fuori del tempo.
Le onde lambivano la spiaggia con una lieve increspatura.
Si ripetevano lente, calme, calme, lente.
Anche i rumori sembravano attutiti.
Vide una conchiglia con bei colori di fronte a sé, seminascosta nella sabbia.
Ogni conchiglia racchiude in sé la voce del Mare.
Volle raccogliere quella conchiglia che le era apparsa come una folgorazione nella nebbia.
Dopo averla raccolta si accorse che sembrava avere un particolare colore, una sfumatura rosa- grigio- verde- azzurra- che non aveva mai visto.
La voltò per vedere se all’interno fosse rimasta sabbia o un mollusco…e invece vi trovò un Mondo…
L’Universo in una Conchiglia
Stava osservando la parte interna della Conchiglia quando le sembrò
di vedervi un vortice, un vortice in miniatura dai mille colori,
che sembrava cambiare ogni istante e si stava trasformando in un universo,
con galassie, stelle, comete, pianeti e le pareva che tutto questo
si stesse ingrandendo davanti ai suoi occhi, che acquistasse sempre di più in movimento.
Sembrava che questo straordinario spazio iniziasse ad avvolgerla,
ma non era un universo di stelle in senso classico come l’aveva conosciuto
vedendolo nelle foto sui libri delle sonde spaziali; era uno spazio diverso,
acqueo, e in un punto imprecisato vedeva
all’orizzonte qualcosa.
Qualcosa che, col passar del tempo, anche se non avrebbe saputo dire
se tutto questo le fosse accaduto in un secondo o in un milione di anni,
prendeva sempre più una forma, più netta…meno disordinata.
Cominciava a distinguere un soggetto preciso.
Era una città, una città fantastica nel regno del Mare…
che forse era sempre stata lì, esisteva da sempre…
Nella profondità degli abissi sembrava che la luce non arrivasse,
ma forse non era così.
All’inizio era il mare…e Marina non esisteva ?
No, Marina era nel mare, in fondo al mare, era una città sommersa
dalle acque, dai flutti, dal tempo e il cielo era il suo mare …e il mare
il suo cielo.
Ravenna non c’era ancora, era un mondo lontanissimo.
Questa città marina, persa negli abissi, la stava fagocitando nel suo oblio,
pian piano la stava attirando a sé,
senza che se ne accorgesse,
per rivelarle il suo mistero,
il suo segreto
che la nebbia ricopriva e nascondeva.
La Surfista della Sera
D’improvviso si ritrovò in una piazza; sembrava una piazza normale ma in realtà l’acqua era il cielo, un cielo con onde che si propagavano ovunque nello spazio.
Non faceva fatica a camminare in quello spazio tutto nuovo, così strano. Le sembrava naturale, normale.
I sogni e la realtà spesso sono un’unica cosa, non ci sono più confini, non ci sono più limiti, il sogno è la realtà più vera.
In un lato ben preciso della piazza c’era una costruzione bassa, che sembrava un poligono, dal colore cinereo, sì, proprio quello del cielo quando sta per arrivare la tempesta.
Al centro c’era un’immagine dipinta, o comunque qualcosa che aveva attirato la sua attenzione. Sembrava un poco anche sporgere dal bordo, dallo sfondo, quasi fosse un’immagine graffita, impressa, dipinta a rilievo.
Era l’immagine di una bella ragazza che in costume cavalcava la sua tavola da surf.
Una surfer.
Si avvicinò un poco per vederla meglio e d’improvviso la ragazza uscì dalla superficie e si mise a “surfare”, a volteggiare nel cielo, dirigendosi verso di lei.
Era la ragazza di Marina, la sua ragazza di Marina…
Le sembrò che una marea d’acqua alta alcuni metri le arrivasse addosso, ma era solo un’impressione. La ragazza di Marina le sorrise, quasi volesse spronarla a seguirla nel cavalcare le onde del cielo, e si perse in lontananza.
Presa dalla meraviglia non era stata abbastanza celere e la ragazza era scomparsa.
Il cielo composto da onde aveva tonalità varie, dal grigio chiaro, al turchese, al blu oltremarino, al nero, non riusciva a vedere cosa vi fosse al di là di pochi metri. Ma voleva ritrovare quella ragazza, quella wondersurfer.
Le sembrava che quella ragazza la stesse aspettando, fosse lì proprio per lei.
Non poteva essere apparsa e scomparsa così velocemente, senza lasciare una traccia, un segno indelebile. Lo trovò.
Il Grattacielo della Pineta di fiamme azzurre
Era una scia quasi impercettibile di colore verde-blu che proseguiva senza interruzioni a metà del cielo.
Questa strana scia si perdeva poi in una fitta boscaglia, composta principalmente di pini marittimi e di tamerici, che crescevano in cielo.
Appena arrivò in prossimità di quelle piante, cominciò un incendio. Le piante bruciavano, ma nessun ramo si consumava, o veniva consunto. Era un fuoco fatuo, illusorio. La fiamma era azzurra, azzurra come il colore del mare, del cielo. Era una fiamma fredda, ghiacciata.
Stava percorrendo una specie di sentiero che si apriva davanti a lei, quasi le piante, in particolare i pini, si aprissero al suo cospetto, mostrandole una via da seguire, una strada da percorrere, un cammino da intraprendere. Tutto era gelido, come l’aria che per la prima volta sentiva e che ravvivava quella fiamma, quel fuoco che sembrava arrivare fino al cielo… la pineta in fiamme.
All’improvviso un atrio con grandi vetrate… sembrava apparso dal nulla, coperto quasi totalmente dalla vegetazione in fiamme. Guardò verso l’alto, in mezzo alla fitta boscaglia intravedeva un edifico alto, con diversi piani, forse un grattacielo.
Si era fatto buio, ma lei non se n’era accorta tanto era presa dalla sua ricerca.
Il grattacielo, illuminato come un faro nella notte, trasmetteva luci, bagliori, quasi fosse un diamante che emergeva dalle tenebre in fiamme. Era altissimo. Per arrivare in cima avrebbe impiegato del tempo. Già dall’atrio si vedeva uno scalone d’onore che ben presto si sarebbe trasformato in una scala elicoidale che procedeva a vortice verso l’alto; il punto più lontano non si vedeva, era nascosto dalla nebbia.
Mentre si accingeva ad iniziare la salita, scalino per scalino, vide poco più in alto
la surfista con la tavola sotto il braccio; saliva anche lei. Come era veloce, era proprio giovane.
La Fine del Mondo
Non voleva perderla. Si mise a salire la scala elicoidale, sempre più velocemente, sempre più di fretta, stava correndo, aveva paura di non riuscire a raggiungerla, di non fare in tempo, ma stava procedendo con forza, finalmente le si stava avvicinando, vedeva possibile la meta…
Cadde giù nel vuoto.
Buio e nebbia.
Ma il vuoto, nemmeno quello cosmico, esiste.
Riaprì gli occhi.
Era in spiaggia, si era addormentata un istante.
Era triste.
Era stato tutto un bellissimo sogno. Finito.
Poi si accorse che più in là, vicino alla riva, c’era una ragazza…era identica a quella del suo sogno. Si stagliava nei
cieli d’acqua marina….
…fantastica…
Molto poetico nella parte iniziale e finale. Buoni gli aspetti descrittivi. Realtà e sogno si mescolano creando una bella tensione narrativa. Il mio racconto ha degli aspetti simili al tuo. Se hai piacere…