Premio Racconti nella Rete 2018 “La lista e la teca” di Paola Ciregia
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Imbocco la strada degli studi medici a velocità talmente sostenuta che la macchina non può fare a meno di rimbalzare su e giù nei crateri che si sono creati nell’asfalto. Sento lo stomaco ritorcersi su se stesso, e non solo per effetto della dissestata pavimentazione stradale.
Sono un po’ nervosa, lo ammetto. Cerco, ma non trovo, le parole più adatte per spiegare il mio sintomo. Da dove potrei cominciare? Vediamo un po’… Magari da quando è insorto, o magari da quando si è aggravato. Sistemare la casa – leggere di più – guardare più film – fare più attività fisica – quello che devo scrivere – i viaggi da fare – esame di inglese – promuovere il libro – e tutto il resto.
No, la cosa migliore è iniziare dal sintomo stesso. Spiegarlo, descriverlo, raffigurarlo concettualmente.
Sarà difficile, ne sono consapevole. E, soprattutto, non so quale sarà la reazione del mio interlocutore. Sicuramente mi dirà che sono gravissima, che, da anni, ho qualcosa del tipo una doppia personalità, che, prima o poi, il mio cervello non tollererà più questa pressione e finirà per esplodere in mille frantumi.
Sistemare la casa – leggere di più – guardare più film – fare più attività fisica – quello che devo scrivere – i viaggi da fare – esame di inglese – promuovere il libro – e tutto il resto.
Basta, non me la sento. Ho paura, non voglio sentirmi dire che sono malata e inguaribile. So che è così, ma una cosa è auto convincersene, altra cosa è sentirselo sbattere in faccia da un professionista. Voglio tornare a casa e lasciar perdere tutto. Mi tengo la lista, mi tengo il cervello che pulsa, mi tengo la doppia personalità. In fin dei conti, c’ho convissuto per tutti questi anni con questa cosa, riuscirò a resistere anche per i prossimi cinquanta, di anni.
Sistemare la casa – leggere di più – guardare più film – fare più attività fisica – quello che devo scrivere – i viaggi da fare – esame di inglese – promuovere il libro – e tutto il resto.
Ma no, cosa dico … Non posso continuare a far finta di nulla. Ormai la decisione è presa, e indietro non posso proprio tornare. Come dice il ritornello di quella canzone che mi piace tanto? “Io voglio andare fino in fondo, senza paura della fine” – sistemare la casa – leggere di più – guardare più film – fare più attività fisica – quello che devo scrivere – i viaggi da fare – esame di inglese …“che tanto non si può morire, senza nemmeno cominciare …”.
Ecco: stavolta, io voglio andare fino in fondo. Una volta per tutte.
Sistemare la casa – leggere di più – guardare più film – fare più attività fisica – quello che devo scrivere – i viaggi da fare – esame di inglese – promuovere il libro – e tutto il resto.
«Io, dottore, ho questo problema …» esito un attimo, come se alle parole successive fosse appeso il mio futuro. «Ecco, ho una lista, una lista mentale … Una specie di ritornello che mi ripeto sempre, di continuo …»
Vada, dottore, faccia fuoco: sono pronta alla più terribile delle sentenze.
«E quando si manifesta questa lista?»
«Sempre, in qualsiasi momento. Quando parlo, quando leggo, quando lavoro, quando rido, quando mangio … Sempre, insomma.» Sistemare la casa – leggere di più – guardare più film – fare più attività fisica – quello che devo scrivere – i viaggi da fare – esame di inglese – promuovere il libro – e tutto il resto. “Anche adesso”, vorrei dirgli. Ma non lo faccio.
«E questa lista le impedisce di svolgere le normali attività della vita?»
«No» rispondo di getto. «Riesco a fare tutto. Voglio dire … Mi sono laureata, ho vinto un concorso pubblico, ho un marito, viaggio, guido la macchina, mi diletto nella scrittura, sono piena di amici … Però, ho questa cosa che mi rimbomba nel cervello e di cui non riesco a liberarmi. E mi dà fastidio, perché mi impedisce di vivere appieno le cose, i momenti, le emozioni. Per fare un esempio … Magari sono lì, che faccio qualcosa che mi fa stare bene, tipo ascoltare una canzone o che so … leggere un libro … e tutto a un tratto devo dirla … La lista, intendo. Non è che parte da sola, non è che sento una voce nel cervello …»
«Sarebbe ben più grave se sentisse una voce nel cervello …» prova a sdrammatizzare lo psicoterapeuta, accennando pure un sorriso.
Ma io non lo sento o, meglio, non lo ascolto. È lui che deve ascoltare me: deve capire la gravità della situazione.
«Sono io che la dico, la lista. La dico perché devo dirla, capisce?»
«E che succede se non la dice?»
Mi prende alla sprovvista. Non mi sono mai posta la questione. Ho sempre pensato al come, ma mai al perché della lista. Domanda tanto banale quanto esistenziale.
