Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “L’artigiano vecchio” di Lorenza Colicigno

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Rocco sarebbe uscito presto quel giorno. Il sentiero era coperto di neve, neve vera, non quella che serve solo a sporcare. Uscire, godersi la bellezza del primo passo. L’orma, un buco profondo, e altri a segnare un viaggio senza verso. Un abisso amico, tanti abissi amici. Immergersi dentro quell’abisso, corpo e pensieri fino a scomparire, ingannare, ingannarsi dell’azzurro sopra di sé.

 

– Dove sei, Rocco!

 

Rocco, ora, si gode anche l’assenza la ricerca l’attesa delle sue gambe sode e dei suoi occhi onesti. Gli indizi: nuvole fragranti d’alito, scricchiolii portati dalla bocca del silenzio. Dentro il gioioso sepolcro di neve attende. Quando quel suo corpo gracile combacerà con quello di lei la neve sarà letto fresco di seta, come il vestito che frusciò a lungo nella frenesia della prima volta.

 

  • Dove sei, Roccooo!

 

Una voce, avrà avuto sei sette anni quando si promise a lei che attendeva, pur senza saperlo, la voce che accompagna la vita. Fedeltà fermissima e necessaria.

Rocco quasi si spaventa del piccolo buco nero che rompe per primo il candore. Ora non è più solo, davvero. Avanza quel piccolo buco nero, e dietro le sue orme, al traino.

 

  • Rocco Roccoo Roccooo!

 

Ecco, sì, la voce si adatterà a distendersi anche lungo l’esile solco del suo bastone. Ne era certo. Agli inizi della primavera aveva ripreso con qualche sofferenza le sue avventure sul sentiero di casa. Un passo due passi ancora un passo, per poi sedersi impotente. Un passo un passo un passo, vincere il tremito per un passo ancora.

Si fecero incontro così naturalmente che neppure l’aria fresca del mattino poté sorprendersi, era d’olivo, certamente, la sua veste bianca levigata e quasi argentea, il suo corpo straordinariamente diritto, il chiarore dell’anima legnosa appena scoperto dal taglio imperfetto sopra la giuntura. Un dono della fortuna, ebbe appena il tempo di pensare. Era già a casa, gli attrezzi rumorosamente riemersi dal cassetto vecchio, per le sue mani già un’impresa solo aprirlo. Poi le lente carezze dell’arnese che scorteccia, portate su e giù con la sapienza del gesto che resiste al crollo della memoria, il bianco corpo che si modella resistendo quanto basta per farsi ancora più armonioso. I segni dei piccoli colpi, portati con forza, e delicati, invece.

 

L’aveva dimenticato quel mestiere il giorno che era andato a lavorare alla Fiàt. La fortuna di quel lavoro che gli metteva in salvo le dita gonfie di legno, e gliele gonfiava inaspettatamente di metallo e vernice. L’aveva dimenticato quel lavoro pesante per un altro lavoro pesante. Portava a casa lo stipendio, ma la notte se l’era scordata la moglie e s’era scordato l’olivo, o forse se l’era solo messo da parte per il giorno che avrebbe smesso d’essere operaio, e sarebbe tornato artigiano.

 

  • Dio mio, fammi ricordare come si fa a domarlo ‘sto legno duro dell’olivo…

 

Duro, pensava, come il metallo contro cui aveva spesso brandito il suo pugno, ma solo nell’immaginazione. Ecco, riemergono i gesti da una memoria rimasta tenace in attesa. L’aspetto di oggetto incompiuto, ripreso e lasciato nelle pause del nuovo lavoro, in fine abbandonato, l’aspetto familiare di oggetto che aspetta paziente il tuo riposo, per poi gioire d’essere tra le tue mani di artigiano vecchio, e vedersi fatto perfettamente liscio, quasi lucido alla luce, miracolo che deve all’esperienza sopravvissuta all’abbandono del mestiere. La tonda durezza del nodo destinato ad essere appoggio sicuro del palmo cavo, mentre le dita rigide e tremanti si riflettono in profili abbozzati dalla natura, appena più scavati in esili rivoli, e un tappeto di trucioli si stende ai piedi.

 

Un anno, quasi. L’olivo non potrà rimpiangere il suo ramo. Gioirà del mio bastone, pensa. Forte, perfetto.

 

  • Rocco, dove sei!

 

Ora ritornerà l’emozione di un incontro di voci e corpi nel sepolcro di neve.

Rocco uscì presto quel giorno. Il piccolo foro non lo sorprese né lo spaventò. L’avventura era possibile ora, solo perché un piccolo foro precedeva le sue orme sbilenche. Tre sei nove abissi segnarono il candore della neve. Giunto al punto consacrato dal ricordo, Rocco lasciò che il suo corpo si gettasse sul dorso ancora una volta, si stupì che il freddo lo avvolgesse così rapidamente, chiese aiuto al suo bastone, ma anch’esso gli parve così stranamente irrigidito, disteso al suo fianco con una fedeltà inutile.

 

– Roccooo, gridò, sperando di evocare voci ed emozioni.

 

Uno strano silenzio. L’azzurro si mutò in bianco, gradì il tepore di quella coperta leggera. Un ultimo pensiero d’amore: lasciare che del suo bastone gioisse un altro. Lo alzò al cielo con un ultimo strenuo sforzo. Così rimase, il puntale verso l’azzurro del giorno dopo.

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