Premio Racconti nella Rete 2018 “Laura e Marco” di Andrea Polini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Marco. Quante volte aveva camminato con lei, mano nella mano, in quella strada. Vent’anni. Non erano più giovani quando si conobbero, entrambi sulla cinquantina, tutti e due avevano una vita dietro di sé, ma tutti e due capirono subito che li aspettava un bel percorso da fare insieme. Avevano attraversato le giornate di sole e quelle di pioggia, e sempre in quella strada avevano camminato ogni volta che tornavano a casa. Questo pensava Marco, passo dopo passo, nella strada accarezzata dall’aria tiepida di metà settembre, dal sole che si rifletteva sulle facciate dei palazzi d’inizio Novecento. Era un bel pomeriggio d’inizio autunno, come tanti che avevano vissuto insieme, passeggiando mano nella mano, confidandosi le loro fantasie, le loro tentazioni, anche amorose, eppure rimanendo sempre uniti, sempre insieme, anzi dando più forza al loro rapporto. Quando lasciò la strada percorsa solo da pochi passanti e attraversò il viale principale col suo traffico continuo di auto veloci, solo allora ebbe di nuovo la lucida consapevolezza che tutto era finito davvero. Oltrepassò il cancello e si avviò nel viale fiancheggiato da alti cipressi che portava alle camere mortuarie. La porta aperta della chiesa lasciava vedere il catafalco vuoto posto di fronte l’altare. Sentì i suoi passi farsi più lenti, più pesanti, come se adesso tutti i suoi settant’anni gravassero su di lui col loro inevitabile carico di dolori. Passò di fronte la stanza dove era esposto un uomo di mezza età. Parecchia gente stazionava fuori dalla camera. Proseguì verso la camera successiva, dove nessuno stazionava di fronte. Come ad ogni stanza, a lato della porta aperta vi era un piccolo cartello dal fondo nero dove con lettere adesive bianche era scritto il nome del defunto. LAURA e il cognome da ragazza, il giorno e l’ora del funerale. Non erano sposati, erano soltanto una coppia di fatto. Lei era stata sposata, ma fu più di quarant’anni prima, lui era morto da tanto. Marco entrò nella camera, si fece il segno della croce, gli occhi si riempirono di lacrime. Lei era composta in una bara di legno scuro, il coperchio con una piccola croce e una piccola targa con scritto il suo nome e cognome, la data di nascita e quella di morte, era appoggiato contro la parete dietro. Marco scostò il velo trasparente adagiato sulla cassa fino a scoprirle il volto, la baciò sulla fronte. “Com’è fredda…com’era caldo, com’era bello il nostro amore invece…come sei bella ancora…” disse piano. Il trucco leggero aveva nascosto i segni delle sofferenze del terribile male che l’aveva portata via. Aveva una collanina di perle attorno al collo esile, la indossava quando andavano a teatro. Marco sedette su una seggiola accanto alla bara. “Non mi sembra possibile…” pensò, sfinito dal dolore. “Eravamo noi due soli al mondo…non ci era rimasto più nessuno…io figlio unico, i miei sono morti…anche tua sorella era morta…quando ti conobbi ero certo che saremmo stati insieme per il sesso…avevi quasi cinquant’anni, ma eri più attraente di una trentenne…ero sempre stato un farfallone, non mi ero mai sposato…pensare…credevo sarebbe durata finché durava l’attrazione…è stato così, infatti, sei sempre stata bella…ancora lo sei…” Fuori dalla stanza, il caldo sole dorato rendeva un poco meno opprimente quel luogo di dolore. A Marco, invece, nella penombra della camera sembrava che a splendere fosse il viso di Laura. “Sei bella come quando andavi a prendere il sole, come piaceva a te…” pensò ancora, poi, troppo ferito ormai da quei ricordi, troppo belli per essere ormai solo ricordi, prese dal taschino della camicia una minuscola coroncina del rosario che aveva comprato nel tempo della malattia di Laura al santuario mariano poco distante. Fu un giorno che ci erano andati insieme, un po’ per disperazione, un po’ per passare un pomeriggio diverso. Iniziò a sgranare la coroncina in una sequela di Ave Maria, anche se non era mai stato particolarmente religioso ora sentiva di avere bisogno di quelle preghiere. Ora che non aveva nessuno accanto, neanche con una parola