Premio Racconti nella Rete 2018 “Morte alla frutta” di Francesca Marciello
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018A Nina piaceva bruciare l’incenso in camera da letto. Lavanda, sandalo, cedro, ambra; aveva collezionato una dozzina di fragranze tra cui scegliere. Sosteneva che migliorasse l’umore, che avesse effetti benefici sulla mente e che per di più fosse un ottimo insetticida.
Per quel che riguardava me non ero sicuro che l’incenso facesse al caso mio. La verità è che quell’odore pungente che aleggiava nella nostra stanza mi dava l’impressione di essere in un luogo di culto o in un negozio etnico, in ogni caso, posti che non frequento spesso e soprattutto in cui non mi piacerebbe dormire.
Ma Nina amava quegli incensi ed io amavo lei. Dopotutto, pensai, le relazioni si basano sul compromesso e quello se non altro era un dazio ragionevole da pagare.
Nina ed io ci siamo conosciuti circa tre anni fa ad una mostra fotografica.
In quel periodo lavoravo al ‘Ginger’s Club’, un noto locale nei pressi del centro storico frequentato prevalentemente da artisti, da amici di artisti, da amanti di artisti e da sedicenti artisti.
Sono rimasto lì per pochi mesi ma ho conosciuto una gran quantità di persone, così tante che mi sarebbero potute bastare per una vita intera. Nonostante non sembrassi e di fatto non fossi uno di loro, ero entrato nelle simpatie degli assidui frequentatori del locale i quali non perdevano occasione per coinvolgermi nelle loro attività. Per questo non era raro trovarmi a zonzo per mostre d’arte contemporanea, seduto in prima fila (o quasi) a prime cinematografiche o tirato a lucido nel mio vestito gessato ad un evento mondano. Ammetto che i primi tempi niente riusciva a catalizzare la mia attenzione come i ricchi buffet di benvenuto ma con il tempo iniziai a nutrire un genuino interesse per gran parte delle forme d’arte con cui ero entrato in contatto.
Ricordo quel periodo come uno dei più spensierati della mia vita. Avevo un lavoro che mi piaceva, avevo le mie serate da viveur e un paio di ragazze che frequentavo senza impegno. Insomma, non avevo di che lamentarmi.
Tutto questo per dire che prima di conoscere Nina ero felice, eppure, negli anni successivi, non rimpiansi mai quei giorni. Fino ad allora mi ero sempre goduto la mia indipendenza ma Nina mi aveva reso consapevole di quanto potesse essere ancora più eccitante condividere le proprie giornate con qualcuno che ami. Mi rendo conto che messa in questi termini potrebbe sembrare un pensiero molto più romantico di quanto non sia ma quello che è vero è che Nina mi ha irreversibilmente cambiato la vita.
La prima volta che la vidi stava osservando il primo piano in bianco e nero di un’anziana signora. Sembrava molto concentrata a non perdere nessun dettaglio. Qual era la prima cosa che avevo notato di lei? Credo di non averci mai riflettuto prima d’ora e a pensarci bene nemmeno Nina me lo ha mai chiesto. Ad ogni modo, credo che la prima cosa che mi colpì di lei fu la sua silhouette così femminile e aggraziata.
Poi notai i capelli scuri che le sfioravano le spalle, gli orecchini a cerchio e il vestito rosso stretto in vita da una cintura sottile.
Decisi che dovevo parlarle.
“Questa donna ha l’aria così triste.” – esordii.
Eravamo uno accanto all’altro, entrambi con gli occhi puntati sulla fotografia.
Lei non sembrò sorpresa né dalla mia affermazione né dal fatto che mi fossi avvicinato a lei.
“Non credo che sia triste. Mi sembra…delusa.”
“Delusa da cosa?”
“Non saprei. Dalla sua vita, immagino.”
Restammo in silenzio per qualche instante poi continuai:
“Secondo me, le fotografie sono solo un’illusione, una bella illusione. Ma nella vita un volto è un volto, un uomo è un uomo, una stanza è una stanza invece in questi ritratti manca la verità. I fotografi sono tutti dei gran bugiardi.”
