Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Incontro a se stessa” di Martina Palandrani

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

<<Notte Sama!>> disse l’uomo allungando il braccio fino all’interruttore dell’abatjour.

Dall’altra parte del letto non giunse alcuna risposta, Sama si era già addormentata, tutta rannicchiata, con l’estremità inferiore del viso che quasi toccava le ginocchia.

Il silenzio simil religioso di quella notte di metà aprile era spezzato solo dallo sfregamento scomposto e disorganizzato dell’uomo sul lenzuolo sbiadito.

La radiosveglia segnava le 2.00 ed era ormai mezz’ora che Mirko si girava e rigirava nel letto; il cuscino era tutto inumidito dal sudore che traspirava dallo scalpo, i movimenti erano sconclusionati, le parole lallazioni e il corpo intero ostaggio di un sogno turbolento.

 

 

Il bagno era una sauna. Dalla vasca esalavano vapori e profumi che richiamavano i frutti più esotici dell’equatore misti alla stella alpina delle più alte vette.

Nicoletta aveva addosso solo l’accappatoio, quello lilla, che le aveva regalato lui nell’ultimo Natale insieme.

Mirko la spiava dalla serratura. Quella piccola fessura gli permetteva di vederne soltanto la circonferenza perfetta della rotula, la delicatezza rosea della pelle, e la mano che, con ripetuti movimenti circolari, vi spalmava sopra un olio alle mandorle e semi di lino che la rendeva ancora più luminosa.

Tutto quello che non riusciva a vedere, poteva immaginarlo e questo solo gli bastava ad aumentare la frequenza dei battiti sotto il petto gonfio e glabro.

Ora Mirko era entrato in bagno, senza però passare dalla porta, con una magia che, se non sei David Copperfield, solo nei sogni ti riesce.

Nicoletta lo aveva salutato con un sorriso che apriva i battenti ad una dentatura regolare e bianchissima e in un angolo di destra faceva capolino il luccichio abbagliante di un brillantino.

Quante parole c’erano in quella bocca socchiusa…

Ora quel corpo di donna bramato, bagnato e bollente, vicinissimo a lui, gli porgeva il flacone dell’unguento, un invito che infuocava l’uomo intimamente.

 

 

<<Via via via!!! Veloce veloce veloce!!! E tu brutto ciottolo, spostati! non vedi che sei d’impiccio?>>

Continuava a ripetere fra sé Sama, come se ogni imperativo fosse del carburante in più per alimentare le sue gambe.

<<No eh! Ma proprio no! E che è??? Mo’ basta veramente! E va bene abitare in quel buco, lontana dai miei amici, sempre e solo con lui; va bene pure andare a fare le mie cose con lui e quando dice lui (manco fosse suo lo stimolo!), to’ va bene pure tutti quei lavaggi e quegli spruzzi al centro bellezza che mi riempiono ogni volta le narici fino a farmi starnutire, ma mo’ pure quando dormo no eh!!! Eh No! Io quando dormo non voglio essere disturbata! Sono proprio stufa!>>

L’aria correva in senso opposto al suo e le si rompeva tutta in faccia, umida e pesante che quasi le sembrava di avere ancora addosso il corpo smanioso dell’uomo.

Il centro abitato si allontanava alle sue spalle e, voltatasi, non poté non notare che erano anni che non faceva più una bella corsa. Tirò un sospiro di sollievo e continuò.

 

 

Mirko non si era neanche accorto della fuga di Sama, così come non si era reso conto che, tanto eccitato dalla visione onirica della sua ancora amata Nicoletta, aveva tentato di approfittare della sua amica che gli dormiva accanto.

 

 

Intanto la notte cominciava a diradarsi, la città era rimasta lì, non aveva avuto il coraggio di unirsi alla fuga di Sama verso la libertà; l’aveva solo guardata allontanarsi fino a perderla nel verde della periferia.

Ai bordi della stradina sterrata solo campi verdi che si coloravano di sfumature di diversa intensità a seconda di come la luce dell’alba riverberava su di essi.

Sama rallentò; si fermò dietro ad un piccolo cespuglio, quando si accorse di non essere sola. In lontananza qualcuno si muoveva e andava proprio nella sua direzione.

Quando l’altro le fu più vicino, capì di chi si trattava e tutto le fu subito molto chiaro:<< Innanzitutto via ‘sta roba che mi stringe qui sulla schiena e sul petto che a momenti non respiro – dimenandosi – com’è che si chiama? Ah, sì, “dogdoll”! Ma va…>> e la lanciò lontano spingendola con una gamba.

<<Ora una bella strofinata sull’erba fresca, un po’ di terra bagnata sotto i piedi, una grattatina dietro alle orecchie… ah adesso sì! Di certo meglio l’odore di rugiada che non di quel talco “al non so che” di cui mi riempivano quelle due del bagno! Eccomi, sto arrivando mio bel cagnolone!!!>>

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