Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Addio al celibato” di Gennaro Castellano

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

Sabato si sarebbe svolta la cerimonia di matrimonio, tutto era pronto, Melania l’aveva avuta vinta aggirando le sue resistenze. Niente di personale beninteso, Antonio non aveva dubbi sul loro rapporto, l’amava e sapeva di essere ricambiato, se la presentava in società, usava dire, senza ironia, la mia metà. Lei, i primi tempi, ne era divertita, poi cominciò a trovare la cosa irritante, una versione bifronte dell’individuo, che non la entusiasmava. Piuttosto, era propensa a immaginare una triade, in cui ogni parte pur mantenendo la propria individualità partecipa a un progetto di più ampio respiro, il cosiddetto triangolo magico. Insomma, puntava alla famiglia, voleva a tutti i costi dei figli, certa che solo il matrimonio le avrebbe fornito le necessarie garanzie. Già immaginava una bimbetta correre dietro le bolle di sapone e ne era incantata.
Il mio amico è un uomo colto, di ampie vedute, proviene da una famiglia che ha vissuto il ’68 e le battaglie per i diritti civili, dunque educato al rispetto della donna, senza per questo rinunciare ai propri diritti. Non è di quelli che usano due pesi e due misure, a sentir lui un rapporto sentimentale necessita, in egual misura, di una buona dose d’individualismo e di una reale considerazione dell’altro. Una volta gli chiesi cosa pensasse dell’amore, mi rispose: “Cosa vuoi che ne pensi? L’amore lo si misura in base al grado di accettazione del lato oscuro dell’altro, convieni? ”. Fui costretto a insistere: “Dipende da cosa intendi per lato oscuro, forse il Mr. Hide che è in ognuno di noi? ”, dissi rilanciando la palla che lui al volo ribattè: “Ma no, parlo dell’essere nella sua sfera privata, senza la maschera che indossa quando è in pubblico: gli odori, gli umori, il pigiama e le pantofole”. Non insistei oltre, mi restò il dubbio se nella sua prospettiva l’amore sia la linea di partenza o un traguardo. La coppia è un microcosmo a parte, sarebbe ipocrita sottovalutarne la portata, un habitat riservato, è lì che la donna e l’uomo generano il bambino, futuro dell’umanità e rappresentazione laica della santa trinità. Una sfera esclusiva, in cui i segreti restano tali, le parole dette racchiuse in cassaforte, ogni atto agito sepolto nel cuore. Proibito intromettersi nell’intimità dei bisbigli, nella complicità dei sorrisi, pena l’esser estromessi dal novero degli amici. Questa, in sintesi, la visione di Melania, che lui ha finito per far sua.
Credo sia utile premettere che il gruppetto di amici del glorioso Beccaria di Milano, di cui siamo soci fondatori, aveva già in precedenza stipulato una sorta di patto tra uguali, “La loggia dei cuori solitari”, come c’eravamo definiti.
Non misogini, attenzione, più che altro propensi a vivere la nostra vita evitando implicazioni sentimentali invasive. Allez les lions! Per molto tempo era stato il nostro grido di battaglia, di me, di lui, di Carlo, di Eugenio e di Gennaro.
Riguardo l’organizzazione del matrimonio, ogni cosa era stata voluta e decisa insieme, i futuri coniugi avevano molte cose in comune, come la certezza di tenere fuori le famiglie, per esempio; e la cosa filò liscia. Condivisero tutto, tranne la festa di celibato. Quella era e doveva rimanere competenza di Antonio, che l’aveva pensata così: una suite per cinque – due camere, salottino, balcone vista mare – in una fantastica casa albergo di Punta Chiappa, località Camogli. Per una “ventiquattrore” di bagordi. L’appuntamento, fissato in precedenza, era per giovedì 22 giugno – a due giorni dalle nozze – nel tardo pomeriggio.
