Premio Racconti nella Rete 2018 “La ragazza sulla riva” di Gianluca Papadia
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018“Sta ferma” disse Yuri mentre tuffava il pennello nella trementina. “Siamo qui da tre ore”, rispose Emma, “fa un freddo cane e devo fare la pipì. E poi, mio caro Yuri, dopo tante volte dovresti saperlo fare anche senza di me”. “Centododici per l’esattezza amore mio. Abbiamo ancora cinque minuti di luce”. Dopo averlo pulito con lo straccio, Yuri sporcò il pennello di arancione per imprimere sulla tela quel riflesso di tramonto che adesso si mischiava ai capelli color platino di Emma, poi, con le dita sporche di colore, creò lo stesso effetto sulla massa d’acqua nera che scorreva impietosa. Yuri sentì le goccioline d’acqua gelarsi sotto il naso ed ebbe compassione di Emma che, nonostante il freddo, se ne stava immobile come sempre. Era la centoventitreesima volta che la ritraeva sulla riva di un fiume. La prima volta era stata proprio qui, sulle sponde della Moscova, quasi cinquant’anni prima. Da allora, la sua brillante carriera di pittore monotematico, lo aveva portato in giro per il mondo, alla scoperta di una riva dove poter magnificare la sua amata. Londra, Parigi, Vienna, Firenze, Calcutta, Manaus, Emma era sempre lì, strabiliante, a prendersi la scena, incurante dello spettacolo che la natura ostentava alle sue spalle, mortificando, con il suo leggiadro incanto, ogni volta un fiume diverso. “Ecco ho finito” disse Yuri emozionandosi come la prima volta. Emma iniziò a saltare sul posto per cercare di riattivare la circolazione. Yuri non capiva come, dopo tanti anni, riuscisse in quell’esercizio senza il minimo sforzo apparente. “Dovresti venire a camminare con me. Venti chilometri al giorno e ci riusciresti pure tu” disse Emma come se gli avesse letto nel pensiero. “Non posso staccarmi dai miei figli per tutto quel tempo” rispose Yuri indicando il quadro. “Bella scusa” rispose Emma, che intanto aveva iniziato i suoi esercizi di stretching. “E’ l’alibi di tutti i genitori. Ti farebbe bene muoverti un po’, con quel pancione non riesci nemmeno più a fare le scale.”. “A Firenze intanto ti ho sempre battuto. 392 scalini tutti di un fiato, senza contare i ventidue della rampa di accesso” replicò Yuri non riuscendo a nascondere il filo di malinconia che si era insinuato nella sua voce. Erano passati tanti anni. Allora era l’Arno a fare da sfondo al suo dipinto. “Come si chiamava il custode del campanile? Aveva un nome così buffo” chiese Emma premendo il tasto pausa dei ricordi. “Niccolò. Si chiamava Niccolò.” rispose Yuri facendo ripartire il flashback. Era grazie al custode che Yuri ed Emma potevano entrare nel campanile dopo l’orario di chiusura. Tutte le sere, dopo essere stati al fiume, correvano a godersi lo spettacolo da lassù. “Non aver paura di sognare” le sussurrava Yuri sottovoce. La prima volta le aveva detto quella frase proprio su questa riva. Il padre di Emma non voleva che lei frequentasse uno squattrinato che aveva preferito iscriversi a un corso di pittura anziché all’università, e, quando capì che “La ragazza sulla riva – olio su tela – Moscova – Dicembre 1965” ritraeva proprio la sua bambina, le impedì con tutte le sue forze di continuare a vedere quel miserabile pittore. Da quel giorno Yuri ed Emma furono costretti a nascondersi. “Non aver paura di sognare”, le disse allora Yuri, “troveremo un altro fiume”. Fu per quello che il secondo quadro ebbe come sfondo il fiume Istra, lontano da occhi indiscreti. Riuscivano a vedersi grazie all’aiuto di una cugina di Emma che, con