Premio Racconti nella Rete 2010 “Canta che ti passa” di Rosa Filardi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010Non riusciva a trovare una posizione che le alleviasse, almeno per un po’, quel maledetto dolore. Che ore erano? Le dieci o forse le undici? Tra poco avrebbero servito il pranzo e l’avrebbero smessa di agitarsi così. Le sentiva ridere e urlare le sue compagne, e le invidiava, per quella loro libertà di potersene stare all’aria aperta. La stessa invidia che aveva provato da bambina quando doveva rimanere in casa, per punizione, mentre avrebbe voluto raggiungere le amiche nel cortile. Ma eccole risalire adesso queste qua, rumorose come un fiume in piena, ed ecco le loro parole farsi rabbiose, tagliare l’aria. Quello era il momento in cui perdevano ogni controllo. Non era facile rassegnarsi a rientrare. Giovanna tendeva l’orecchio, in attesa della rissa che da lì a poco sarebbe scoppiata, e allora avrebbe sentito anche tutto il loro dolore insieme al suo. Partiva il primo colpo, seguito da un secondo e poi da un terzo e così via, una successione di colpi. Poi le secondine intervenivano e tutto finiva, e allora le sentiva rientrare nelle proprie stanze, a passo lento, strascicato. Si portavano addosso un odore acuto di piscio e varichina, come il pavimento di camera sua, come ogni altra cosa là dentro. Riconosceva il suono dello scorrere dei chiavistelli sui battenti di ferro, e le mandate nervose che le guardiane s’affrettavano a dare. Ma tra le proteste e i borbottii eccole che cominciavano ad intonare quella vecchia canzone, sempre la stessa, che le piaceva tanto. “Canta” – dicevano le donne – “canta che ti passa la paura… canta che la vita è meno dura…” La cantavano strascicando passo e parole, ridendo e urlandoci in mezzo, parlando fra di loro, finché a lei non rimaneva che una sordida eco dell’accaduto, ed una curiosità morbosa di sapere.
Amelia, la secondina che le portava il cibo, una scodella di minestra scotta e tiepida, sarebbe arrivata presto, poco dopo le 12 , dopo aver servito le altre, e allora avrebbe saputo. Sapeva tutto di tutte là dentro. Gli incontri con lei erano per Giovanna i momenti più belli di quelle sue giornate. Amelia arrivava, le si sedeva accanto nel letto, e cominciava a raccontare.
E anche lei le aveva raccontato tutto ad Amelia, di quella notte tremenda, dell’incidente, del suo arresto, di Marco. S’era preparata il suo borsone e ci aveva ficcato dentro tutte le cose per la danza: il body, la calzamaglia, gli scaldamuscoli, la fascia per i capelli, e poi l’accappatoio e il necessario per la doccia. Era scesa di corsa per le scale dopo aver salutato in gran fretta i genitori ed aver detto loro che avrebbe fatto un po’ tardi. Marco sarebbe venuto a prenderla a danza. L’avrebbe portata al cinema o forse a cena, e poi, fuori dal ristorante o dal cinema, le avrebbe preso il viso tra le belle mani, grandi e magre, l’avrebbe baciata e lei avrebbe subito avuto voglia di averlo tutto. Sarebbero saliti sulla moto e sarebbero andati di corsa a casa sua a fare l’amore.
Poi Marco era arrivato, trafelato, e le aveva proposto di andare a casa subito. Aveva messo in fretta alcune cose nel suo borsone, avviato la moto ed era volato via insieme a lei. A casa Giovanna si era sentita bruciare dal desiderio. Lui l’aveva cercata con una tale furia e le aveva detto cose che l’avevano fatta impazzire. Se n’erano stati uno addosso all’altra per ore, poi lei gli aveva detto che era lì, con lui, l’unico posto dove avrebbe voluto essere in quel momento. Allora Marco l’aveva guardata, e il suo era un sorriso che non gli aveva mai visto. Si era alzato, aveva aperto il borsone, e ne aveva estratto una busta . Lei ne seguiva i gesti, senza capire. Marco le si buttò addosso e le disse euforico “ Ti va di farti con me? – Ancora non capiva Giovanna “Di che cazzo stai parlando?”- “Voglio che ti fai con me. Sarebbe bellissimo, amore. Dài, ti prego. E’ la cosa che più voglio al mondo. Fatti insieme a me, e staremo benissimo. Vedrai!”-
Allora lei aveva cominciato a capire -“Ma che storia è questa? Da quand’è che hai cominciato?” – Lui le dice che si è fatto solo un altro paio di volte. Che dovrebbe provare anche lei che bello che è. Che l’ama da impazzire e che quella roba lì li farebbe stare davvero bene. MA NOI STIAMO GIA’ BENE! Gli urla Giovanna fra le lacrime. Raccoglie la gonna e la maglia che nella furia del loro amore, aveva sparso qua e là. Si infila le scarpe e la giacca, tira su il borsone, e se ne va. La pioggia insistente non le fa vedere bene, o forse sono le sue ciglia rigate di pianto che glielo impediscono. Ricorda poco Giovanna. Solo due fari puntati, lei che inciampa negli stivali di gomma, il vano tentativo d’aggrapparsi ad un palo della luce che si trovava in quell’angolo, dove la macchina va a sbattere. Poi, un gran bagliore che illumina il volto dell’uomo al volante – Non voglio morire!- ricorda d’aver pensato, poi più niente.
Il risveglio all’ospedale era stato forte. Il dolore delle ustioni era atroce. Non riusciva a muoversi, non riusciva a ricordare. Poi, l’incubo. Il poliziotto che le si avvicina chiedendole di alcune buste di droga trovate nella sua borsa, e lei che non sa di cosa parla. Poi, le viene in mente – Marco!- ma al poliziotto dice soltanto: “ Non è roba mia quella! – Non ce l’ho messa io!”. – E allora di chi è? Chi te l’ha data? Perché era nella tua borsa? – le urla in faccia il poliziotto. Ma Giovanna non può, non vuole dire. 20 giorni di prognosi le hanno dato i medici, ma dopo alcuni giorni, ecco che scatta l’arresto, il suo trasporto a S. Vittore.
Amelia si alza di scatto “Dovresti dire tutto invece… perché lo proteggi quel vigliacco farabutto?”
– “Non lo proteggo. Aspetto.”
– “Ma che? Cosa speri?”
-“Non spero. Ne sono sicura. So che farà la cosa giusta.”
-“ Ma se sono passati quasi quindici giorni dal tuo incidente… e sette li hai già spesi qua dentro…”
– “ Ha solo bisogno di un po’ di tempo…”
-“ Tu sei matta!”-
Giovanna le sorride. Le sente le loro risate, le sente far fracasso, cantare, le sue donne, e già le ama. “Canta…” – stanno dicendo- “canta… e ti svegli domattinaa… che la vita ti è vicinaaaa”. Stai all’inferno ma è qui che puoi cogliere la vera vita.- Pensa Giovanna mentre le ascolta cantare. “ Ha solo bisogno di tempo…”- pensa, sorridendo ad Amelia –