Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Un amore assoluto” di Crescenzo Zito

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

La gola di Michelangelo era arsa per l’ardore che lo invadeva.
Ebbe la sensazione di spalancare all’improvviso le palpebre e intensificò lo sguardo, gli sembrò anche di muovere leggermente le labbra e percepì il formarsi di due pieghe identiche ai lati della bocca; una ruga, invece, si fece spazio sulla fronte, almeno queste erano le sensazioni che la sua mente gli rimandava.
Pensava a quanto fosse ancora bella e prestante nonostante due settimane prima avessero festeggiato il suo sessantaquattresimo compleanno. Lui la fissava con un vigore tale da rendere nudo il suo sentimento agli occhi dell’amata.
La donna sin da bambina era stata graziosa e anche risoluta; fu proprio lei a spaccare il guscio duro in cui lui nascondeva i suoi sentimenti e le emozioni. La presenza di Giulia, anno dopo anno, aveva fatto fiorire la sicurezza del ragazzo, cambiandolo nel profondo.
D’altronde Michelangelo ne era stato attratto dal primo giorno delle medie, ma solo dopo tre mesi che incrociava il suo sguardo ebbe il coraggio di parlarle.
All’epoca Michelangelo era un ragazzino longilineo dai ricci capelli castani che d’estate il sole schiariva, mentre Giulia aveva due lunghe trecce bionde che slegava non appena oltrepassava il cancello dell’istituto e solo dopo aver visto la madre andare via.
Fu proprio questo atteggiamento inconsueto a dipanare la timidezza del ragazzo che le chiese perché ogni mattina sciogliesse le trecce per risistemarsi alla meno peggio i capelli.
– Mia madre le fa ogni mattina, ma a me non piacciono.
– -Perché non glielo dici?
– Non vuole sentire ragioni.
– Ah? E ti sgrida quando torni a casa?
– Sono abituata, dice che sono un maschiaccio; non è cattiva, soltanto fissata con le trecce, comunque perché me lo chiedi?
– Chiedevo così, scusa… a me piacciono le tue trecce, niente, ciao.
– Dove vai? Pensavo volessi fare amicizia.
Il volto di Michelangelo divenne all’istante rosso fuoco.
– Ero curioso soltanto, no…
– Io non parlo agli sconosciuti, ma se vuoi puoi diventare mio amico.
– Davvero? piacere io mi chiamo Michelangelo.
– Io Giulia e ho undici anni.
– Io quasi dodici.
All’unisono le loro labbra si alzarono scoprendo dei denti di un bianco immacolato, che non sarebbe rimasto per sempre.
Le medie li aveva visti assieme ad ogni fine di lezione perché frequentavano classi differenti. Trascorrevano tutto il tempo del rientro a scambiarsi idee, informazioni e risate, Michelangelo e Giulia erano attratti imprescindibilmente l’uno dall’altra. Scelsero lo stesso liceo classico dove, al terzo anno, sperimentarono il primo rapporto sessuale

– Ciao amore, tranquillo andrà tutto bene, sono accanto a te e ci sarò per sempre.

Michelangelo ad occhi chiusi rivedeva tutta la scena del loro primo rapporto d’amore.
Tutto era rimasto dentro la sua mente; infatti, d’un tratto, salì alle narici l’odore del proprio imbarazzo per quel mostrarsi per la prima volta completamente nudo davanti a lei. Subito dopo percepì il profumo inebriante dei loro corpi che sembravano sciogliersi per fondersi l’uno nell’altro.
Rivisse la paura di farle del male, ma l’ansia di stare attento non bloccò il suo desiderio che fu incoraggiato da Giulia e, insieme, toccarono il culmine del piacere. Gli anni in divenire, col rafforzarsi del reciproco rispetto, volarono oltre ogni tabù perché forte era la loro intesa e intenso il loro amore. Un sentimento già forte si cementò maggiormente con questa profonda complicità che nessun terremoto avrebbe mai sbriciolato.
Erano carismatici e ben voluti tra gli amici anche se il loro affiatamento a volte era fonte di reazioni opposte, invidiati e amati al tempo stesso. Per quel gruppo il loro amore divenne una pietra di paragone, un qualcosa a cui ambire.

