Premio Racconti nella Rete 2018 “L’avvocato Broccoletti” di Antonino di Somma
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Sembrava che Alessandro Manzoni, scrivendo e riscrivendo prima “Fermo e Lucia” e poi “I Promessi Sposi” avesse pensato a lui quando ideò il personaggio dell’azzeccagarbugli.
Una circonferenza maggiore dell’altezza e il respiro affannoso lo rendevano già poco gradevole, la fronte perlata, l’aspetto rubizzo e la forfora che veniva giù come neve sui monti gli conferivano un’aria disgustosa. Tanto che nei corridoi del vecchio palazzo di giustizia, un decrepito carcere borbonico riadattato alla men peggio, umido da far intirizzire le ossa, gli avevano affibbiato il nomignolo di “avvocato Broccoletti”; perennemente sudato, poco avvezzo alla doccia, tracagnotto com’era, il soprannome gli stava a pennello; aveva le sembianze di un broccolo, anzi, di un broccolo fritto in un mare d’olio, partner ideale per un pezzo di salsiccia da mordere in un panino.
Rifuggiva da codici e pandette, l’ultima incursione nel vocabolario risaliva ai tempi della scuola. Si dedicava anima e corpo ai risarcimenti per incidenti automobilistici, prediligendo quelli mai avvenuti e frutto di accordi a tavolino tra investitore e vittima. Tutto rigorosamente falso: dai testimoni, alcuni da oscar per quanto bravi a recitare, alle marche da bollo che venivano continuamente riciclate e che a furia di subire bagni chimici nella varechina per eliminare l’inchiostro del timbro precedente avevano perso il colore originario per diventare di un bianco pallido, in cui si distingueva a malapena l’importo.
Non gli mancava la faccia tosta così, pur guazzando nella crassa ignoranza, accettava incarichi anche superiori alle sue conoscenze e s’incaponiva nel martoriare latino e greco, esponendo ardite tesi in aula o nei suoi scritti difensivi per impressionare la sua clientela, varia umanità che era attratta dalla modestia dell’onorario e dalla possibilità di saldarlo a rate o addirittura impegnando una parte del futuro risarcimento. Come anticipo, non disdegnava polli, uova, caciotte e ogni sorta di genere alimentare. Tirchio fino al midollo, nessuno lo aveva mai visto offrire un caffè o una sigaretta.
Al termine di un’arringa penosa in cui tentava di difendere un extracomunitario beccato coi CD taroccati, volle sostenere la tesi dell’eccessività della norma rispetto al comune sentire, poiché tutti compravano i CD senza avere contezza del disvalore morale e giuridico del gesto. “Tutti siamo colpevoli – tuonò con voce tribunizia – tutti siamo rei. Eccellentissimo Giudice”. Una lunga pausa e poi: “panta rei”. Giudice, pubblico ministero e cancelliere con studi classici dovettero mordere le labbra per non scoppiare in una fragorosa risata. Chissà doveva l’aveva sentito, l’avvocato “Broccoletti”, il celebre aforisma attribuito ad Eraclito. Fatto sta che l’aveva infilato, come un cavolo a merenda, trasformando il tema del divenire in una maccheronica traduzione e senza neanche rendersene conto, anzi, con la convinzione di aver calato un asso.
Se fosse autostima o incoscienza non era proprio chiaro. Lui tirava dritto e accaparrava clientela coi metodi più strambi, elargendo mance a baristi e bottegai affinché, nel bel mezzo di una discussione, infilassero il suo nome e ne decantassero le qualità. Accadde che un commerciante di olio, impigliato nella rete di un fallimento e in pieno sfogo con un fruttivendolo poiché vedeva allontanarsi la possibilità di recuperare il suo danaro, restò folgorato dalla descrizione di “un avvocato tanto bravo, non esoso, onesto e furbo” e bussò alla sua porta. “Il Curatore dovrà vedersela con me”, assicurò. Durante la conversazione, il telefono squillò più volte. Lui, con l’aria un po’ seccata, rispose alle chiamate. “Si, ho capito, l’hanno arrestato. Tra mezz’ora mandi un’auto così andrò in caserma”. Neanche il tempo di agganciare che l’apparecchio trillò di nuovo. “Bene, bene, è andata benissimo. Come vede, avevo ragione a sostenere quella tesi”. Intascò l’acconto, congedò il commerciante e scese in strada con lui. “Devo correre in caserma, un impegno imprevisto”. Si assicurò con la coda dell’occhio che il nuovo cliente si fosse allontanato, attraversò ed entrò in un caffè di quart’ordine, dove alcuni pensionati erano intenti a litigare per una mano di tressette. Alla macchina del caffè c’era un giovanotto sveglio che gli si avvicinò con cautela; lui cavò dalla tasca della giacca una banconota da cinque euro e la infilò nel taschino del camice. “Grazie per le telefonate. Domattina ho un altro cliente, chiama almeno tre volte in dieci minuti”. Uscito dal bar, passò dal fruttivendolo che aveva adescato il cliente e compì il medesimo rituale.
