Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “L’incontro con Manuela G.” di Rita Poggioli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Il mio primo giorno di scuola, come insegnante, giurai a me stessa che mai e poi mai avrei dovuto dimostrare sentimenti di affetto o simpatia per qualche alunno in particolare. Ritenevo che tra le doti di una buona maestra ci dovesse essere l’imparzialità, l’equità, il buon esempio.
Tutto questo era stato un buon proposito che la mia mente aveva previsto in teoria e che speravo di poter mettere in pratica al più presto, con i miei piccoli alunni.
Quando finalmente ottenni la mia classe, una quarta, formata da 12 maschi e 10 femmine, cercai di tener fede alla mia idea con impegno e serietà.
Insegnavo lontana da casa, ma ero contenta perché amavo il mio lavoro e in poco tempo mi affezionai a quei bambini, ad ognuno di loro allo stesso modo.
In verità, nella classe, c’era una bambina taciturna e un po’ scontrosa, che era sempre seduta scomposta, con una gamba piegata sotto il sedere o con la testa, piena di riccioli rossi, appoggiata sopra il banco.
Si chiamava Manuela, era bassa e minuta e, al contrario delle compagne, copriva volentieri i suoi vestiti sotto un grembiule sempre chiuso e giallognolo. Neanche i suoi modi erano migliori: era maldestra e disordinata e nelle sue piccole mani, le unghie un po’ lunghe lasciavano intravedere il nero dello sporco che trattenevano sotto.
A scuola era un disastro, non faceva mai i compiti e non aveva mai il materiale giusto nella cartella, per cui spesso la rimproveravo e non le davo buoni voti. Sgridate e voti bassi però non spaventavano Manuela che sembrava del tutto indifferente alla situazione scolastica, che non migliorava, anzi peggiorava sempre di più.
– Se continuerai così, presto dovrò parlare con i tuoi genitori – le dissi un giorno.
La bambina non rispose, mi guardò mentre i suoi occhi pieni di lacrime e delusione sembrava che mi dicessero:
“Tu non capisci!”
Prima di convocare i genitori, pensai di rintracciare Laura, un’insegnante che già conoscevo, che aveva seguito la classe in prima ed ora era stata trasferita in un’altra città.
La contattai per telefono e parlammo a lungo.
– Sì, Manuela…Ricordo bene la bambina, era molto volenterosa e vivace. Dotata di un’intelligenza brillante, sempre con la mano alzata per la voglia di rispondere e partecipare alle conversazioni. Ben educata, garbata nei modi e sicuramente più matura della sua età.
-Stiamo parlando di Manuela G. vero? – chiesi
-Certo, in quella classe di Manuela ce n’era una sola – rispose Laura
Seguì un silenzio così lungo che aggiunse poco dopo:
-Pronto? E’caduta la linea?
-Ci sono – risposi – Grazie, grazie tante!
Vidi la mia faccia perplessa riflessa nello specchio. Avevo ancora il ricevitore appoggiato all’orecchio perché erano troppi i pensieri che mi frullavano nella mente.
“Com’era possibile che parlassimo della stessa bambina?”
Decisi che avrei cercato anche il maestro che era stato con la classe in seconda, che adesso aveva avuto la sede in montagna, nel suo paese di residenza.
Le sue parole non furono tanto diverse da quelle della maestra Laura:
– Manuela era molto brava, sempre pronta ad aiutare i compagni meno capaci. Ben voluta da tutti i bambini, molto ricercata. Sicuramente una delle migliori della classe.
Non potevo avere notizie precise dall’insegnante dell’anno precedente perché nessuno sapeva come rintracciarla, feci in modo quindi di scoprire qualcosa di più della vita di Manuela, chiedendo a qualche genitore dei compagni della bambina.
Seppi che la famiglia di Manuela stava attraversando un periodo molto difficile. Alla fine della seconda il babbo si era ammalato e la mamma lavorava tutto il giorno per poter portare avanti la famiglia, che era composta, oltre che dai genitori, da tre bambini.
Manuela era la più grande e cercava di aiutare in casa, sorvegliando i fratellini e il babbo che ormai non riusciva più ad alzarsi dal letto. Questa grave situazione però aveva influito non solo sul suo rendimento scolastico, ma anche e soprattutto sul suo carattere, che era diventato malinconico e triste.
Il sacrificio che era richiesto alla bambina andava ben oltre le sue possibilità, ma lei non si era mai lamentata della sua vita, né se ne era servita per giustificarsi con me.
Aveva ascoltato i miei rimproveri senza fiatare.
Mi resi conto di aver sbagliato tutto: tra noi due la grande era stata lei.
Cercai di rimediare e da allora mi rivolsi a Manuela con maggior dolcezza, coinvolgendola di più nelle conversazioni, sedendomi vicino al suo banco per aiutarla a fare i compiti da recuperare.
La bambina era meravigliata dal fatto che io non mi arrabbiassi più per le sue mancanze.
I primi tempi provava a dirmi:
– Maestra ieri non ho fatto…
– Lo so – le rispondevo – non preoccuparti!
Pochi giorni prima di Natale portò a scuola una conchiglia bianca.
– Questa è per te. Volevo ringraziarti. – mi disse
Quel gesto, spontaneo e generoso, mi commosse moltissimo, ma cercai di non farglielo vedere.
Le detti un bacio e le augurai “Buone feste!” accorgendomi, quasi mentre lo dicevo, di aver fatto un altro grosso sbaglio. Sicuramente non sarebbero state buone feste ed avrebbe ricordato quel Natale come il più triste della sua vita.
Perse suo padre la prima settimana di gennaio.
Quando rientrammo a scuola Manuela era lì, con il suo visino triste e preoccupato. La strinsi forte e lei ricambiò l’abbraccio, senza piangere. I compagni le stettero vicini ed io continuai ad aiutarla. Col tempo la bambina tornò a sorridere e ad avere ottimi risultati.
Alla fine dell’anno ci salutammo e mi disse:
-Grazie di tutto, sei una maestra brava. Io non ti scorderò mai.
Questa volta non riuscii a nascondere la mia commozione e risposi:
– Anche tu rimarrai sempre nel mio cuore!
L’anno successivo cominciai ad insegnare nella mia isola. Non ho mai scordato quella bambina anche se per molto tempo non ebbi sue notizie.
Dopo otto anni ricevetti una breve lettera:

