Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “L’uomo di ghiaccio” di Francesca Aucone

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Quando l’uomo di ghiaccio aveva chiesto a Laura di sposarlo, lo aveva fatto nell’intimità del freezer del ristorante dell’albergo dove lui lavorava.

È nel freezer che si sono conosciuti.

È nel freezer che hanno fatto l’amore per la prima volta.

L’uomo di ghiaccio in tutto il suo splendore, luccicante e trasparente, e Laura avvolta completamente nelle coperte termiche, era riuscita persino a sentire caldo! Eccitata, guardava con stupore il suo respiro che formava minuscole nuvolette che si materializzavano fuori dalla bocca.

Laura non aveva paura di lui. Non era scappata come la maggior parte delle donne quando lo vedevano. Lei no. Sembrava cercarlo, sembrava attirata da lui come il ferro dalla calamita.

Avevano subito fatto l’amore.

Laura era scesa nel freezer apposta per conoscerlo. Pensava all’invidia delle amiche quando l’avrebbe raccontato.

L’uomo di ghiaccio infatti, scopava da dio. Non aveva l’ombra di una pancia calata, di peli sudaticci, di capelli bianchi o di calvizie. Non mangiava, non beveva, non fumava, neppure pisciava. Non aveva problemi di scarpe, o di vestiti, figuriamoci se aveva problemi di erezione, o di durata! Come un dio, di età imprecisata, non aveva neanche una ruga.

Il matrimonio si era tenuto a casa dell’uomo di ghiaccio, nella cella frigorifera principale del ristorante. Laura era vestita di bianco, con scarponi, sciarpa, pellicce varie addosso. E un cappello, dal quale scendeva il classico velo.

L’uomo di ghiaccio era un sogno! Risplendeva, vestito solo di un papillon al collo, e di capello a cilindro in testa, rigorosamente color ghiaccio.

Tranne il cuoco del ristorante, che li aveva sposati, anche lui debitamente inscatolato in un pesante giaccone, nessun altro essere vivente aveva partecipato alla cerimonia.

La cella frigorifera per l’occasione era stata addobbata con termostati nuovi.

Tutti in fila ai loro lati, i compagni stagionali dell’uomo di ghiaccio. Tanti tonni e salmoni surgelati, e lui si sentiva come nelle loro avventure, quando con tutte le forze, vanno contro la corrente del fiume per coronare il loro sogno d’amore. Laura era questo per l’uomo di ghiaccio. Un sogno evanescente che si solidificava davanti agli occhi.

Mettere la fede al dito di Laura, non era stato facile, pochi secondi della mano fuori dal guanto e le dita avevano già cominciato a diventare gonfie e bluastre.

E quando lei aveva messo la fede al dito dell’uomo di ghiaccio, lui aveva sentito un leggero dolore, perché avevano dovuto cospargergli il dito con un po’ d’acqua bollente, affinché la fede scivolasse senza intoppi, e affinché si incastonasse intorno all’anulare della mano sinistra, per sempre.

L’uomo di ghiaccio era scolpito come una statua, e Laura, il giorno del matrimonio aveva consumato un intero rullino per fotografarlo. Mai si era visto un uomo così brillante.

I suoi occhi erano così trasparenti, ma così trasparenti, che sembrava di riuscire a vedergli i pensieri attraverso. Alle volte sembrava persino di intravedere qualcosa che si muoveva ritmicamente al centro del petto. Doveva essere una svista, un effetto della lucentezza, pensava Laura.

L’uomo di ghiaccio, il giorno del matrimonio aveva l’impressione di essersi in qualche modo conservato, nei sentimenti, nella purezza, solo per innamorarsi di lei. Aveva pensato che se si fosse emozionato ancora un po’ di più, sarebbe esploso. Rigido com’era, non riusciva quasi a contenere dentro di sé tutte quelle emozioni che gli penetravano in corpo.

Se avesse potuto piangere, quel giorno, avrebbe pianto.

Laura pensava che con l’uomo di ghiaccio sarebbe durata il tempo di una stagione, il tempo della sua vacanza. Mica per sempre. Insomma, voglio dire… prima o poi si sarebbe sciolto, no?