“Si vede che sono una gran bugiarda anch’io.”
Colpito e affondato.
Si voltò a guardarmi con un sorrisetto beffardo e fui sollevato nel rendermi conto che la mia gaffe, in qualche maniera, l’aveva divertita.
Mi accorsi che aveva una piccola voglia rossa a forma di tre sulla guancia sinistra e pensai che fosse incredibilmente seducente.
“Vede quelle fotografie lì sulla destra? Sono le mie.” – mi disse puntandole con l’indice.
“Cappelli di paglia, risaie, pagode…sono pronto a scommettere che le ha scattate in Cina.”
“Ci è andato vicino: Vietnam.” poi continuò “Comunque io sono Nina.”
Ci stringemmo la mano e mi presentai a mia volta.
“In realtà mi chiamo Berenice ma Nina basta.” aggiunse.
“Un nome fuori dal comune!”
“Già. È opera di mio padre…sa’, anche lui è fotografo. Mi ha chiamata così in onore di Berenice Abbott.” – spiegò.
“Non la conosco.”
“È una fotografa americana. Mio padre ha preso spesso ispirazione dai suoi ritratti e dice sempre che le deve la sua carriera. Come se non bastasse la sorte volle che la Abbott morì a poche settimane dalla mia nascita… si vede che questo nome era proprio nel mio destino.”
“Be’ poteva andarle peggio!”
Mi resi conto di quanto suonasse insulsa quella risposta quando oramai era troppo tardi. Ero abituato a dire la cosa giusta al momento giusto eppure con lei sentivo di star facendo un disastro. Pensai che dovevo sbrigarmi a dire qualcosa oppure quel delicato germoglio che ci univa sarebbe improvvisamente sfiorito, così iniziai a bofonchiare delle parole confuse.
“Mi va di fare una passeggiata. E a lei?” propose all’improvviso interrompendo il mio discorso sconnesso.
“Volentieri.” risposi. Non desidero altro, pensai.
Era una serata bellissima. Non era ancora estate ma di fatto sembrava che lo fosse già.
L’aria era calda e le strade erano deserte. Ebbi l’impressione che il moto terreste avesse improvvisamente deciso di rallentare, come se l’universo intero volesse dirci ‘Godetevi questa notte, avete tutto il tempo del mondo.’
Avevamo già attraversato sette isolati e avevamo iniziato a darci del “tu” da quattro quando Nina mi propose di andare a mangiare un boccone.
Così dopo qualche ricerca trovammo una pasticceria aperta. Era piccola e dall’aspetto decisamente kitsch ma se non altro i dolci esposti in vetrina avevano un’aria invitante.
Ci accolse un anziano signore che immaginai essere il proprietario; aveva il viso grinzoso e il naso adunco e ci incoraggiò a sederci dove ci piaceva di più.
I tavoli erano tutti liberi ma senza esitare Nina si diresse verso quello in fondo alla sala. La seguii e prendemmo posto.
Afferrai uno degli spartani menù sistemati sul tavolo ma prima che potessi leggere una sola parola Nina mi sfilò gli occhiali e alitò delicatamente sulle lenti prima di pulirli con il lembo del suo vestito rosso.
“Va meglio, giusto?” mi suggerì dopo avermeli rinforcati.
In quel momento arrivò il cameriere chiedendoci se fossimo pronti per ordinare e non fu contento di sapere che avevamo bisogno di altro tempo per decidere.
“Allora, prima mi accennavi che lavori in un locale, giusto?”
“Sì.”
“Ed è un lavoro definitivo?”
“No, direi di no. Sia chiaro, amo il mio lavoro ma non riuscirei ad immaginarmi ancora lì tra dieci anni.”
“E dove ti immagini tra dieci anni?”
“Vorrei vedermi lontano da dove sono ora. Non mi piacerebbe guardarmi indietro ed accorgermi che sono rimasto fermo. E tu?”
“Vorrei andare a vivere sulla costa, in un paese di mare. Solo questo.”
“Perché non lo fai subito?”