di conforto. Ora che il suo amore non c’era più. Poi, d’un tratto, la vide camminare accarezzata dai raggi del sole, come piaceva a lei, allora le prese la mano, si fermarono davanti la spiaggia e si baciarono con passione, il mare luccicava di riflessi oro e azzurri. Marco aprì gli occhi. Laura era distesa nella bara, composta nella sua bellezza immobile. La piccola coroncina del rosario era caduta sul pavimento. Aveva sognato. Raccolse la coroncina, si alzò in piedi, si appoggiò alla bara, ancora accarezzò il viso di Laura. Da fuori filtrava poca luce, il vociare sommesso dell’altro funerale non c’era più. Era sceso il silenzio. La luce elettrica era spenta. Per tutto il tempo che aveva dormito, si disse, forse non era entrato nessuno, o forse, se mai qualcuno era entrato, vedendolo dormire non aveva voluto svegliarlo, aveva voluto rispettare quei momenti di oblio. Marco e Laura, soli al mondo, si disse, ma subito pensò che ora era Marco ad essere davvero solo al mondo. La guardò con la passione con cui l’aveva guardata in sogno. La baciò sulle labbra truccate con un filo di rossetto color pesca. Pianse, in silenzio, il suo amore, pianse quella felicità che non c’era più. Avevano trovato il modo di essere felici anche durante la terribile malattia di lei. “Laura sei stata come un sogno…questi vent’anni sono stati una vita intera ma sono passati in un attimo…” disse piano tra le lacrime, poi si staccò appena da lei e guardò l’orologio. Mancavano dieci minuti alle venti. Tra dieci minuti le camere mortuarie sarebbero state chiuse fino al primo mattino successivo. “Sarai sola stanotte, forse avrai paura, qui sola al buio,” le sussurrò. Sapeva che era un pensiero dettato dal dolore, dall’emozione, ma in quel momento lo sentiva coerente più di qualsiasi pensiero razionale. Ricordò che da giovane aveva sentito dire ai suoi genitori che un tempo si usava fare la veglia ai morti recitando il rosario, ma, si disse, erano altri tempi, forse più umani. Non voleva farsi trovare lì dal personale addetto alla chiusura delle camere, non voleva fare la figura patetica di supplicarli di lasciarlo con la sua amata per quell’ultima notte. I regolamenti non l’avrebbero permesso, forse neanche il suo orgoglio. Riavvicinò il suo volto a quello di Laura. Era bella, bellissima. Un filo di trucco, un filo di rossetto. Riusciva solo a pensare a questo, che era bella, bellissima, Neanche il ricordo della tenerezza con cui l’aveva assistita in tutti i suoi bisogni nei mesi del dolore ora prevaleva sull’evidenza della sua bellezza. La baciò ancora sulle labbra che ora gli parvero calde, appassionate come quando facevano l’amore. “Buonanotte, tesoro,” disse in un soffio staccandosi da lei. Risollevò il velo trasparente sopra il viso di Laura, si fece un segno di croce muovendo lentamente la mano destra poi si voltò e piangendo uscì dalla camera. Fuori il sole aveva lasciato il posto alla triste luce dei lampioni, la stanza vicina a quella di Laura ora era vuota, il funerale era stato celebrato, nessuno sostava fuori dalle camere ardenti. Marco camminava lentamente, oltrepassò la chiesa che aveva la porta ancora aperta e si avviò nel viale punteggiato di cipressi che conduceva al cancello. Sentiva una solitudine spaventosa aleggiare sopra di lui, il vuoto di una vita che cambiava, o forse finiva. Arrivato sul viale principale si fermò di fronte il cancello. Le macchine transitavano numerose, come ogni giorno. Voltò la testa verso destra, in direzione dello chalet illuminato del ristorante sull’altro lato del viale. Era lì che più di vent’anni prima aveva conosciuto Laura, ad una festa organizzata da un circolo culturale. Tutto era finito. Sarebbe rimasto solo con i suoi ricordi, la sua malinconia. Sarebbe stato da solo per il tempo che gli restava da vivere, avrebbe camminato in quelle strade sottobraccio alla nostalgia di un amore finito perché la vita stessa finisce. Ma nel cuore avrebbe continuato a passeggiare con Laura, a confidarle tutto, a fare l’amore con lei. Piccole luci oltre il buio della morte. Laura e Marco.
Oh, Andrea, su con la vita, cerca di riprenderti per piacere che m’e’ presa un’angoscia….LAURA