Una volta lì, ci trovammo immersi in un’atmosfera pittoresca di rara bellezza, la casa e i suoi annessi erano arroccati su un promontorio sul mare, una lingua di roccia arricchita della tipica vegetazione dei colli liguri: pini, abeti, fichi e ciuffi di ginestre. Dalle finestre delle poche case si affacciavano varietà di gerani e basilico.
Una volta preso possesso dell’alloggio ci preparammo per la serata; una doccia e un cambio d’abito erano necessari. Poi, il rendez-vous al bar della terrazza. Il primo di una lunga serie di aperitivi fu dedicato al gruppo, all’amicizia, ai nostri principi, che riassumo così: “Le cose si cambiano da dentro le istituzioni, per decidere e operare con la necessaria autorità”. Meno idealisti dei nostri genitori e più pragmatici sapevamo che a contare sono solo i fatti. In differenti settori, nel mondo delle libere professioni, noi tutti avevamo conquistato una degna collocazione, conseguenza di un reale impegno nello studio e della capacità di relazionarsi con gli ambienti che contano.
I proprietari della casa albergo, cui Antonio aveva accennato qualcosa circa il senso della serata, ebbero la spiritosa idea di accoglierci a cena con la musica di Sgt. Pepper Lonely hearts club band, come dire “Benvenuti cuori solitari!”. Non significa non fosse gradita la presenza femminile, anzi! Solo le nostre partner ne erano categoricamente escluse.
• Dove l’hai trovato quest’angolo di paradiso? Mi ricorda le estati che si andava a Ginostra, si sbarcava su quel vecchio pontile di legno e poi solo una lunga assolata salita per arrivare in cima, qui è lo stesso.
• La magia della Magna Grecia, come dimenticarla.
• Di lì saranno passate pure le navi di Ulisse, ma qui vi ha soggiornato Lord Byron, vi sembra poco? A lui il secondo brindisi.
A servire al tavolo un ragazzo e una ragazza, entrambi carini, che si adoperarono per esaudire i nostri desideri; a ogni portata si fermavano a chiacchierare, avevano sentito di nozze imminenti ed erano curiosi di sapere chi fosse lo sposo, della bellezza della sposa, dell’abito, del viaggio di nozze. Sapemmo in quella occasione che avevano deciso di andare in Norvegia a Tromsø – 350 Kilometri a nord del Circolo Polare Artico – per assistere ai fenomeni astronomici dell’Aurora Boreale e del Sole di Mezzanotte. Come ci disse, Tromsø è immersa in una natura quasi incontaminata, offre opportunità per attività quali escursioni, kayak o gite in slitta. Nota per la sua vivace vita notturna, offre un’ampia scelta di ristoranti specializzati negli ingredienti freschi della regione artica. Una destinazione perfetta per chi, come loro, ama lo sport e la buona cucina; o come suggerì Carlo: “Per esser certi di trovarvi la pace necessaria all’avvio del loro progetto di vita ”.
La ragazza in chimono bianco e sciarpa colorata – senz’altro una ninfa del luogo – attese l’arrivo del cuoco che a sentir parlare di ingredienti freschi dell’artico quasi si offese e minacciò di servire ad altri il magnifico sarago che aveva preparato per noi, declamando a gran voce: “ Serviamo mica aringhe e affini, noi! Solo pesce del golfo Paradiso”. Fatta la sua gag ci intrattenne sulla varietà delle portate e la modalità di preparazione. La ragazza mostrava i piatti, che nelle sue mani erano ancora più appetibili. Il ragazzo, prima di andar via, con fare sornione fece cenno a un tavolo più in là, dove sedevano delle signore abbronzate: erano tedesche venivano spesso a Punta Chiappa, molto simpatiche e aperte – ci disse – strizzò l’occhio e sparì nella cucina.