“Perché non ho fretta, per adesso mi sta bene quello che ho. Faccio dei progetti, sì, ma cerco sempre di non guardare più in là di quello che riesco a vedere dietro l’angolo.”
“E non hai paura di perderti qualcosa?”
“Sì. Proprio per questo cerco di godermi il presente.”
“Touché.”
“Cosa ti aspettavi quando sei venuto a parlarmi?” proseguì Nina.
“Niente, non mi aspettavo niente.”
“Non è possibile. Nessuno fa qualcosa senza aspettarsi niente.”
“Be’, diciamo che ho agito d’istinto.”
“Quindi sei un tipo impulsivo?”
“Sì e no. Dipende. Forse proprio perché certe volte rifletto troppo, per contro, altre volte mi butto a capofitto nelle situazioni senza pensarci…non so se ha un senso.”
“Immagino di sì. So che non si dovrebbe chiedere ma…posso farti una domanda?”
“Solo se ho il diritto di non rispondere.”
“Accordato” dichiarò. Poi mi fece “cos’è, per te, che fa girare il mondo?”
“È una domanda strana da fare ad una persona che si conosce appena.”
“No, non lo è… è una domanda come un’altra” replicò scuotendo appena la testa.
“Allora… dico che sono i soldi che fanno girare il mondo.”
“Caspita, come sei pragmatico!”
“In effetti non lo so, dovrei rifletterci su ma per adesso tengo questa risposta. E per te? Cos’è che fa girare il mondo?”
“La fiducia. La fiducia in sé stessi, la fiducia negli altri, la fiducia nel cambiamento. Il mondo come lo vediamo oggi non esisterebbe senza la fiducia. Credi che sia stupido?”
“Affatto.”
Poi ci guardammo per un po’ senza dire niente. Qualcuno, una volta, disse che se non senti il bisogno di colmare a tutti i costi il vuoto che lascia il silenzio vuol dire che hai trovato una persona davvero speciale e quella notte più che mai mi sembrò che non ci fosse niente di più vero.
Tornammo al menù. Stavo scorrendo i gusti dei frappè quando scorsi Nina ridere sotto i baffi.
“Guarda qui!” esclamò indicando la pagina dei dessert “C’è scritto ‘morte alla frutta’ invece di ‘torte alla frutta. Un po’ macabro, no?”
“Questo non è un buon segno.”
“Cosa?”
“Quell’errore. Forse l’universo vuole metterci in guardia.”
“Mmh …Immagina una casina piccola e polverosa con tantissime cianfrusaglie sparse ovunque. Ecco, adesso immagina un vecchio uomo seduto sulla sua vecchia scrivania in una vecchia stanza che batte su una vecchia macchina da scrivere il nuovo menù per la sua pasticceria. È notte, è stanco ma non vuole rimandare perché pensa ‘chissà se ci arrivo a domani’. Allora pensa al tempo che passa, pensa a tutte le occasioni perse e pensa alla morte. Ed ecco che mentre è lì a redigere con cura la pagina dei dessert commette l’errore fatale. È così che è andata, te lo dico io.”
Ridemmo di gusto e fu in quel momento esatto che capii di amarla.
Pochi mesi dopo andammo a vivere insieme. Avevamo la nostra casa, i nostri film di serie B del sabato sera e il nostro aperitivo: analcolico con patatine per me, alcolico con pistacchi per lei.
Eppure, un martedì mattina di due settimane fa mi sono svegliato e lei non c’era più. È andata via nel cuore della notte, come una ladra, lasciandomi da solo con tutti i miei interrogativi che non avranno mai risposta.
Ogni sera rientro da lavoro sperando di sentire quel tremendo odore di incenso ma in cuor mio so che non sentirò più nessun aroma di lavanda, sandalo, cedro o ambra invadere la camera da letto.
Ancora non ero sicuro di sapere cosa facesse girare il mondo ma ero certo di cosa facesse girare il mio di mondo, anche se ormai non aveva più nessuna importanza.
Un racconto intimo, dal gusto reale. E’ come spiare dal buco di una serratura i protagonisti, come sfogliare le pagine di un diario con la consapevolezza che il dolore che traspare non è il nostro, o forse con la consapevolezza che potrebbe esserlo e sentire il gusto amaro delle cose perdute e il dolce sapore di una semplice storia d’amore . Brava.
