Premio Racconti per Corti 2010 “Il mare chiude” di Rosa Filardi
Categoria: Premio Racconti per Corti 201029 giugno 2009
Spiaggia. Una donna di fronte al mare sta per cedere al magone dell’infinito.
Il sole è in basso nel cielo che sta per baciare il mare. Le nuvole cominciano a distendersi formando un’unica fascia viola, passando dall’arancio caldo al rosa-pesca., mentre le onde si infrangono sulla riva e sulle rocce lontane che improvvisamente si fanno opache e scure. Le voci del giorno ora se ne stanno racchiuse in un unico suono-respiro, regolare e monotono, del mare che si è quietato d’un tratto.
“Il mare chiudeee!” – fischia il bagnino. E comincia a piegare e a metter via i lettini, a chiudere gli ombrelloni, a pulire la spiaggia con l’attrezzo apposito, dando sfoggio di forza e muscoli. Fa questo ogni sera, ogni stagione, da anni.
“Come fa a chiudere il mare?” –chiede ridendo la piccola Sofia uscendo di corsa dall’acqua e tuffandosi nell’asciugamano che sua madre tiene aperto tra le mani, aspettandola.
“Certo anche il mare si stanca prima o poi e va a riposare” – le risponde Marta ridendo e strofinando con grande energia i capelli della figlia.
“Ahia mamma, così mi fai male però!” – Sofia è una bambina bellissima. I suoi occhi due biglie del colore della giada. Dall’acqua esce correndo e tremando Lorenzo di 10 anni. Marta lo abbraccia forte a sè, avvolgendolo in un altro asciugamano. Gli friziona la testa e gliela copre di bacetti, continuando a stringerlo e a ridere.
Pineta. Sofia e Lorenzo pedalano davanti alla madre, stanchi e felici La luce del mare, e il caldo del giorno si stanno chiudendo alle loro spalle. La pineta si fa più ombrosa e fresca. L’odore pungente di legno di pino e di resina sale mescolando gli odori di olii e creme solari dei bagnanti che rientrano dal mare. La pineta accoglie le voci squillanti dei bimbi che non la finiscono di parlare. Ascoltarli mette a Marta una spensierata allegria che prova solo con loro.
Casa. “ No. Non accompagnatemi alla stazione. Rimanete qui tranquilli con i nonni.” –dice ai bambini –“Ci vediamo tra qualche giorno.”-Loro protestano un po’, ma poi gli mette il loro cartone preferito ed esce.
30 giugno. Roma. Casa di Marta. 9 del mattino. Un telefono squilla : “Che succede pa’, che hai?”- “Niente. Noi tutto a posto… ma qui a Viareggio è tragedia. E’ successa una cosa terribile… alla stazione… stanotte… è scoppiata una cisterna su un treno merci… un sacco di morti, di feriti. Una disgrazia terribile… non hai saputo niente tu?”-
“No. Ma com’è successo? Chi è stato? State bene? I bambini?”
“Si. Si. Noi bene. I bambini bene. Sta tranquilla… ma quei poveri disgraziati, quelle povere famiglie… non ci posso pensare.”
Marta accende la televisione. Fiamme e fumo, autoambulanze, feriti, paura, sgomento, disperazione.
3 luglio. Stazione di Viareggio. Il treno rallenta, marcia a passo d’uomo. Marta si affaccia al finestrino e vede quel che rimane delle case in fiamme che ha visto nei giorni scorsi in tv. Quel che è accaduto è ancora là, in quelle finestre senza volti affacciati ai davanzali, bocche vuote spalancate all’unisono in unico grido di terrore e angoscia. Ci guarda dentro, ma è un buio così fitto che non lascia vedere.
4 luglio. Alle 11 di mattina a Viareggio ci sono stati i funerali di Stato.
Spiaggia. 5 del pomeriggio. Marta e i bambini arrivano al solito bagno. Lorenzo racconta di essersi svegliato per il forte botto quella notte, e di aver sentito poi tante sirene di autoambulanze tutte assieme. –“Poverini”–dice- Mi dispiace tanto per quelle persone”- Poi tutti e tre interrompono ogni discorso per guardare il mare, e la lunghissima spiaggia semi-deserta. Gli ombrelloni rimasti chiusi per quel giorno sembrano grossi uccelli muti, con le ali schiuse e il capo reclinato sul petto. Il mare anch’esso silenzioso e cupo sembra aver steso improvvisamente il suo mantello grigio invernale. Le onde si alzano stancamente, s’ammassano e s’abbassano per poi schiantarsi a riva con il tonfo di una bestia ripetutamente colpita a morte. E’ un lungo lamento che dall’orizzonte si trascina a riva, schiumando e sputando sabbia, pezzetti di rami, alghe, plastica e legni, per poi ritirarsi lasciando per alcuni secondi la sua impronta trasparente sulla sabbia bruna.
–“Il mare ha chiuso prima oggi” –si stupisce Sofia sgranando i suoi occhi di giada.
Marta si stende a riva sul suo asciugamano mentre i bimbi vanno a giocare con altri amichetti. Quando alza la testa per cercarli il sole è ormai basso nel cielo, e le nuvole cariche d’un grigio rosato minacciano una premonizione. Ad un tratto Lorenzo arriva insieme a Sofia che sta mangiando un grosso gelato, e urla “ Ma mamma, che fai? Sofia s’è persa e tu neanche la cerchi?”-
Dietro di loro un gruppetto di persone, tra cui un signore che molto garbatamente rimprovera Marta “Guardi che la bambina la stava cercando, sa. Ma non si è accorta che s ‘era allontanata?”-
Marta ancora stordita dal sole si alza accennando un sorriso come di scusa.
“Ma veramente, io ero tranquilla… l’ho vista giocare con un’ amichetta che conosco bene, al suo ombrellone.”-
“Stia attenta signora. Con tutto quel che accade oggi… meglio stare sempre all’erta sa. Comunque tutto bene, l’abbiamo trovata. Il signore del bar le ha regalato il gelato per consolarla.”
Marta ringrazia l’uomo, e abbraccia forte forte la figlia sporcandosi di gelato.
Entrambe guardano il sole calare velocemente e le onde rompersi in mille direzioni prima di riunirsi per lasciare il loro luccichio perlato sulla riva. Si alza la brezza, ma adesso è un brivido gelido su tutta la schiena e sulle gambe di Marta che posano ancora incerte sul terreno sabbioso.