Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Bianca e Bruna” di Raffaele Sesti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

“E tu dove te ne vai tutta sola?”

La bambina, piccolissima, guardò con apprensione la donna grande e grossa che si trovò davanti.

Rimase in silenzio a guardare immobilizzata quella signora, con la punta del piccolo dito in bocca e l’altra che stringeva forte un lembo del vestitino rosa.

“Ho paura che questa bimba si sia mangiata la lingua, altrimenti avrebbe risposto, vero?” continuò la donna, leggermente chinata sulla piccola.

Poi visto che la bambina continuava a fissarla in silenzio, disse:

“Io sono vecchia ma la lingua non me la sono mai mangiata, perbacco! Guarda” e fece la linguaccia a quell’angioletto.

Finalmente un sorriso apparve sul volto della bambina e dopo un attimo di indecisione fece la linguaccia anche lei: una bella linguaccia come si deve con tanto di occhi strizzati dallo sforzo.

“Ma allora ce l’hai.. sei una furbetta, ecco cosa sei te!” le disse la donna sorridendo.

La bambina si sentì più tranquilla e quella signora alta non le fece più paura.

“Come… come ti chiami?” Chiese timidamente la piccola.

“Ecco qualche parola finalmente! Io mi chiamo Bruna e te?”

“Io…” per un momento parve insicura su cosa rispondere, come se non sapesse il suo nome.

Poi continuò: “io mi chiamo Bianca”.

“Bianca e Bruna!” esclamò divertita la donna anziana, “siamo due colori!”

Bianca scoppiò in una piccola risatina che le fece muovere il bel caschetto di capelli castani e morbidi.

Si erano incontrate per caso su di una rampa di scale: Bruna che saliva lentamente reggendosi male sulle ginocchia malandate e Bianca che scendeva uno scalino alla volta attaccata al muro ed impaurita dall’altezza.

“Sembri così.. così grande..” disse la piccola dopo un attimo di silenzio.

Bruna esplose in una grassa risata che le fece vibrare tutto il corpo, una risata corposa che riusciva a scaldarti fin dentro le ossa e mentre ancora rideva si mise con fatica a sedere su un gradino per far riposare le ginocchia logorate dagli anni e dal troppo peso.

Poi massaggiandosi quelle articolazioni, rispose:

“Io sono vecchia, ho le ginocchia che mi fanno male e la schiena che ogni giorno mi fa uno scherzo nuovo ma sono ancora arzilla sai?” e iniziò a cantare come piaceva a lei, con la voce ancora forte e vigorosa che rimbombava lungo la tromba delle scale.

A Bianca quello spettacolo piacque così tanto che alla fine batté forte le piccole mani in un applauso tutto per Bruna.

“Perché ti fanno male le ginocchia?” chiese dopo che ebbe finito di applaudire.

“Perché ho tanti anni mia piccola amica.”

“E quanti anni hai?”

“Quasi 90. Dimmi, tu sai contare fino a 90?”

La bambina si guardò le dita delle mani, poi guardò Bruna e infine tornò a guardarsi le mani: come faceva a contare fino ad un numero tanto grande se le sue mani avevano così poche dita?

“E perché hai così tanti anni? Non potresti averne meno?” chiese dubbiosa la bambina.

Bruna scoppiò in un’altra delle sue allegre risate ma Bianca questa volta non la seguì visto che non capiva proprio come si faceva ad avere così tanti anni.

La donna con ancora la voce termante dal ridere le disse:

“Magari piccola mia, magari… Ora  aiutami ad alzarmi per favore!”

La bambina aiutò come poteva la signora e quando la donna chiuse la mano intorno a quella che Bianca le aveva offerto, la vide scomparire dentro la sua e per un attimo ebbe paura di non rivederla più.

“Cara Bianca, son pinta…” disse Bruna una volta che le sue ginocchia smisero di dolerle.

“Mi hai detto che sei Bruna, non Pinta!”