la scusa di darle ripetizioni di storia, la accompagnava nelle colline nella parte nord della città. Per fortuna la Moscova aveva molti affluenti e, per non dare punti di riferimento al padre di Emma, vagabondarono per i vari corsi d’acqua della regione. “La ragazza sulla riva” ebbe molte repliche e il nome di Yuri cominciò talmente a farsi largo che nel settembre del 1970 fu invitato, insieme ai più promettenti artisti sovietici dell’epoca, a esporre i suoi quadri alla Scuola d’Arte di Vitebsk. “Ci sarà anche Chagall?” gli chiedeva sempre Emma per distogliere il discorso dalle folle intenzioni di Yuri. “Scappiamo insieme.” le diceva con gli occhi ardenti di passione. “Dopo Vitebsk ci trasferiamo a Parigi, c’è un gallerista che vuole conoscermi. Emma, non aver paura di sognare”. Yuri terminò di riporre tutti i tubetti nella cassetta mentre il ricordo della notte prima della partenza per Vitebsk gli annebbiò la memoria. “Sei stato via per sei lunghissimi mesi”, la voce di Emma echeggiò tenebrosa come se arrivasse dal passato. “La mostra andò talmente bene che la chiusura fu prorogata per ben due volte” replicò Yuri in tono di scuse, “e poi lo sai che senza di te non sarei mai partito”. “Per fortuna ho insistito tanto”, disse Emma indossando finalmente il suo cappotto, “senza quella mostra col cavolo che avrebbero esposto le tue opere a Parigi”. Yuri ripensò con pudore a quell’aereo che l’aveva portato a Parigi con le sue tele come unico bagaglio. “Potevi almeno passare di qui per un saluto” cercò di stuzzicarlo Emma. “Con la conquista di Parigi tuo padre avrebbe sicuramente abbassato le armi” bisbigliò Yuri mentre smontava la tela dal cavalletto. Dopo cinquant’anni aveva sentito il richiamo delle sue origini, la Moscova pretendeva di fare di nuovo da sfondo a “La ragazza sulla riva”. Come la prima volta quel quadro era dannatamente perfetto. Come la prima volta, avvolse il quadro in un foglio di carta da imballaggio e lo strinse con uno spago in modo da nasconderlo bene. Colse un fiore dalla riva del fiume e si avvicinò a Emma. Il buio ormai aveva inghiottito tutto e, anche se non riusciva più a vederla, sentiva ancora il suo profumo nell’aria. Ora erano le lacrime a gelare sotto il suo naso. Yuri si fermò sulla riva e lanciò il fiore proprio nel punto dove la ragazza si era gettata cinquant’anni prima. Emma aveva avuto paura di sognare.
Mi è piaciuto tantissimo questo racconto dal finale inatteso e pieno di poesia.
Bellissimo racconto Gianluca, intriso di poesia, arte, sentimento, amore, nostalgia e dolore.
grazie Laura
grazie Pasqualina, è proprio quello che volevo trasmettere
Una bella storia tutta giocata fra ricordo e rimpianto, scritta con delicatezza. La scelta del fiume, l’acqua che scorre senza tornare, è perfetta per il significato del racconto. Molto molto bello il finale.
grazie marco
Amore, amore che trabocca fin dall’inizio e che rimane impresso sulla tela, anzi sulle tele. Amore che si moltiplica nel finale, perché veramente dev’essere stato tanto, negli anni. Hai riunito le arti con questo racconto, scrittura e pittura e quasi poesia. Grazie, perché oggi sognerò pensando a questa bella storia e alle pennellate che l’hanno definita. Complimenti!
grazie Silvia per il tuo commento davvero “intenso”.
Non aver paura di sognare…
Che bel racconto, Gialuca.
Come hanno detto gli altri, ci sono nostalgia e poesia e amore.
E un fianle triste e dolce insieme.
Grazie Patrizia.
Complimenti Gianluca, molto poetico ed evocativo. Si nota la passione per un certo contesto storico e artistico. Bravo!
Grazie Giada