Premio Racconti nella Rete 2018 “Le donne, oltre i confini” di Teresa Carpino
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018“Se le donne abbassano le braccia, cade il cielo”, così recita un proverbio africano. Le donne, indispensabili, anche se spesso silenziose, raccontano molte storie e sono testimoni di antiche conoscenze.
Sono state loro, le donne di questa mia terra, e le donne che arrivano da Paesi molto lontani, cariche di sogni e di speranze, inseguendo un futuro migliore, di quello che hanno lasciato alle loro spalle, le straordinarie protagoniste di un’iniziativa che mette fiducia e nuovi occhi per guardare al domani. Donne instancabili che hanno sempre lavorato per vivere e quando ci sono i figli, lavorano ancora più duramente per dar loro da mangiare. Donne che sono impegnate e combattono per la difesa del posto di lavoro, e per la loro dignità.
Le donne, in ogni semplice gesto accolgono ed esprimono emozioni, anche oggi che tutto intorno sembra crollare e il razzismo e la paura disperdono l’umanità e costruiscono muri. Sono le donne, unite da un grande spirito di fratellanza e di solidarietà, che si cercano e si aggrappano a una speranza, e non cessano mai di stupire.
Donne arabe e donne di questo piccolo paese della pianura, s’incontrano per parlare, scambiarsi opinioni, consigli e, perché no, anche ricette di cucina. Perché sappiamo che il cibo avvicina le persone e sedersi a una tavola ben imbandita predispone alla cordialità e al dialogo. Il cibo è sacro in ogni cultura, accettare il cibo significa accettare l’altro.
E così le donne arabe, le madri, insegnano alle madri italiane a preparare il cous cous, ed è una giornata di allegria e di gioia. Le mani delle donne tagliano le verdure e aromatizzano i piatti dosando gli ingredienti, mani leggere ed eleganti, quasi una prova d’orchestra in cui nessuna nota risuonerà stonata, né prevarrà sulle altre.
E le donne italiane ricambiano la cortesia insegnando loro a preparare i ravioli con la zucca. Le loro mani, che impastano e stendono la pasta, sono energiche e delicate, anche qui il gusto è una questione di equilibrio, di calcolo matematico e di armonia musicale. Sono piatti preparati manualmente e quindi insuperabili; il sapore dato dalle mani è unico e irripetibile.
La conclusione degna di una giornata operosa è il piacere di sedersi a tavola e scoprire che, nel confronto, oltre alle differenze emergono anche le similarità, che sono i nostri bisogni, i nostri affetti e le differenze non spaventano più. Abbiamo tante cose che ci legano, un patrimonio di amore e saggezza condivisa perché un tempo, quando i confini non esistevano, l’unione e la collaborazione erano una ricchezza per tutti e aggiungeva conoscenza.
Le affinità emergono a partire dal cibo. Il cous cous è fatto di grano duro macinato grossolanamente accompagnato da verdure. La pasta dei ravioli è fatta di farina di grano duro e ripieno di verdura.
Il grano, elemento comune dei due piatti, una delle prime piante a essere coltivata, è alla base della civiltà. La sua coltivazione ha spinto le prime società umane a una forma organizzativa più complessa.
Il grano è antico e saggio, ed è conoscenza e amore, è un dono della Nostra Madre Terra che non tradisce mai i suoi figli. Dal grano si ottiene il pane, l’alimento primordiale della nutrizione umana; le donne, tutte le donne, da millenni, impastano il pane allo stesso modo, ed è una competenza tramandata di generazione in generazione, da madre a figlia.
Le donne hanno sempre avuto una vita dura, sono state spesso discriminate e umiliate, eppure reggono il mondo e aspirano all’amore e alla pace.
Anche in questa stagione fredda di sentimenti, il calore della vita scorre nelle loro vene. Il loro impegno è il calore, e possono generarlo insieme, ma, devono essere molte donne che si tengono per mano che si stringono per produrre più calore e per non disperderlo, attraverso le maglie dell’indifferenza e dell’egoismo. Il mondo, ad un passo del cambiamento, è nelle loro mani, nelle mani che nutrono, si prendono cura degli ammalati, accarezzano i bambini, asciugano le lacrime e che si cercano. Il futuro è nelle mani rovinate dalla fatica, eppure sempre all’opera, piene di attenzione. Le loro mani, il loro calore sono sufficienti per impedire il gelo dell’intolleranza e farci tornare allo splendore delle nostre comuni origini. È dalle differenze che ci si arricchisce, se si ha la capacità di non giudicare sbagliato tutto ciò che non si conosce, ma di farne tesoro e non voler eliminare la differenza. Tutto questo richiede impegno per superare vecchi schemi mentali e aprirsi agli altri, cambiare e imparare nuove cose. Siamo nati per cambiare e migliorare noi stessi, non per rimanere statici.
Dal rifiuto al dialogo e alla conoscenza, si cammina verso l’odio e la miseria, soprattutto verso la miseria morale.
Più che un racconto, una narrazione lo definirei un manifesto, una dichiarazione d’intenti, in cui si assegna alle donne un ruolo portante e determinante nella società. A loro spetta onere e onore di far crescere il sentimento di accoglienza, anche con l’uso di argomenti semplici, compreso il ripieno dei ravioli e il cous cous. Condivido il finale che è un invito a combattere soprattutto la miseria morale, più che quella materiale.
E il mondo è già arrivato a un livello molto alto di miseria morale.
Molte tradizioni ancestrali sono comuni a diversi popoli: se ci ricordassimo da dove veniamo e basassimo la nostra convivenza sugli elementi in comune anziché impuntarci sulle differenze, probabilmente molti conflitti non avrebbero più ragion d’essere.
Condividismo pienamente il commento di Akenathon e sottolineiamo la dolcezza che attraversa questa narrazione che abbiamo letto con piacere e che mette l’accento su temi profondi mediante la semplicità dei gesti raccontati. Complimenti