«Se non la dico, beh … è come se implodesse il mondo.»
«E imploderà davvero il mondo, se non la dirà?»
No, certo che non imploderà. Ma se bastasse convincermi di questa evidenza per farmi passare una cosa che mi porto dietro da oltre dieci anni, non sarei venuta da lei, non crede?
«No, non imploderà. Ma la sensazione è quella, e io non riesco a non dirla. So che è difficile da capire, ma è così, punto e basta.»
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«Certo che la capisco, di mestiere faccio lo psicologo. Lei soffre di un disturbo ossessivo – compulsivo. Più nello specifico, di un’ossessione pura. Come chi non può fare a meno di lavarsi le mani cento volte al giorno. Come chi ha l’ossessione dell’ordine, o della geometria, e mette continuamente a posto la scrivania, o i libri sugli scaffali di casa. In lei, la compulsione si riduce a un rito mentale: dire la lista, appunto. Mettere in atto la compulsione è l’unico modo che conosce, e che il suo cervello ha imparato benissimo ad applicare, per placare l’ansia nel qui e ora. Il paradosso, però, è che più attua la compulsione, più l’ossessione si riaffaccia e si rafforza, secondo una spirale che non tende mai a esaurirsi. La lista è il sintomo e, in quanto sintomo, rappresenta solo la punta dell’iceberg. Ma ciò che importa davvero è ciò che sta sotto la superficie, vale a dire il disagio e l’ansia che ne stanno alla base.»
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Ci risiamo con questa storia dell’ansia.
La stragrande maggioranza della gente vivente – mio fratello, le colleghe, due delle mie amiche più care e gli altri miliardi di persone che foraggiano le tasche di psicologi e psichiatri – è ansiosa, eppure non penso che conviva con questo fardello. Magari rimugina in continuazione su problemi inesistenti, ma non credo che abbia una cantilena ossessiva nel cervello come quella che ho io.
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E poi io la lista ce l’ho sempre, non solo quando sono ansiosa.
D’accordo, quando sono agitata, la situazione peggiora, lo ammetto.
Nei momenti di nervosismo mi capita di recitarla a ripetizione, a ritmo incalzante, un minuto dopo l’altro, un secondo dopo l’altro. Termino e ricomincio daccapo, senza soluzione di continuità, fino a che non riesco a calmarmi. Come un motore che aumenta eccessivamente i giri e rischia di andare fuori fase.
Del tipo: Sistemare la casa – leggere di più – guardare più film – fare più attività fisica – quello che devo scrivere – i viaggi da fare – esame di inglese – promuovere il libro – e tutto il resto – Attimo di pausa – Sistemare la casa – leggere di più – guardare più film – fare più attività fisica – quello che devo scrivere – i viaggi da fare – esame di inglese – promuovere il libro – e tutto il resto. Attimo di pausa – Sistemare la casa – leggere di più – guardare più film – fare più attività fisica – quello che devo scrivere – i viaggi da fare – esame di inglese – promuovere il libro – e tutto il resto. (Che poi, la lista non è sempre così. Il suo contenuto è in continua evoluzione, perché va di pari passo con l’evoluzione delle mie situazioni di vita. È la struttura che rimane costante, questo refrain che si insinua prepotente tra gli altri pensieri e ne costituisce il sottofondo continuo, come un giradischi incantato sempre sulla stessa canzone).
Però, cavolo, anche quando sono tranquilla ce l’ho, la lista. E pure quando sono felice – perché io sono spesso felice, nonostante le apparenze. E questa cosa non mi va proprio giù.
Sistemare la casa – leggere di più – guardare più film – fare più attività fisica – quello che devo scrivere – i viaggi da fare – esame di inglese – promuovere il libro – e tutto il resto.
Ecco perché mi sono rivolta a questo psicologo che dicono essere il migliore in zona in materia di psicoterapia cognitivo – comportamentale: per sapere come mai questa benedetta lista proprio non vuole lasciarmi in pace.
«Non passa perché si è sedimentata nel suo cervello. È un’abitudine, e come qualsiasi abitudine è molto difficile da sradicare. Deve pensare che i suoi neuroni si sono assuefatti a percorrere sempre lo stesso tracciato, per questo fanno fatica a cambiare strada. Da quanto tempo ha detto che ce l’ha, la lista?»
«Da più di dieci anni. Quindici, forse.»
«Appunto. Mi sa che i suoi neuroni la strada l’hanno imparata molto bene. Ma… mi scusi: lei per quindici anni, questa cosa della lista non l’aveva mai detta a nessuno?»
«No. Assolutamente no.»
«E perché no? Cosa c’è di così terribile in questa lista? Da quel poco che mi ha detto, non mi sembra che abbia contenuti osceni, o di cui vergognarsi … Perché questa lista le fa così paura? Voglio dire, capisco che sia fastidiosa, ma averne paura … Non capisco proprio.»
«Mi fa paura perché è un’abitudine malata. Perché le persone normali non ce l’hanno.»
«E lei non è normale?»
