Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Un attore da Oscar” di Giacinto Panella

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Il vicolo stretto della città è rimasto uguale a dodici anni fa. Il portone massiccio del palazzo storico avrebbe bisogno di una mano di vernice. Salgo tre scalini, cerco il suo nome sulla pulsantiera del citofono e lo trovo senza fatica; un respiro profondo e premo il pulsante. Pochi attimi, in attesa di un segno di vita dall’altra parte.
<Chi è?>
Il suono della sua voce è sempre dolce come lo ricordavo.
<Ciao Cecilia, sono Franco…>.
Silenzio dall’altra parte.
<Franco, alias Frank Still, ti ricordi di me?>
<Sì, certo, mi chiedevo come mai…>.
<Sai, sono di passaggio in città e volevo salutarti>.
<Un minuto e scendo>.
Mentre aspetto mi scorrono davanti agli occhi le immagini della nostra storia. Al liceo io stavo due anni più avanti e mi ero costruito la fama di rubacuori, ogni ragazza che corteggiavo prima o poi cedeva alle mie avances. In effetti sono sempre stato piuttosto affascinante, anche la recitazione ce l’avevo nel sangue ed è per questo che, conseguita la maturità, ho deciso di fare l’attore. Così, dopo qualche anno di gavetta, sono diventato un famoso attore di fiction, ma anche il cinema si sta accorgendo di me.
Cecilia è stata l’unica che mi abbia resistito, l’unica che non sono riuscito a portarmi a letto, anche se sono stato il grande amore della sua gioventù. Anzi sono sicuro che lei è ancora innamorata di me, gli amici mi dicono che non si è neppure sposata e che passa le sue giornate tra la scuola elementare dove insegna e una associazione di volontariato.
Adesso che trascorrerò qualche giorno in città, a casa dei miei genitori, ho deciso di colmare questa lacuna, ne va della mia reputazione!
Così ho studiato un copione, del resto lo faccio per mestiere, e se le cose andranno come spero oggi aggiungerò il suo nome alla lista delle mie conquiste.
Il portone si apre cigolando e lei appare in tutta la sua bellezza, felpa e jeans non tolgono nulla al suo fascino. Vorrei salire quell’ultimo scalino che mi separa da lei per abbracciarla, ma la vedo titubante, è rimasta all’interno, tra le due ante del portone e mi squadra come se volesse capire. E’ chiaro che dovrò lavorarmela un po’, così imposto la voce, usando il registro adeguato, scandisco le parole, faccio le pause giuste.
<Ciao cara, sono passati alcuni anni ma non sei cambiata affatto, sei esattamente come ti ricordavo, bellissima, lo sguardo dolce…>.
<A dire il vero sono passati dodici anni e i miei lunghi capelli ondulati che ti piacevano molto adesso sono corti, non ti sembra?>
Colgo un certo sarcasmo nelle sue parole; devo impegnarmi di più.
<Ma certo, è come dici tu, cara. Il tempo sembra volare quando si conduce una vita frenetica, quando si passa da un set all’altro, quando le settimane scorrono a studiare copioni, quando ogni sera hai qualche invito a cena e non trovi neanche il tempo di pensare a te stesso, alle cose che ami, alle persone care…>.
Prendo una pausa, scuoto leggermente la testa, l’espressione è triste, piena di rammarico.
Lei mi guarda dritto negli occhi, pensierosa. Sento che sto facendo breccia nel suo cuore. Mi compiaccio con me stesso, sono un grande attore, non c’è che dire.
Poi è lei a parlare, sempre appoggiata al portone.
<Vedi Franco, avevi promesso, anzi giurato, che saresti tornato a trovarmi, che comunque mi avresti telefonato tutti i giorni e invece in dodici anni non UNA volta mi hai cercata, anche quando i nostri amici comuni mi dicevano che eri in città, dai tuoi>.
<Tornavo sempre di fretta, sempre per qualche occasione particolare e non mi sembrava giusto cercarti solo per scambiare un saluto veloce e non poterti neanche vedere. Tu sei stata l’unica donna che mi ha fatto veramente innamorare. Ricordi quando uscivamo con la mia Panda azzurra? Stavamo le ore a parlare, accarezzarci, baciarci ed io ero felice così, anche senza fare l’amore ero felicissimo…>.
La fisso negli occhi, i ricordi che ho evocato velano il suo sguardo di malinconia. Sono bravo, sono il migliore!
Lei deglutisce, inspira profondamente e poi, con un tono di voce un po’ incerto, dice:
<Sì, la Panda azzurra, ricordo perfettamente…>
Cecilia prende una breve pausa e prima di continuare accenna un sorriso. Mi sembra evidente che oramai la strada verso il traguardo è spianata. Vorrei tanto che mi vedesse qualche regista di Hollywood…
<è vero…> continua lei <ore ed ore dentro la Panda a parlare e tenere ferme le tue mani. Cercavi sempre di infilarle sotto i miei vestiti…>.
<Ma solo perché non riuscivo a trattenermi, ero, anzi SONO, innamorato di te, forse più di allora!>
Lei accusa il colpo. Adesso mi sembra confusa, la sua replica non è convincente, ha un tono arrendevole.
<Tutte le riviste parlano dei tuoi amori, non si contano più…>.
Mi schernisco con un sorriso e, quasi sussurrando, sferro il colpo di grazia.
<Vedi Cecilia, tante donne, salgono e scendono dalla mia vita, non posso negarlo, ma con la stessa banalità di quando bevo una coppa di champagne, in quelle feste tutte uguali. Come un film rivisto dieci, cento, mille volte; le stesse scene, alcool, cosce e seni sempre pronti in primo piano, coca, ma non per me, ti assicuro. Purtroppo questo è il prezzo da pagare alla celebrità.
E mentre la mia vita, apparentemente invidiabile, fatta di molte luci e qualche ombra, scorre monotona, qualcuno mi informa sempre della TUA vita, quella senza luci, quella fatta di cose semplici, di valori autentici>.
Getto un’occhiata sfuggente; l’effetto c’è stato. Lei si aggrappa alla porta, le sue mani sono inquiete. Ci siamo, Frank Still sta per colpire ancora. Sono l’erede di Marlon Brando, di Paul Newman… Ah, se solo fossi nato in America!
Mi aspetto che dica qualcosa ma Cecilia rimane muta, sembra annichilita dalle mie parole.
<Dicevo Cecilia che la tua semplicità ha rapito il cuore di un attore che, ahimè, inseguiva un sogno: quello di fregare la vita. E questo sogno lo ha cercato lontano, in un mondo scintillante, l’ha bevuto ogni sera, annegato in quegli intrugli colorati, l’ha violentato ogni notte nel letto coperto da tanti corpi anonimi, freddi. Finché un giorno quell’attore capisce che è solamente una comparsa e che è la vita che sta fregando lui. Ed allora si guarda dentro, e vede che tu sei sempre stata lì, anche quando non ti scorgeva e non aveva il tempo per cercarti>.
Lei si sposta, aprendo un po’ di più la porta. Mi sembra un invito molto esplicito.
È fatta, è fatta mi dico, questa interpretazione vale un Oscar, lo voglio, lo voglio l’Oscar!
Sono eccitato, salgo l’ultimo gradino, finalmente anche il suo nome sarà scritto sul libro delle mie conquiste!

Hanno scritto il mio nome sul registro del pronto soccorso. Il portone è arrivato con violenza sulla mia faccia: “frattura del setto nasale, ferita lacero-contusa del labbro superiore, ecchimosi varie”, la diagnosi che è stata fatta. Dal dottor Masi. Oscar Masi.

 

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