Un paio di mesi e il recupero del credito del commerciante diventò oggetto di discussione in Tribunale. Il curatore del fallimento aveva tentato di spiegare che tutti i creditori dovevano essere soddisfatti in proporzione dei loro crediti, secondo il principio della par condicio creditorum. Erano tanti coloro i quali speravano di ricevere almeno parte del pagamento promesso, avendo fornito merce ad un imprenditore poi fallito; naturale che litigassero come cani che si lanciano su un osso. “Il mio cliente viene per primo”, urlò il solito “Broccoletti. “Si, per primo. Insisto e lo ripeto. E finiamola, signori Giudici, con queste americanate. Mi meraviglio del Curatore, una persona seria, che tira fuori questa … <par condition>”. Incapace di cogliere lo strafalcione, il cliente gli assestò una pacca sulla spalla e si complimento: “Gliene avete dette quattro, siete proprio bravo. Visto che mi siete piaciuto, vi affiderò un altro caso. C’è un cliente che non ne vuole sapere di pagare una fornitura d’olio d’oliva, non so cosa fare”. Broccoletti s’illuminò. “E allora io che ci sto a fare? Pagherà fornitura, interessi e spese, state tranquillo”.
La causa, invece, imboccò un binario morto. Il cliente del commerciante di olio d’oliva era anch’egli un commerciante ma di legname. Si difese sostenendo di aver venduto una partita di legname e di non aver ricevuto il pagamento, facendo ciò che in linguaggio giuridico viene definita “eccezione di compensazione”. Nell’aula d’udienza, Broccoletti grondava sudore, vuoi per l’eccezione dell’avversario che l’aveva spiazzato, vuoi per il caldo e la presenza di tantissimi avvocati, dei loro clienti, di parenti e curiosi che affollano quotidianamente le aule di tribunale. “Nessuna compensazione, signori giudici”. Una pausa da attore di prosa, tanto per saggiare la reazione dell’uditorio. “Quella, come tutti sanno e come viene insegnato ai primi anni di università ….”. Una breve occhiata di commiserazione al collega avversario, perché tutti individuassero l’asino che non conosceva i principi cardine e che avrebbe fatto bene ad iscriversi di nuovo tra le matricole. Altra pausa, poi la perla. “… è per i crediti certi, esigibili ma soprattutto liquidi. Si, liquidi. Ebbene, è notorio, lapalissiano, evidente che il legno è SO-LI-DO”. Lo sforzo dei giudici e dell’avversario fu vano; i denti affondati nelle gengive per evitare di ridergli in faccia e di umiliarlo non bastarono ad evitare che gli altri avvocati presenti nell’affollatissima aula d’udienza prorompessero all’unisono, come diretti da un immaginario direttore d’orchestra, in una poderosa e corale risata.
Broccoletti, però, non si diede per vinto. Interpretò quell’episodio come la conferma della sua valentia. Pensò fosse arrivato il momento del salto di qualità e si diede al diritto di famiglia. Addentrato che fu nella giungla dei divorzi, cominciò a spaccare matrimoni e a sfasciare famiglie. Il primo giorno fu veramente dura. Gli toccò come cliente un marito tradito ed abbandonato dalla moglie che se n’era andata a vivere con l’amante. Esordì dicendo che la causa aveva ad oggetto un “lascito” e fu liquidato frettolosamente “Avvocato, questa è la sezione degli affari di famiglia. Per le eredità deve andare al secondo piano”. Uscì dall’aula imprecando contro i magistrati, ignorando che il lascito è un’attribuzione testamentaria e non il participio passato del verbo lasciare.
