Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Il ladro di grammatica” di Valeria Pisi (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

C’era una volta un ladro.

Eh sì, era proprio un ladro; entrava nelle case quando i proprietari non c’erano, e prendeva tutto ciò che trovava: formaggi, prosciutti, gioielli e ovviamente soldi, se era fortunato.

Una sera Roberto, il ladro, si introdusse nella casa di Giovanna, che era stata per tanti anni la maestra del paese e da poco era andata in pensione. Aveva scelto la villetta di Giovanna perché sapeva che il lunedì aveva l’abbonamento al cinema, e credeva che in casa non ci fosse nessuno. Però Giovanna aveva già visto il film che proiettavano quella sera, ed era rimasta a casa. Se ne stava comoda a letto a leggere un libro, quando sentì un rumore in cucina e, pensando che fosse entrato un gatto, si infilò le pantofole, la vestaglia turchese e scese al piano di sotto.

Quando vide il ladro che rovistava nel frigorifero, le scappò un urlo : “Ahhhhhh!!”.

Il ladro fece un balzo indietro e urlò ancora più forte: “AAAAHHHHHH!!!!!!”

La maestra Giovanna rimase per un attimo interdetta: quella voce e quella figura le ricordavano qualcosa, ma cosa? Chi?

Pian piano, le affiorò nella memoria il ricordo di un visetto.

Si avvicinò al ladro e lo guardò in faccia: “Ma tu … tu … tu …” , disse, indicando Roberto, “ Ma tu … sei Robertino ….! Eri uno dei miei bambini, mi ricordo benissimo di te! Ti chiamavo Robertino Fagiolino … Stavi sempre nel primo banco perché eri il più piccino della classe!”.

Roberto rimase zitto. Era spiazzato; si vergognava come un ladro (appunto), e avrebbe voluto scomparire, ma non poteva scappare perché Giovanna si trovava proprio in mezzo tra lui e la finestra.

“E … e … e … sei diventato un ladroooo?”, urlò Giovanna, sbigottita,

“Vieni a rubare da me, in casa mia, a me che ti ho insegnato a leggere e scrivereeeee? L’italianoooo? La grammaticaaaaa???”

La maestra era paonazza e batteva i piedi per terra:

“Ma come! Allora … allora … rendimi tutta la grammatica che ti ho insegnato, ridammela, restituiscimi tutto!”

“ Hai capitooo????? RESTITUISCIMI TUTTO!!!”

A quel punto successe qualcosa di molto strano.

Dovete sapere che le maestre, quando vanno in pensione, diventano un po’ magiche: è come se tutta l’attenzione e la pazienza che hanno dedicato ai bambini in tanti anni di insegnamento si condensasse, e donasse loro un potere molto particolare.

Infatti, in quel momento, Roberto sentì che dalla sua testa uscivano uno dopo l’altro i verbi, gli avverbi, i nomi propri, i pronomi, gli aggettivi, il congiuntivo, il singolare ed il plurale, il passato prossimo e remoto, insomma tutta la grammatica che la maestra gli aveva insegnato con tanta pazienza.

Mentre la testa di Roberto si svuotava poco a poco, Giovanna continuava a guardarlo e notò che aveva in mano il suo portafoglio.

“Ma … vieni a rubare i soldi proprio a me, a me che ti ho insegnato a contare? Le addizioni? Le tabelline? La matematica??”

“ Mi pento di avertela insegnata, guarda a cosa ti serve: restituiscimela subito, ridammela, molla, sputa, CACCIA LA MATEMATICA!!!”.

E allora, di nuovo, per una strana magia, uscirono dalla testa di Roberto in silenziosa processione tutti i numeri, l’aritmetica, la geometria, le operazioni: l’addizione, la moltiplicazione, la divisione e solo per ultima la sottrazione, giacché, essendo un ladro, alla sottrazione teneva particolarmente.

Roberto, senza riuscire a proferir verbo (i verbi, infatti, lo avevano abbandonato) si decise finalmente a sorpassare Giovanna e con un balzo si lanciò fuori dalla finestra, atterrando sull’aiuola di fiori che, dopo la pensione, era diventato il grande orgoglio di Giovanna: ora dedicava ai fiori tutta l’attenzione un tempo riservata ai bambini.