Laura, grazie mille per il bel commento!
Non posso che condividere il piacere che ha espresso Laura nella lettura del racconto. E’ un vero peccato la fine di quell’amore. Nonostante quell’oscuro presagio ci avrei visto tutti i presupposti di un amore destinato a durare nel tempo. Ma non disperiamo … 🙂
Grazie per aver letto e commentato il mio racconto Les UBU! ????
Bello, mi piace. Lo trovo molto poetico e filosofico.
Grazie mille Pasqualina! Sono contenta che il mio racconto ti sia piaciuto ????
Bella l’immagine del vecchio seduto che scrive. Molto poetica.
Un racconto dal retrogusto amarognolo ma che alla fine non delude.
Complimenti.
Sono d’accordo con Les UBU, il racconto si legge talmente con piacere che la fine di questo amore è un vero peccato.
L’ultima frase, poi, rimane nella memoria.
Vincenzo, Patrizia grazie di cuore per i vostri bellissimi commenti!
inizio in sordina per passare ad una grande ouverture nello sviluppo del racconto. Molto bello e originale. Brava!
Un racconto da vivere come le scene di un film. Una storia attuale di amore improvviso, che come un fulmine arriva e come un fulmine se ne va. Davvero bello!!
Aldo, Giada grazie mille per i vostri commenti. Sono davvero contenta che il mio racconto vi sia piaciuto!
Eh sì, Francesca, talmente bello il tuo racconto che finisce troppo presto. Avrei letto ancora e ancora, perché scrivi davvero molto bene.
È stata una sorpresa perché, non so perché, dal titolo mi ero fatta un’altra idea, e il finale mi ha spiazzata, ma d’altronde noi sappiamo ciò che provava lui, mica quello che pensava lei. . . Vai a sapere il vero motivo per cui profumava tanto la camera da letto?!
A parte gli scherzi, stata bravissima anche a farci sentire la voce maschile; insomma, tanti complimenti!
Un racconto molto realistico con un finale a sorpresa. Mi chiedevo dove volessi andare a parare con quel titolo. Ho pensato ad una tragedia. Invece, con delicatezza, senza che il lettore se ne rendesse conto, sei scivolata sull’epilogo, senza usare parole forti, disperate, eppure la disperazione del protagonista si intuisce tutta. Complimenti!
Brava nello scrivere questa storia con la voce di un personaggio maschile a cui ci si affeziona. Di più: leggendo ci si affeziona alla coppia. Belli i dialoghi e i pensieri nelle pause. E l’accelerazione finale con la svolta lascia il lettore sorpreso a condividere lo stesso vuoto e le stesse domande del protagonista.
Marcella, Antonella, Marco grazie per le belle parole! Sono lieta che vi sia piaciuto e che abbiate deciso di lasciarmi un commento.
Francesca, un racconto delicato, malinconico e profondo. Mi è piaciuto davvero tanto. “L’universo vuole metterci in guardia”: in fondo è quello che è successo. La lezione su cosa realmente faccia girare il mondo è dura da apprendere. Eppure Dante lo aveva detto…è “L’amor che move il sole e l’altre stelle”.
Grazie mille Ester! Hai proprio ragione, questo genere di lezioni arrivano sotto forma di personali e intime rivelazioni che non sono mai facili da elaborare. Certo, se avessero studiato un po’ di più la letteratura italiana forse le cose sarebbero andate meglio 😉
Complimenti per il racconto: intimo ma al contempo universale, giacché tutti, di fronte alla promessa dell’amore, ci ostiniamo a ignorare i segni dell’universo che vuole metterci in guardia.
Una malinconia positiva, non fine a sé stessa ma quasi allegra. Mi è piaciuto molto.
Gloria, Giovanni grazie di cuore per le belle parole!
«Questo non è un buon segno» Brava!
Ancora una volta mi trovo d’accordo con un commento di Antonella Caputo. Un racconto quieto e delicato a cui, volendo, potresti dare un respiro maggiore.