Le foto che aveva scattato al matrimonio non erano venute. L’uomo di ghiaccio non era venuto in foto. In quello che avrebbe dovuto essere il suo posto, nella foto, si percepiva solo una leggera deformazione della realtà. Nelle foto, c’era solo Laura accanto a dei pesci schifosi, che sembravano pure muoversi per colpa della trasparenza dell’uomo di ghiaccio.

Ne era rimasta delusa. Un tal bellezza, destinata a restare effimera.

L’uomo di ghiaccio, a differenza di Laura, paura ne aveva eccome. Ma il fuoco di lei, era stato capace di spazzarla via, come lo spazzaneve spazza via la neve ingombrante. Questa donna di fuoco non aveva paura del gelo, del buio e della solitudine che componevano l’ ombra e la vita dell’uomo di ghiaccio.

Verso la fine della stagione invernale, Laura aveva cominciato a realizzare che l’uomo di ghiaccio no, non si sarebbe mai sciolto, e forse chissà, magari avrebbe vissuto pure più di lei, conservato bene com’era!

L’uomo di ghiaccio viveva praticamente sempre nel freezer, dal quale usciva solo raramente e solo nelle notti più fredde.

Sposare un uomo di ghiaccio era stata una novità, e il sesso con lui una sorpresa. Ma ora la montagna e l’aria gelida del freezer cominciavano a stancarla. Nel freezer non c’erano profumi. Inciampava, scivolava, si impigliava. Nel freezer c’era solo quest’aria fredda che sembrava toglierle il fiato ogni volta che respirava.

Un giorno mentre l’uomo di ghiaccio faceva il suo consueto riposo pomeridiano delle ore più calde, Laura aveva staccato la spina del freezer dove l’uomo di ghiaccio dormiva.

Lui si era svegliato appena il motore del freezer aveva smesso di ronzare.

L’uomo di ghiaccio non avrebbe mai dimenticato quella volta che Laura aveva d’improvviso voluto fare l’amore con lui, con la corrente del freezer staccata.

Era stato meraviglioso. Per un attimo il suo corpo leggermente, leggermente sciolto, si era automaticamente saldato a quello di Laura, sudato per l’eccitazione del momento. I loro due corpi inesorabilmente uniti insieme, erano per un attimo diventati tutt’uno. Erano per un momento entrati l’uno nell’altro, i loro fluidi mischiati, i loro organi funzionavano all’unisono.

Erano rimasti così, fatalmente attaccati, fino a che l’uomo di ghiaccio, non aveva avuto bisogno di accendere di nuovo il freezer. Lì il suo corpo di nuovo asciutto, gelido e massiccio, si era staccato da quello di Laura. Era stata un’esperienza incredibile.

A Laura, la fede al dito stava sempre più stretta. Col freddo non riusciva più a togliersela. Col freddo non riusciva più a muoversi liberamente. Col freddo non si divertiva più.

Quella notte Laura aveva detto all’uomo di ghiaccio, che voleva fare l’amore all’aperto. Voleva andare sul tetto dell’albergo, dove nessuno poteva vederli. Voleva che prima di fare l’amore, lui le cospargesse il corpo nudo della neve cristallina che quella notte cadeva.

Sotto di loro, a un’altezza vertiginosa, c’è una lastra di cemento armato.

Con un colpo netto alle spalle, Laura spinge l’uomo di ghiaccio giù dal tetto.

L’uomo di ghiaccio è in mille pezzi. Mille pezzi. Mille pezzi talmente piccoli da non riuscire più a capire a quale parte del suo luccicante corpo appartengono questi mille pezzettini. Mille piccolissimi pezzettini di ghiaccio, che si confondono con la neve che piano cade e che si posa delicatamente sopra i mille pezzettini di ghiaccio, soffocando il loro splendore.

L’unica parte che si riesce ancora a distinguere, è il dito anulare della mano sinistra, dove è rimasta incastonata la fede. Un piccolissimo pezzettino di ghiaccio circondato da un tondo giallo, che ecco, proprio ora, la neve copre.

Laura pensava che andando in mille pezzi, mille minuscoli pezzetti, l’uomo di ghiaccio sarebbe morto. Invece l’uomo di ghiaccio non muore, perché è capace di trasformarsi in acqua.

E ora può anche piangere.

 

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1 commento »

  1. Interessantissima l’idea di partenza.
    Finale spiazzante.
    Ci sta! 🙂

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