Potete già immaginare, cari bambini, che a fronte di quello scempio, di quel disastro, di quella catastrofe, insomma vedendo le proprie adorate ortensie calpestate, rovinate e distrutte dal capitombolo di Roberto, Giovanna andò definitivamente su tutte le furie e si mise a strillare come una pazza.

Era fuori di sé come mai accaduto nella sua vita, neanche di fronte ai peggiori somari:

“Robertino!!!!!” – urlò – “Sono io che ti ho insegnato a saltare!! Le capriole! La spaccata! La verticale! Restituiscimi subito TUTTO, MA PROPRIO TUTTO ciò che ti ho insegnato! Ridammelo! E VERGOGNATI!”

Già vi immaginate che, da quel momento, Roberto sentì sfuggirgli dai piedi, dalle mani, dalle gambe e dalle braccia le capriole, il salto della corda, la verticale, la ginnastica ritmica, e dalla testa la storia, la geografia, il disegno, insomma tutto ciò che aveva imparato alla scuola primaria (che, una volta, si chiamava scuola elementare).

Roberto rimase così, stranamente svuotato.

Si vergognava tanto di avere fatto una così triste figura davanti alla sua maestra, alla quale da piccolo aveva voluto molto bene e che era sempre stata buona con lui.

Nei giorni seguenti iniziò ad accorgersi che qualcosa in lui non funzionava: non riusciva più a farsi capire dalla gente; non riusciva a mettere insieme una frase; farfugliava parole senza senso e le persone si stancavano di starlo a sentire; quando andava a fare la spesa non sapeva mai se gli bastavano i soldi perché non sapeva contare.

Inoltre, aveva perso la fiducia nei suoi complici.

Si era accorto, infatti, che, quando dovevano spartirsi il maltolto, i suoi complici lo imbrogliavano: gli altri si tenevano un gran bottino mentre la sua parte era misera misera, ma lui non sapeva dire perché, non riuscendo a calcolare quanto gli spettava.

Allora, si arrabbiava moltissimo con i suoi compagni e strillava:

“Indroglioni! …. Dadri!! …. Bbbb adri!! …. Gadriiii!!”

Purtroppo Roberto non ricordava come si dicevano la parole, e farfugliava suoni a vanvera, così quelli si limitavano a guardarlo un po’ straniti, e si tenevano anche la sua parte.

Che fare?

Pensa e ripensa, a Roberto venne un’idea.

Lui era un ladro e quindi la grammatica, la matematica e tutte quelle altre cose le avrebbe RU-BA-TE! Geniale!

La maestra Giovanna non poteva certo prendergli l’intelligenza, perché quella era solo sua, pensò, tutto contento.

Bene, ora si trattava solo di organizzare il colpo. Allora: come tutti sanno, le materie si trovano per lo più nelle scuole, e quindi era lì che doveva agire.

Prese ad osservare la scuola del paese: gli orari di apertura, le porte, le finestre, e scoprì che dalla porta della cantina era facile entrare.

Così, una notte senza luna (perché nessuno lo vedesse) si introdusse nella scuola.

“Ora che sono entrato”, pensò soddisfatto, “si tratta solo di trovare dove tengono la grammatica e lamatematica e il gioco è fatto!”.

Rovistò dappertutto. Cercò: in prima, seconda, terza, quarta e quinta, in segreteria, in palestra, in biblioteca e persino nei bagni, ma non trovò altro che libri, quaderni, disegni, matite e pastelli, oltre ovviamente alle risme di carta per fotocopie. Tanta, tantissima carta per le fotocopie.

La grammatica e la matematica … ma dove potevano essere?

Roberto si lasciò cadere su un banco, veramente scoraggiato.

Tentò, allora, di ricordarsi come aveva fatto ad imparare tutte quelle cose che gli erano uscite dalla testa.

Pian piano gli ritornò in mente quando lo chiamavano Robertino Fagiolino, e stava seduto nel banco davanti perché era il più piccolo della classe, e la maestra Giovanna gli spiegava, con tanta pazienza, le lezioni.

“Non c’e altro da fare” – alla fine si rassegnò – ” devo riascoltare le lezioni finché tutte quelle cose non mi tornino in testa”.

Scoprì, allora, che nell’aula della seconda classe c’era una botola che portava alla soffitta, e così ogni notte prese a nascondersi lì per aspettare il suono della campanella, per poi uscire quando tutti i bambini se n’erano andati.

