Premio Racconti nella Rete 2010 “Rocca Montorsa” di Giovanna Vannini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010Dopo aver cavalcato per quasi due ore, ora al trotto, ora al galoppo, Messer Riccardo giunse al convento di Binosse. Il sacro luogo facea da porta d’ingresso alla piccola Contea di Rocca Montorsa, proprio ai piedi dela catena montuosa. Ancora un miglio e cavallo e cavaliere sarebbero giunti alla meta. Con fare garbato e rispettoso, il nobile spronò di nuovo il suo destriero, come a riconoscergli la fatica del viaggio, incitandolo però ad un ultimo sforzo. Il sole ormai alto nel cielo, scaldava fin troppo quella tersa giornata di fine luglio, rendendo i paramenti del cavaliere ancor di più pesante ingombro e il manto del cavallo sudato e polveroso. La fontana della piazza della Rocca li accolse per prima dissetandoli e ripulendone faccia e muso.” Buon uomo “ disse Messer Riccardo, richiamandone di quello l’attenzione, “ Potreste indicarmi una locanda dove un forestiero come me possa trovare alloggio e riparo per il suo cavallo? ”Certo Signore” rispose l’uomo, “ Prendete il vicolo che sale alla destra della piazza e lì troverete La locanda del Mulino”. “ Ringrazio e riverisco “ rispose il cavaliere. “ Servo vostro” rispose l’uomo.
Appena che fu dinanzi all’entrata della locanda, un ragazzotto dal rubicondo aspetto gli si avvicinò “ Signore, la stalla di mio padre è qui a un passo, permettete che io m’occupi del vostro cavallo?, Non avrete a pentirvene.” Messer Riccardo scrutò il giovane con attenzione e trovandovi lealtà nello sguardo e solerzia nei modi, glielo affidò. Affinché questi si occupasse con dovizia dell’animale, gli posò sorridendo alcuni scudi nella mano.” Grazie Signore, servo vostro Signore.” Il giovane prese il cavallo e si diresse verso la stalla.
Dame, nobili e cavalieri, affollavano il salone della locanda. Parea che le contee vicine si fossero riservate tutte a Rocca Montorsa. A stento Ser Riccardo trovò un tavolo per consumare una pietanza calda e una camera per alloggiare. Motivo di così tante genti era il fidanzamento di Laura, primogenita di Messer Morgante Signore della contea, uomo ricco e d’indiscussa potenza. Dopo che il cavaliere ebbe soddisfatto la gola, si avviò nella stanza che l’oste gli aveva assegnato. Un meritato riposo gli avrebbe restituito forza e vivacità.
Si svegliò che il sole volgeva al tramonto. Guardandosi intorno vide che la stanza era pulita e accogliente. In un angolo di questa persino una bacinella di media grandezza e una brocca d’acqua per darsi una rinfrescata.
Ripulitosi e indossati abiti consoni alla serata, si immerse nell’ atmosfera festosa che invadeva i vicoli della Rocca. Cuochi e sguatteri si affaccendavano a bracieri e girarrosti, dove carni e cacciagione di ogni genere arrostivano lentamente. In una corte non distante dalla piazza principale, saltimbanchi e giocolieri intrattenevano giovinetti e acerbe donzelle, mentre sotto i porticati i cantastorie con sagaci rime e ambigui fraseggi, facean arrossir le dame e sorridere gli uomini. Su ambedue le sponde del fiume Montorsa che scorreva tranquillo dividendo il paese a metà, si erano accampate le guardie di Ser Morgante,per quella occasione affiancate da altre, giunte dalle vicine contee. Quiete e ordine dovevano regnare indiscussi in quel giorno di festa. La piazza del paese andava animandosi nell’attesa che il Signore della Rocca, con consorte e figlia, facesse il suo ingresso. Preceduti dagli sbandieratori e dal rullio dei tamburi, eccoli ora giungere al passo in sella ai loro destrieri. Il popolo tutto partecipava all’evento, come se ogni differenza di rango fosse per un sol un giorno dimenticata. Un affannarsi e un susseguirsi di inchini e riverenze li accomunava.
La soave bellezza di damigella Laura non passò inosservata a Messer Riccardo. Non avrebbe disdegnato essere il beneficiario di cotanta grazia. E proprio costui che rispondeva al nome di Cosimo, veniva ora incontro al corteo, affiancato dai nobili genitori, ognuno dall’alto dei loro cavalli. Il rullio dei tamburi si fece più forte, suggellando così l’incontro ufficiale delle due casate. Dopo i saluti e le benedizioni di rito, i padri lasciarono che i “promessi “ si affiancassero, proseguendo il tragitto tra le inna di giubilo dei presenti accorsi.
Quella sera Rocca Montorsa parea un paradiso in terra. Dovunque tavole imbandite di carni e frutti di stagione mentre servi e osti non riparavano a ricolmar di vino le brocche. Nella piazza, fulcro dei festeggiamenti, menestrelli con arpe, flauti, ghironde e liuti, suonavan le note giuste per accompagnar le danze. Eccoli lì, nobili, dame e cavalieri dilettarsi or nel salterello, or nella moresca, la carola e il branile, dimentichi di ruoli, casati e ranghi d’appartenenza.
Andarono avanti che era notte fonda. Poi il sonno e la stanchezza avvolse la Rocca.
Il giorno seguente, non prima dell’ora del desco si videro in giro nobili o dame. Solo sguatteri e servi affannati e assonnati erano ora a ripulire i vicoli e a portar via i resti della trascorsa serata. Messer Riccardo fu uno dei primi a lasciare la locanda. Era uomo avvezzo a tirar tardi la sera e non abbisognava perciò di molte ore di sonno. Si avviò così a piedi verso l’uscita del paese, dove ricordava esserci la deliziosa piscina comunale, posizionata in una conca verde in mezzo alla catena Appenninica. Qualche vasca a dorso e a rana, lo rinfrescarono dal caldo sole di mezzogiorno. Si era appena seduto sulla sdraio quando squillò il cellulare: “ Pronto? Oh Marione carissimo si tutto ok, tutto bene, anche questa rievocazione è andata! Si, certo i gruppi storici hanno tutti fatto la loro stupenda figura, del resto come sempre! E poi lo sai no che l’organizzazione comunale di Montorsa è sempre una garanzia per questo genere di eventi! A proposito te lo ha detto Roberta? Ah, guarda quest’anno ci siamo superati! Arrivo in paese in sella ai cavalli! Che spettacolo! Un’entrata da “urlo”! Oh, e poi aspetta non ti ho detto l’ultima… tutti in costume medioevale compresi i paramenti dei cavalli! Un caldo che non ti dico!!! I cavalli? I cavalli sono da Luigi, dovrebbe a minuti venire Sandro con il carrello a prenderli. Via Marione ci sentiamo, alla prossima salutami tutti.” Riattaccò e spense il cellulare. Voleva godersi ancora quella quiete e quel sole di montagna prima di immergersi di nuovo nella sua caotica cittadina.
E brava…ci sono cascata come una pera cotta…complimenti!
Il linguaggio, come sempre, crea la storia e il tempo…davvero brava!
A questo punto Sara, non puoi esimerti da leggere e apporre commento, anche a “La Velia”…
Un tuffo nel passato ed un divertente e piacevolissimo ritorno al presente…
Molto simpatico (io c’ero cascata in pieno, brava!)
paola