“ Cara maestra,
spero che tu ti ricordi ancora di me: sono Manuela G.
Volevo dirti che proprio ieri ho finito il mio esame di maturità che ho superato brillantemente. Credo che il merito di tutto ciò sia anche un po’ tuo. Non ce l’avrei fatta se non ti avessi incontrata, se tu non mi avessi aiutata, se tu non avessi creduto in me. Sei una persona buona e la migliore insegnante che io abbia mai avuto. In questi anni di studio ho capito che mi piacerebbe diventare una maestra di sostegno, aiutare i bambini in difficoltà. Se ci riuscirò, vorrei essere come te.
Grazie ancora
Manuela

Dopo aver letto le sue parole indirizzai lo sguardo verso la mensola della libreria dove da anni tenevo la sua conchiglia bianca.
Mentre la guardavo capii che forse non era vero che per un’insegnante i bambini sono tutti uguali. Ce ne sono alcuni che riempiono il nostro lavoro di significato ed importanza, quelli che ci ricordano che in alcuni casi noi possiamo essere determinanti, che siamo in grado di fare la differenza e di toccare la loro vita. Manuela mi aveva fatto capire che non si è scorretti ad avere degli alunni speciali, se ad essere “i preferiti” sono quelli che hanno più bisogno di noi.

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4 commenti »

  1. Un’esperienza vissuta anni fa, quando iniziai a fare l’insegnante. Mi farebbe molto piacere se qualcuno commentasse il mio racconto.

  2. Un racconto tenero e profondo, che racchiude una splendida lezione di vita. Bravissima, Rita!

  3. Da insegnante posso dirti che l’empatia sia fondante nella relazione educativa. Contenta che tu abbia vissuto un’esperienza tale e che ti abbia segnata al punto di scriverne.

  4. Il ruolo degli insegnanti è fondamentale. Sempre, nel bene e purtroppo alcune volte anche nel male, il loro operato influisce enormemente nella crescita dei bambini e dei ragazzi.

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