Tanto, di tempo ne aveva fin troppo, perché di andare a rubare non era più capace, e dei suoi complici non si fidava più.

Giorno dopo giorno Roberto – che ora era ritornato Robertino – ricominciava ad imparare i verbi, l’ortografia, la storia e la geografia, e soprattutto la matematica.

Solo con la ginnastica non faceva molti progressi, perché non poteva certo partecipare alle lezioni, altrimenti l’avrebbero scoperto.

Tutto procedeva secondo i suoi piani, e aveva già imparato tante cose, quando un giorno accadde qualcosa di imprevisto.

Dimenticando di essere nascosto, Roberto si lasciò sfuggire la risposta ad una domanda di Cecilia, la maestra di seconda, che aveva chiesto quale fosse la capitale della Francia.

I bambini della seconda classe sentirono una sorta di eco provenire dall’alto, un suono che sembrava dicesse “Parigiiiii…”, ma, sul momento, non ci fecero molto caso, e pensarono che poteva essere un suono che veniva da fuori.

In un’altra occasione, la maestra chiese: “Chi sa dirmi quanto fa sette per otto?”; nessuno della classe alzò la mano, ma si sentì una voce provenire dal soffitto: “cinquantaseeeiiiiiii!”.

Cecilia e i bambini guardarono il soffitto e rimasero a bocca aperta. Roberto si accorse della sua imprudenza: potevano scoprirlo! Da allora se ne stette sempre zitto zitto.

Però, i bambini quella voce l’avevano sentita e a scuola si incominciò a sussurrare che in soffitta c’era un fantasma.

Si era sparsa la voce che fosse il fantasma di un bucaniere, che, essendo analfabeta, non aveva potuto leggere l’editto del Re che l’aveva condannato a morte, e voleva imparare a leggere per verificare se le sue malefatte fossero state riportate per l’intero. Temeva di essere stato sottovalutato, perbacco.

La maestra Cecilia non credeva alla storia del fantasma, e, un pomeriggio, quando la scuola era chiusa, chiese al bidello di andare insieme in soffitta a dare un’occhiata.

Cecilia e Alfio, il bidello, salirono in soffitta. Lì trovarono delle matite, una gomma e un quaderno dimenticato da Robertino, dove Cecilia trovò annotata la verifica della mattina.

Era evidente che qualcuno si nascondeva in soffitta: ma chi poteva essere, e per quale motivo ? E perchè prendeva appunti delle lezioni?

Decisero, per il momento, di non dire nulla a nessuno, e di cercare di scoprire chi fosse l’alunno misterioso.

Il giorno dopo Alfio, durante la lezione, salì le scale zitto zitto e sbirciò dal buco della serratura. Vide Robertino che scriveva il dettato e strillò: “C’è un estraneo a scuola!!!! C’è un estraneo!!!”.

Roberto si spaventò e si chiuse dentro; Alfio cercò di forzare la porta, ma nella concitazione non si accorse che, invece di forzare i cardini, stava spaccando il tubo dell’acqua.

La scuola era molto vecchia, i tubi tutti arrugginiti, mai riparati, e lo squarcio si allargò in un attimo, il tubo si spaccò in due, e iniziò a uscire tutta l’acqua, molta acqua, tantissima acqua, un fiume in piena, una cascata, una valanga d’acqua.

L’acqua allagò il pavimento, ruscellò giù dalle scale e prese a inzuppare tutto ciò che incontrava, la carta per la fotocopiatrice, gli zaini, i quaderni, i libri, le scarpe da ginnastica nei sacchetti di stoffa, tutto.

Cecilia e le altre maestre erano nel panico: fecero uscire gli alunni nel cortile della scuola secondo il piano di emergenza, ma tutto il materiale dei bambini, tutto il lavoro di un intero anno scolastico rischiava di essere distrutto.

Robertino stava scappando, quando il suo sguardo incontrò un disegno. Una bambina aveva disegnato un paesaggio con un bel sole, ma i colori e la sua firma si stavano sciogliendo nell’acqua.

Robertino non ebbe cuore di lasciar distruggere tutti quei quaderni, quei temi, quei dettati, quei disegni, per non parlare dei compiti di matematica, delle verifiche, dei problemi!!!

Allora si fece coraggio, radunò tutti i quaderni dei bambini e li portò, in salvo, fuori dalla scuola.