Andò perfino peggio quando dovette difendere una moglie cui era toccata in sorte un marito infedele e scialacquone, assistito da un esperto della materia che espose il caso facendo pendere la bilancia dalla sua parte. Incapace di opporre argomenti giuridici, decise di giocare la carta del tradimento e sbottò: “E’ tutta colpa del marito, non si lasci ingannare. Non gli bastava una moglie, ne voleva due e forse anche tre e ha buttato anche i soldi dalla finestra”. D’istinto il pugno serrato sbatté sul tavolo. “Costui è un inguaribile poliglotta”.
L’eco dell’ennesimo strafalcione superò l’austero edificio del Tribunale ed entrò nella leggenda. Sebbene duro di comprendonio, anche lui capì d’averla fatta grossa e se ne stesse in disparte per un bel po’, limitandosi a trattare cause di modesto valore e alla sua portata. Quando, però, gli si presentò l’occasione di rientrare nell’agone e dalla porta principale, non seppe resistere.
Aula di Tribunale: causa proposta contro una grande compagnia di assicurazioni che aveva negato un risarcimento ultramilionario per un incidente stradale. Il Giudice, leggendo l’atto di citazione, ebbe un sussulto: “che strano, sembra farina del sacco di quell’avvocato che non si vede più in giro”. Rivolto ai colleghi, chiese conferma della sua impressione e aiuto alla memoria: “Leggete qui, narrazione fantasiosa e tesi al limite dell’assurdo, pare scritta proprio da quell’avvocato. Non vi ricordate come si chiamava?”.
L’avvocato tardava e i giudici iniziarono a commentare: “Ma chi può mai prestare la sua opera per una farsa simile? Guardate qui. Una donna che racconta di essersi appartata col fidanzato in un giardino pubblico a tarda sera e non per guardare il panorama. Si, lo ammette senza alcuna vergogna. Leggete, leggete, per <arare i campi dell’amore>. Dice che quando erano sul più bello, nel momento parossistico del piacere, furono tamponati da un’altra autovettura che, provocando il contraccolpo, determinò un balzo in avanti al cavaliere che era disteso sulla dama e che s’era ritratto per evitare il guaio. Il colpo, però, fu così forte che lo sospinse …. E adesso vogliono che l’assicurazione copra le spese per mantenere il bambino! Ma quale cialtrone di avvocato può mai prestarsi a patrocinare una simile causa?”.
Non era ancora terminato l’interrogativo del giudice a latere che dal fondo dell’aula fece capolino un uomo sudaticcio e trafelato, con la toga che avvolgeva il fisico tozzo e irregolare e l’incedere sgraziato di chi ha troppi chili da portare a spasso. “Eccomi”.
Divertente fino all’ultima frase, un racconto “barocco” carico di immagini e di situazioni paradossali (ma non troppo) Mi e’ davvero piaciuto
Che dire? Scivolo nella banalità
ma so solo ringraziare. Ne ho scritti altri, proverò a pubblicare anche quelli
Broccoletti è un’iperbole di disgustosa è ridicola mediocrità, una figura tutta profondamente italiana. Un personaggio ben riuscito. Complimenti all’autore per il gustoso racconto, ironico, divertente e ben scritto e l’augurio di pubblicarne una raccolta.
Mi onora già il fatto che qualcuno legga il racconto, figuriamoci i complimenti. Penserò seriamente alla raccolta
Quante ne ha combinate questo Broccoletti, eppure girella sempre lì, per aule… Molto divertente e, oltre al contenuto, mi piace molto la forma, il ritmo con cui narri le varie situazioni! Complimenti!
Grazie mille
Complimenti! Quanti Broccoletti in giro! La freschezza del racconto tradisce esperienze vissute o è solo un’impressione?
Grazie per i complimenti. È frutto della mia fantasia
Molto divertente! Però il racconto risente un po’ dell’elencazione delle varie situazioni. Io proverei a raccontare un dialogo tra lui e il malcapitato di turno. Il racconto acquisterebbe sicuramente velocità.
Un ritratto divertente ed esilarante che comunque rispecchia in molti casi la realtà di pseudo-professionisti cialtroni che come dici giustamente non si sa se agiscono per autostima o per incoscienza.
Sono veramente grato a Simona Faccani per i consigli. Proverò a seguirli, con uno stile narrativo che lo renda più fluido e godibile
Grazie a Gloria Patane per i complimenti