“Ma no..” rispose divertita la donna, “io mi chiamo Bruna ma nel mio paese, nel paese da dove vengo io, quando una persona dice che è pinta, vuol dire che è arrivata.”

“Arrivata dove?”

“Lo capirai quando avrai la mia età. Ora però ti conviene andare, la tua mamma ti starà aspettando.”

La piccola rimase qualche attimo in silenzio, indecisa su cosa fare.

“Vieni giù con me? Ho un pò paura a scendere da sola” le chiese Bianca guardando dabbasso.

“Mi dispiace piccola, ti accompagnerei volentieri ma mi hanno già chiamato un paio di volte di sopra e non posso ritardare.”

“Nemmeno un pochino?”

“Nemmeno un pochino” rispose Bruna con un sospiro, “e poi se ti accompagno giù dopo chi le rifà tutte queste scale con le ginocchiacce malridotte che mi ritrovo!”

Bianca era dispiaciuta.

“Però prima di salutarci, lo dai un bacetto a questa vecchia signora?”

La bambina non si fece pregare e dopo averle dato un bacino sulla guancia solcata da rughe profonde, gliene diede subito un altro, questa volta anche con uno schiocco bello rumoroso.

Bruna quasi si commosse da quei baci, gli ricordarono quelli dei suoi nipotini.

Si salutarono con un lungo abbraccio, poi ripresero l’una a salire con fatica e l’altra a scendere impaurita.

***

A fine giornata quell’ultimo lavoro era quello che gli pesava di più.

Era stanco, aveva passato le ultime 10 ore a correre in quell’edificio pervaso dall’odore di disinfettante e le uniche cose che ambiva alle sette e mezzo di sera, erano una doccia e un buon libro.

Invece prima di potersi concedere i suoi vizi, doveva riportare su un apposito registro tutte quelle che lui chiama le entrate e le uscite del giorno.

Il nome ufficiale di quell’ultimo compito della giornata era un inglesismo del cavolo, di quelli che riempiono la bocca senza voler dire proprio un bel niente, quindi lui continuava a chiamarlo così anche in presenza dei suoi responsabili e chissenefrega.

Quello che doveva fare era prendere le cartelle che gli avevano consegnato durante tutta la giornata e trascrivere i nomi in un apposito registro, da consegnare poi al collega del turno successivo.

Prima di iniziare si concesse una sigaretta, godendosela in silenzio ed osservando il fumo azzurrognolo che saliva dritto come uno spaghetto verso il soffitto. In quel minuscolo ufficio che aveva tutte le carte in regola per essere un ripostiglio per le scope, era da solo e sebbene ovunque in ospedale fosse severamente vietato fumare, lui continuava a farlo senza curarsi delle possibili conseguenze.

Finì la sigaretta che spense schiacciandola sul brutto pavimento, aprì la finestra per eliminare un poco l’odore pungente di fumo e si sistemò alla scrivania.

“Bene iniziamo e togliamoci dalle scatole in fretta” disse aprendo la prima cartella.

Sotto la luce gialla e densa della lampada sistemata sul tavolo pieno di scartoffie, iniziò a compilare i campi del registro partendo dalle uscite:

DECESSI nella struttura ospedaliera in data odierna (11-10-2017)

Giovanna Buscemi in Girolami: anni 53. Ora del decesso: 11.32

Roberta Giannoni: anni 44. Ora del decesso: 17.22

Stefano Mastrosso: anni 72. Ora del decesso: 13.14

Bruna Matteini: anni 89. Ora del decesso: 14.54

NASCITE  nella struttura ospedaliera in data odierna (11-10-2017)

Bianca Lucchetti: ora di nascita: 15.15

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1 commento »

  1. Prima parte del racconto:tenerissimo quadro d’incontro fra la vita e la morte. Mi ha colpito molto. Personalmente avrei evitato la seconda parte, (non era necessaria, era chiaro il senso del racconto) che ha smorzato la tenerezza e l’atmosfera metaforica, ma forse era proprio questo il tuo intento.

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