Pensò che quella scuola, in fondo in fondo, gli piaceva, ed essendo abituato a lavorare con gli attrezzi, riuscì anche a riparare la tubatura e a fermare la perdita.

Cecilia e Alfio gli furono grati dell’intervento riparatore.

Quando tutto fu tornato a posto, Cecilia si avvicinò a Robertino e gli chiese cosa faceva dentro la scuola, e perché ascoltava le lezioni chiuso in soffitta, e Robertino le raccontò, per filo e per segno, la sua strana storia.

Cecilia, per ringraziarlo dell’aiuto ma soprattutto della sua sincerità, gli permise di finire la scuola e di occupare il banco vuoto della seconda.

Robertino scoprì anche che aveva talento per i tubi, e, dopo aver conseguito per la seconda volta la licenza elementare (o meglio, della scuola primaria), diventò idraulico.

Provate ad indovinare chi fu la sua prima cliente ? … proprio la maestra Giovanna!

Quella volta, però, non si arrabbiò, ma gli disse:

“Robertino, adesso sì che sono orgogliosa di essere stata la tua maestra.”

 

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15 commenti »

  1. Molto, molto carino! Mi è piaciuta l’idea, la storia e anche il modo in cui è scritto, semplice ma ricco di giochi di parole, di piccole invenzioni. Un omaggio alla scuola e alle maestre molto bello!

  2. Bella la storia e scritta bene. Simpaticissimo racconto, con anche una morale alla base, sottolineata dal finale. Complimenti Valeria!

  3. Grazie tante Ivana Librici, sei gentilissima! Hai proprio colto nel segno … quando l’ho scritto pensavo alle maestre di mia figlia.
    Grazie ancora e buona scrittura!

  4. Bellissimo omaggio alle maestre e alla scuola, che in questi tempi ne hanno proprio bisogno. Bella l’idea e ben sviluppata. complimenti

  5. Bel racconto, delicato e coinvolgente.
    Brava Valeria!

  6. Grazie tante Pasqualina Moro e Silvia Schiavo! In effetti credo che sia l’ora di dare valore alle cose importanti, ma che diamo troppo per scontate: la scuola, ad esempio….

  7. Che bella idea! Surreale e divertente. E la maestra con superpoteri è veramente temibile. Registro e ritmo indovinati, mi immagino bambini ad ascoltare e ridere. Brava!

  8. Un racconto veramente per i bambini. Credo che sia molto più difficile di quello che si pensa usare il giusto linguaggio comprensibile ai bambini dopo che abbiamo accumulato da adulti un bagaglio di parole, talvolta inutili, ma ormai radicate nel nostro lessico quotidiano. E invece ci sei riuscita perfettamente, Valeria!

  9. Bel racconto! Lo leggerò alla mia nipotina e spero che possa trasmettergli una piacevole immagine dell’istruzione scolastica.

  10. Grazie a tutti: è una storia che avevo inventato per mia figlia quando aveva 7 anni, quindi era un linguaggio adatto a lei. Mi avete davvero incoraggiata. Grazie ancora

  11. Sono pienamente d’accordo con Les Ubu. Questo delizioso racconto e’ proprio scritto in un linguaggio da bambini. E questa è una capacità veramente rara da trovare. Peccato che i miei figli siano già grandi.. Avrei letto per loro molto volentieri questo racconto che, come ogni buona fiaba, ha anche un contenuto educativo. Complimenti!

  12. Carinissimo, Valeria!
    Scritto con un linguaggio adatto ai bambini. Divertente, ma anche istruttivo. Un bel messaggio per i nostri scolari della scuola elementare. . . ops, primaria 🙂 Complimenti!

  13. Bellissimo il racconto di Robertino, bellissimi i giochi di parole, bellissimo il fatto che alla fine anche la vita di Robertino si trasformi in positivo e quindi ottima morale per i bambini. Complimenti!

  14. Valeria, mi è piaciuta la semplicità che porta con sé una morale, quella del “riscatto” del ladro, che si libera dalla sua “prigionia” (assenza o dimenticanza della cultura) tramite la sua (rinata) voglia di “riappropriarsi” della cultura persa (rubata magicamente dalla maestra). Un rimando importante allo scambio tra scuola, famiglia, quotidianità, cultura, vita.
    In bocca al lupo!

  15. Bello allegro e divertente. Brava!

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