L’insalata di mare era freschissima e gli spaghetti ai frutti di mare anche, il grosso sarago cucinato al sale, ammorbidito da una delicata maionese, si confermò eccellente, per non dire delle delicatezze che servirono tra una portata e l’altra. Per finire, un’ampia scelta di formaggi, dolci, champagne. La tavola – di un bianco abbagliante – era leggermente isolata, quasi al bordo della terrazza, avvolta in un panorama mozzafiato. L’ampio cerchio di cielo sopra di noi era declinato in uno sfumato degno di nota, un leggero maestrale che soffiava da mare e l’incanto del crepuscolo fecero sì che dimenticammo il tempo e andammo avanti senza chiederci altro, solo godendo del momento. I vini bianchi liguri sono famosi in tutto il mondo, quella sera ne avemmo conferma dalla blasonata selezione che aveva suggerito lo chef. Non c’è bisogno di ubriacarsi per divertirsi, ma di certo bevemmo abbastanza da far teatro senza rendercene conto. Credo di poter dire che eravamo belli: giovani uomini eleganti quanto basta, persone di cultura e di peso sociale.
Quando ormai la serata era nel pieno, si presentò una signora tedesca sulla cinquantina, che sedeva con un’amica al tavolo che ci aveva segnalato il ragazzo, entrambe niente male; disse che, incuriosite dalla situazione, avrebbero volentieri fatto un brindisi con noi, sembravamo così divertiti. Le invitammo al nostro tavolo, servimmo da bere, si parlò delle solite cose, di come son fatte le donne e in cosa differiscono dagli uomini, insomma, indirettamente di sesso; nel loro italiano stentato, ma con notevole senso dell’humour, fecero il possibile per provocarci con una serie di grossolani luoghi comuni. La supposta supremazia del maschio latino, il temperamento forte delle tedesche, la prerogativa di scegliersi il partner. Dalla sala interna arrivana nitida della musica, credo si trattasse di J.J.Cale, una melodia dolce e, allo stesso tempo, triste da ballare in due, stretti l’un l’altro. Infatti, Antonio ed io ci alzammo per invitare le signore, poi lo fecero anche gli altri, andammo avanti così per un bel po’. Era notte fonda quando la sala si svuotò e rimanemmo soli, in loro compagnia. Decisamente sbronze, i freni inibitori allentati, si presero delle libertà. La prima sedeva sulle gambe di Antonio, lo abbracciava e invitava a bere, intanto premeva il petto seminudo sul suo torace. Lui lasciava fare, con una mano la sosteneva, con l’altra le carezzava l’interno delle cosce. Il gioco era creare le condizioni affinché il promesso sposo, pur restio, cadesse nella trappola tradendo la futura consorte prima ancora di sposarla.
• Nicht weiter gehen, bitte. Ich habe keine unterhose!
• Sei così sicura che voglia stare al gioco?
• Antonio, credi a me, meglio prima che dopo. Ah, ah, ah!
Gli stava dicendo, arrossendo, che non portava biancheria intima, tutto qua. L’amica, intanto, si divideva tra noi cercando di mostrarsi carina con tutti – a tratti esagerando – come quando insisté di baciare sulla bocca Gennaro, a suo dire il più bello. Si era tutti in gioco; né avremmo potuto, né volemmo tirarci fuori.
Il giorno dopo, il nostro amico non disse nulla sul seguito della serata, ma ricordiamo tutti che, a un certo punto, finirono imboscati da qualche parte. Una cosa divertente e irrilevante; unica certezza, con il matrimonio sarebbe cominciato un nuovo periodo, stop i cuori solitari, ci aspettava una nuova dimensione dell’essere, quella della tribù; del resto, così fan tutti. Subito dopo colazione, servita in terrazzo, Antonio partì, dispiaciuto di non poter intrattenersi oltre, ma felice della nostra scelta di fare il bagno e pranzare prima di tornare in città. Di mattina quel grande scoglio era ancora più suggestivo, sospeso tra cielo e mare; in sottofondo il rumore della risacca e le urla stridule dei gabbiani. Una limpida giornata di sole stava occupando la scena.

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1 commento »

  1. Bel racconto. Complimenti per l’uso molto raffinato della parola.La descrizione dei fatti non è mai asciutta, nè tanto meno arida: è sempre accompagnata da quelladei profili psicologici dei personaggi e alla loro filosifia di vita.

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