Premio Racconti nella Rete 2018 “Lucy” di Francesca Messina
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Nel dormiveglia la luce attraversa le palpebre chiuse e Lucy vede un chiarore, punti colorati, linee moventi, sul viso sente il calore del sole ancora basso, dei suoi raggi radenti. Si gira dalla parte del buio, muove le spalle per scansare una pietra, ha ancora sonno, con le mani si tappa le orecchie per non sentire il frastuono degli uccelli. È stanca, il piccolo intanto si è svegliato, piagnucola, la cerca, e lei allora si rigira e sempre ad occhi chiusi lo attacca al seno. Sente che il suo uomo si è alzato, anche lui è stanco, è stato di guardia stanotte: il fuoco non doveva spegnersi, ogni notte il fuoco deve restare acceso da quando c’è il piccolo, il suo odore attira le bestie. L’uomo ha capito che gli animali hanno paura del fuoco, ha trovato una caverna con l’imboccatura stretta, l’ha nascosta lì quando è arrivato il momento, e la notte tiene acceso il fuoco davanti all’ingresso. Neanche il cane ha dormito, sempre con le orecchie tese, pronto a dare l’allarme.
Il suo uomo sa fare tante cose, a volte sta lì fermo per ore e poi comincia ad appuntire una pietra e a lavorare un pezzo di legno e poi con grugniti di soddisfazione le mostra un nuovo oggetto, una piccola ciotola, e poi una più grande, per prendere l’acqua dal ruscello e portargliela, quando per i dolori non può più camminare. Ha trascorso giorni interi a osservare il ragno che tesseva una grande tela tra gli alberi, e una sera è tornato nella caverna con piccoli rami ancora morbidi e li ha intessuti, e i suoi occhi brillavano di gioia. Raccoglie i nidi abbandonati e li usa come cestino per i frutti e le bacche da portarle, quando lei non può arrampicarsi sugli alberi. Il suo uomo ha cominciato a fare dei segni nella roccia, poggia la mano e con l’altra incide con la punta della freccia attorno alle dita, poi confronta la sua mano e quella nella roccia e ride, anche Lucy ride. Adesso quando torna dalla caccia disegna le bestie che ha incontrato, per fargliele conoscere. E poi le indica, ognuna con un verso differente: la gazzella ga-ga, il leone aurr, il serpente sshh, ormai le urla sshh quando un serpente sta strisciando verso il piccolo e lei capisce. Il suo uomo è diverso dagli altri, i fratelli che vivono sugli alberi e passano il tempo a spulciarsi e a combattere contro gli altri gruppi. Le erano piaciuti subito i suoi occhi teneri e sognanti, si erano accoppiati, ma il capo della sua famiglia, il maschio alfa, la voleva tutta per sé. Né lei né il suo uomo si erano sottomessi ed erano dovuti fuggire, lontano, soli e indifesi nella foresta inesplorata al di là del fiume.
Lui si muove in piedi, anche lei si sposta solo sulle gambe e il piccolo sta imparando a camminare.
Il sole si è coperto, nuvole nere annunciano le grandi piogge, fra qualche giorno il ruscello si gonfierà ed inonderà la caverna, Lucy ormai lo sa, ha imparato a riconoscere i segni e a ricordarli. È arrivato il momento di andare verso quelle terre dove sorge il sole, camminando giorno dopo giorno, mangiando nuovi frutti e bacche, a caccia di prede con il piccolo avvinghiato al corpo, in cerca di un sicuro rifugio per quando sarà arrivato di nuovo il momento. Adesso il sole non la disturba più, dormirà un altro po’, deve recuperare le forze per il lungo viaggio, che inizierà quando la luna sarà quasi piena e la stella più brillante sorgerà prima del sole.
Un suono stridulo, insistente, sempre più forte, Lucy ha paura, con grande timore apre gli occhi.
Istintivamente muove la mano per schiacciare un tasto: il suono si spegne. È abbagliata dal sole che si allarga tra le nuvole dopo il temporale.
Ancora non del tutto lucida Lucia si guarda intorno: sul comodino il suo bicchiere d’acqua, la sveglia che ha appena toccato, a terra il libro che le è scivolato dalle mani quando si è addormentata: “Sapiens”. Finalmente sveglia sorride: Lucy è venuta nel sogno a raccontarle la sua vita.
Lucia si stiracchia ancora un po’ nel supermaterasso memory, col telecomando stacca l’allarme perimetrale, e ciabattando si avvia per la colazione: un tasto per il caffè, un altro tasto per il cappuccino, yogurt magro dal frigo, cereali integrali, frutti esotici… chissà, forse proprio quelli che mangiava Lucy.
Poi esce sul terrazzino sopra i tetti del centro storico, per fumare la prima delle sue cinque sigarette quotidiane e controlla le piante: qui manca l’acqua, lì una rosa sta sfiorendo e la recide per far posto agli altri boccioli, il piccolo arancio è pieno di zagara, si accosta con prudenza per goderne il profumo, anche le api stanno facendo colazione. Un ultimo sguardo ai tanti campanili della città, ed è già ora di andare a scuola.
Anche Lucia è stanca stamattina, l’aspetta una cattedra solitaria davanti a trenta adolescenti col capo reclinato, come dei penitenti, e le mani sotto il banco, come in punizione, mentre lampi di luce illuminano i loro visi e silenziosi dlin ingolfano le loro orecchie. Un’immane sfida con i social: storia e letteratura contro Facebook, WhatsApp, Instagram. Bisogna agire d’astuzia, vietato vietare, meglio instillare il dubbio della manipolazione, smascherare le fake news, inculcare l’orgoglio delle proprie idee commentando le cronache, per insegnare a difendersi dalle moderne guerre mediatiche e dalla violenza occulta.
Una sfida a volte disperante, ma Lucia non demorde: lei è forte e risoluta, ha vinto la guerra contro il padre, un maschio alfa dispotico e violento in una famiglia succube e omertosa. Lucia ha osato reagire, è diventata la vittima prediletta, bersaglio di soprusi ed angherie, di gesti violenti dettati dall’alcol: in coma per una “caduta dalle scale”. Sola e indifesa, ha trovato rifugio nella città lontana e inesplorata.
Solo una piccola differenza con Lucy: non ha ancora trovato il suo uomo.
Interessante la riflessione che questo racconto suscita sul modo “moderno” di fare scuola, con insegnanti alle prese con alunni informatizzati fin dalla nascita. Un bel grattacapo, una sfida importante riuscire ad essere autorevoli in una giungla di informazioni. Questa parte del racconto mi è piaciuta in modo particolare.
Mi piace molto la prima parte del tuo racconto. Mi piace anche la sorpresa di scoprire che è tutto un sogno stimolato da una lettura notturna. Trovo la chiusura al tuo racconto troppo “tirata via”: si intravede un inferno, ma non c’è lo spazio per raccontarlo. Probabilmente ti serviva il parallelo…
Piacevolissimo farsi “ingannare” da una tale maestria elusiva 🙂
Grazie a LauraBi e a Gandolfo Conte. Simona: hai ben interpretato l’intenzione di raffigurare un parallelo tra i sapiens e noi…
Complimenti Francesca per averci ricordato tramite Lucy che oggi siamo molto meno sapiens di allora e… forse oggi è anche più difficile trovare un “homo” che sia realmente tale? A questo mi fa pensare il tuo finale. Forse ci farebbe bene tornare ad affilare rocce e costruire ciotole, anziché far fare ginnastica alle dita su schermi luminosi! Il racconto fornisce lo spunto per molte riflessioni.