«Non del tutto, evidentemente. Le persone normali non ripetono sempre le stesse cose, tanto meno a se stesse.»
«E che ne sa lei che non lo fanno?»
«Lo so e basta.»
«Quindi, lei non è normale … E come è?»
«Sono un po’ matta. Chi ripete le stesse cose mille volte è un po’ matto, lo sanno tutti …»
«E questa convinzione da chi l’ha appresa?»
«Dai miei genitori. Quando ero più piccola, avevamo una vicina di casa che soffriva di disturbi mentali, ereditati probabilmente dalla madre. Era un po’ psicotica, la sentivamo urlare e lamentarsi tutto il giorno, era imbottita di pasticche … E, tra le altre cose, era ossessiva: ripeteva all’infinito le stesse frasi. E in casa nostra è sempre stata considerata un po’ matta …»
«Quindi, mi faccia capire: lei, che ha un semplice disturbo ossessivo – compulsivo, sarebbe come questa donna di cui parla, una donna con evidenti problemi mentali, giusto? Strano, perché recentemente il disturbo ossessivo – compulsivo è stato classificato tra i disturbi da discontrollo, e pensi che, fino a qualche anno fa, rientrava addirittura tra i disturbi d’ansia. Insomma, la comunità scientifica non lo considera un disturbo così grave, tutt’altro. Fastidioso, d’accordo. Ma non grave. Lei invece lo considera gravissimo. L’evidenza di una sua presunta, inguaribile, malattia mentale. Mi reciti la lista, per favore.»
«No»
«Cosa vuol dire no? Si vergogna?»
«Certo che mi vergogno. Non voglio sembrare una matta.»
«Ma sono solo pensieri, prodotti mentali. Come pensare “fuori c’è il sole” o “dopo vado al mare”. I pensieri non sono la realtà. Vede, il problema non è il contenuto della lista, ma il valore che lei le attribuisce. È come se lei avesse messo la lista dentro una teca: è così inavvicinabile che nemmeno se ne può parlare. Fintanto che continuerà a considerare la lista come un tabù, la lista non se ne andrà.»
«E cosa dovrei fare allora?»
«Rompere la teca. Farla uscire. Privarla della sacralità che le ha conferito. Parlarne, confessarla: toglierle l’importanza che lei, e solo lei, le ha attribuito.»
«E così se ne andrà?»
«Forse. Ma di certo, lei si sarà liberata di un peso.»
Eccomi qui, dunque.
Voglio liberarmi di questa fastidiosa compagna che mi porto appresso da troppi anni, ormai.
Ho scritto questo racconto, e se siete arrivati fino a questo punto, vuol dire che l’avete letto per intero.
Ora, sapete della mia lista.
La teca comincia a frantumarsi.
Dalla prima riga ho capito che questo racconto mi avrebbe travolta e non mi sono sbagliata. È una storia che ti resta addosso e a cui sono certa ripenserò nei giorni. Brava! ????
Complimenti Paola, per il ritmo che hai dato al racconto, scandito dalla lista, che non annoia, ma anzi attrae ogni volta che viene ripetuta nella testa della protagonista! Molto originale anche il pretesto tramite cui viene analizzato il tema dell’ansia e il dibattito tra ciò che è normalità è ciò che è “pazzia”. Mi è piaciuto molto!
Brava Paola, hai dato al tuo racconto un ritmo incalzante e coinvolgente. Mi hai tenuta incollata alla lettura fino alla fine. Spero di aver contribuito alla guarigione ma, soprattutto, mi auguro che la tua lista non rimanga adesso nella mia testa. Nonostante l’argomento trattato, ho trovato il tuo racconto molto divertente.
Gran bel racconto, sia per lo stile, il tema e per l’ironia.
La ripetizione della lista l’ho trovata ipnotica tanto che mi è rimasta in testa come una filastrocca.
Non solo sono arrivato alla fine del racconto, ma sono anche contento di averlo letto.
Sono emozionata e felice nel leggere che il mio racconto è apprezzato: per la tematica, per lo stile, per il pizzico di ironia con cui l’ho voluto condire. Ringrazio tutti coloro che hanno lasciato un commento e tutti coloro che avranno voglia di leggerlo e di arrivare alla fine.
Alla fine si arriva in un attimo perché il racconto è diretto e coinvolgente. Molto originale l’idea.
Grande! Grazie a te posso rompere anche la mia teca….E’ il valore della condivisione. Molto divertente e scritto benissimo!
Beh! Se un disturbo ossessivo-compulsivo può essere tanto divertente spero che arrivi presto ad allietare le mie giornate!
Scherzi a parte, bella la lista nella sua apparente, solo apparente, irragionevolezza, dal potere ipnotico, come giustamente sottolinea Vincenzo Spinelli, belli i dialoghi tra medico e paziente perché veramente esilaranti oltre che verosimili. Bello lo scioglimento, tra l’altro di grande saggezza! Ti mando un grande in bocca al Lupo!