Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Cuore semplice” di Luca Farina

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Sono giorni che mi trascino per le strade, senza meta, cercando solo di trovare qualcosa di commestibile da mandare giù. Di solito, nei vicoli scuri che serpeggiano sul retro dei ristoranti, qualcosa si trova, rovistando tra i rifiuti. Ma anche gli avanzi scarseggiano, di questi tempi. Sono giorni duri. Il cielo è grigio e pesante di pioggia. Il freddo non ti abbandona mai. Silenzioso, cala ogni notte attraverso il mio misero rifugio di cartone; e io lo sento entrare, come una lama, e farsi strada dolorosamente nella poca carne che ormai riveste le mie ossa, incidendole con la sua punta sottile. In questi anni, una cosa l’ho capita: questo mondo non è un posto dove le cose vanno via facili. Quando non è il freddo o la fame, è la ruvida cicatrice che chiude da sempre il mio occhio sinistro a ricordarmelo. Il mondo è strano, visto da un solo lato, e quello che vedo io è quasi sempre il lato sbagliato.

Oggi, però, è un giorno speciale: proprio quando ero ormai allo stremo delle forze, qualcuno è venuto a trovarmi. Nessuno prima di oggi si era mai interessato a me, per quanto mi sforzi di ricordare. All’inizio, ho avuto paura: mi hanno insegnato – beh non ricordo esattamente chi – che bisogna sempre tenere un basso profilo, quando non si capisce cosa succede. E così sono rimasto immobile, in silenzio, rannicchiato nei miei quattro stracci bagnati, a fissarli. Anche loro, in piedi davanti a me, mi scrutavano, senza rivolgermi una parola. Per un po’ ho pensato che potessero leggermi dentro, e che attraverso il mio unico occhio appannato vedessero tutte le note stridenti che affollano lo spartito della mia vita. Io stavo lì, incapace di rialzarmi, nella mia scomoda e pesante coperta di fango. Alla fine si sono avvicinati, e si sono chinati su di me; uno di loro mi ha teso la mano, e mi ha tirato delicatamente su. Solo in quel momento ho capito che tutto sarebbe andato per il meglio. Mi hanno fatto salire in macchina, dietro, come le persone importanti. Ho visto scorrere dal finestrino le strade piene di gente, le insegne al neon fiammeggianti sotto la pioggia, le lunghe file di taxi gialli, incolonnati nel traffico di Natale. Ora sono qui, al caldo. Non è facile spiegare quanto questo evento sia eccezionale, per me. Di solito, nei posti caldi, non mi fanno mai restare. Mi guardano chi con disgusto, chi con disprezzo; qualcuno, magari, con pietà. Mi tollerano, se va bene, per un po’, ma prima o poi – beh, spesso molto velocemente – mi cacciano via.

Questa volta, però, è diverso. Sono venuti a prendermi, giù nel parco, dove i bambini corrono con gli occhi spalancati quando è primavera e talvolta si accorgono della mia presenza, e sembra quasi che vogliano avvicinarsi e toccarmi, prima che mani di mamme premurose li trascinino via, lontano dal mio odore di erba marcia e di peccato. Si, ma ora le cose sono cambiate. Questo posto non è certo un palazzo reale, ma almeno ho un tetto sopra la testa. Un posto asciutto dove dormire, e un brodo caldo dal profumo invitante di carne bollita. Una donna mi si è avvicinata, prima, e mi ha parlato, con tenerezza. Mi ha guardato mentre mangiavo avidamente, e mi ha sorriso. Quando ho finito ho alzato lo sguardo, ma lei non c’era più. Che villano sono stato, spero proprio che ritorni, devo sdebitarmi con lei in qualche modo. Si, e da domani voglio cambiare vita. Basta scappare, basta aver paura del frastuono del traffico e delle folle che la mattina si riversano nelle strade e scompaiono nei buchi neri dei metrò. Da domani sarà tutto diverso. Adesso, però, sono stanco, voglio dormire. Hanno spento le luci, e una confortevole penombra circonda me e gli altri vagabondi che in questa grande stanza condividono lo stesso destino. Come state fratelli? C’è qualcosa che non va? Il vostro sguardo è spento, sembrate tristi. Forse sono le sbarre strette di questa stanza a non piacervi, ma se aveste dormito sul cemento freddo, senza mangiare per giorni, come ho fatto io, non ci dareste poi tanta importanza. O forse nessuno vi ha accolti qui con un sorriso, come è successo a me. Un sorriso così accende il cuore. Buonanotte, sfortunati fratelli, mi auguro che domani sia un giorno meraviglioso per tutti noi.

Ha smesso di piovere. La luna è un disco giallo stampato a rilevo su un cielo di glassa nera; una lunga serie di latrati la accompagna nel suo lento moto attraverso la notte di Natale. Alla fredda luce di un neon, oltre le sbarre, un uomo in camice bianco spunta la breve lista delle adozioni. Sul tavolo in acciaio davanti a lui, letali, sono allineate le siringhe per quelli che invece nessuno sceglierà mai.  Un cane guercio, dal pelo arruffato e lo sguardo dolce, si acciambella nella sua coperta di feltro, sognando il paradiso.

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1 commento »

  1. Caro Luca, è un racconto delicato e triste ma allo stesso tempo esprime speranza. Da grande amante dei cani ho apprezzato la tenerezza con cui hai tratteggiato questo scorcio di vita a quattro zampe.

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