Giulia si spostò dal letto e uscì dalla stanza.
Quella notte, come le precedenti, non era riuscita a dormire.
Dieci giorni trascorsi in un dormiveglia inquieto; non sognava eppure vedeva quello che il suo inconscio immaginava.
In queste visioni a occhi semichiusi si visualizzava un’alternanza repentina della natura, improvvisamente mentre era sotto un sole cocente a sorridere e a gesticolare verso Michelangelo in acqua, si ritrovava sotto una pioggia torrenziale che animava il mare con onde gigantesche. Bloccata nel panico assisteva, impotente, allo sforzo disumano del suo amore di restare a galla. Altre notti, a occhi aperti, visualizzava sul soffitto gli eventi più negativi che avevano segnato la loro vita di coppia: i due aborti spontanei e l’impossibilità di avere figli.
Oltre la soglia la donna si guardò intorno smarrita, non riconosceva quel luogo perché avrebbe preferito essere altrove.
Pier Luigi, nell’avvicinarsi a lei con passo cauto, tolse le mani sudate dalle tasche per asciugarle lungo il camice bianco che indossava. L’abbracciò calorosamente e le parlò con voce rotta dall’emozione.
– Giulia, noi tre ci conosciamo da oltre vent’anni e non avrei mai voluto vedervi qui…
– Come è possibile che sia successo a noi? È stato un attimo, stavamo ridendo e improvvisamente tutto è cambiato…
– Devi fartene una ragione…
– Sai? Fino all’altro ieri vedevo le sue pupille muoversi sotto le palpebre, ma da ieri mattina non succede più, che cosa significa?
– Giulia quello non è importante, a volte sono solo spasmi nervosi.
– Che cosa cerchi di dirmi?
– A volte… succedono miracoli.
– Significa che la medicina non mi dà più speranza?
– Non devi disperarti…
– Sono già disperata. Tu lo sai, io ho solo lui, anzi no. Lui da cinquantatré anni è la parte più buona di me, la più bella, quella viva. Non ce la farò a vivere da sola e non voglio…Che cosa possiamo fare? Che cosa posso fare…
– Aspettare e sperare che esca dal coma, seppure l’emorragia cerebrale ha invaso tre quarti del cervello, potrà riprendersi magari solo con lievi deficit.
– Le bugie non cambiano la realtà, rimarrà un vegetale per sempre…
Giulia si sciolse in un pianto indomabile, d’altronde erano dieci giorni che reprimeva le lacrime.
L’amico l’abbracciò e accolse tutti i suoi brividi. Le accarezzava la schiena e la nuca, altro non poteva fare e contemporaneamente fissò Michelangelo attaccato a un respiratore meccanico, attraverso il vetro della stanza.
Il corpo di Michelangelo era immobile, ma la mente ripercorreva la sua vita continuamente, ora soffermandosi sull’infanzia, ora sull’età adulta. Lo scorrere anomalo del sangue nel cervello aveva paradossalmente trascinato via tutti i ricordi tristi e drammatici e lui riviveva soltanto gli eventi più felici.
Bloccato nell’inconsapevolezza che il suo cervello ricreava ciò che era avvenuto anni addietro e che riproduceva solo ciò che era già stato vissuto.
Giulia, invece, era ferma nel dolore del presente che, notte dopo notte, le riportavano solo i ricordi più drammatici.

Ogni giorno sul soffitto di una stanza asettica di un ospedale, s’alternano ora il ricordo di un amore assoluto, ora il dolore per averlo perduto.

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3 commenti »

  1. Crescenzo, ricordo bene i racconti dell’anno scorso e posso senz’altro dire che non ti sei smentito. Questo lo trovo bellissimo, delicato e straziante allo stesso tempo. Sei riuscito a mantenere una grande sobrietà pur nella descrizione di sentimenti e situazioni “estreme” – merito della tua qualità di scrittura, asciutta e senza la minima concessione al patetico.
    Davvero complimenti, e un grande in bocca al lupo!

  2. Grazie per queste parole, cara Giada.

  3. Bello nel suo stile asciutto che poco concede alle “smancerie” letterarie. Arriva dentro e colpisce. Ho apprezzato la poetica dell’amore profondo ed intenso in ogni sua manifestazione. Complimenti.

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