Premio Racconti nella Rete 2018 “L’asparago” di Alberto Alassio
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Svegliatosi nel cuore della notte andò in bagno praticamente ad occhi chiusi. Era un avvenimento comune quello, che il sonno lo abbandonasse a metà della notte e che lui provasse a riaddormentarsi per qualche minuto. Se non ci riusciva, andava in bagno, anche se non ne aveva l’urgenza. Con i sensi aumentati dal buio, l’odore disgustoso del suo piscio gli arrivò subito alle narici : asparagi. Tirò l’acqua e tornò a letto, non ricordando di averne mangiati la sera prima.
Al mattino spalancò gli occhi contemporaneamente all’accensione del suo cervello che diceva una sola parola: uovo. Abituato a una colazione a base di fette biscottate e miele si stranì per quel pensiero ma decise di assecondarlo e si fece addirittura due uova al padellino, accompagnate da una spremuta. Finito di mangiare, letti i titoli principali, si recò in bagno e mentre pisciava sentì di nuovo quell’odore di asparagi. Ripassò il menù del giorno prima: di asparagi neanche l’ombra. Soprassedette alla singolarità dell’evento ( sebbene già doppio) ed uscì per andare a lavoro. Mentre camminava per la strada iniziò a sentirsi strano, le sue gambe gli parevano più rigide del solito e anche dal busto in su non si sentiva proprio sciolto. In più le nuvole che continuavano a coprire il sole lo innervosivano in modo incontrollato. Alzando il capo al cielo diverse volte aveva imprecato verso di loro, sentendo una vorace necessità di raggi solari per lui del tutto inusuale. Non la sapeva né spiegare né contenere.
Giunse a lavoro sudato marcio ma fortunatamente si era portato un cambio, così andò dritto in bagno per darsi una lavata e infilarsi i vestiti puliti. Sfilata la camicia l’odore del suo sudore lo investì: odore di asparagi. Gli venne una sete improvvisa. Un collega vedendolo bere con tale animosità gli domandò se stesse bene ma lui, non riuscendo a rispondere, si drizzò a fatica, lo guardò e poi svenne.
– Ecco che si riprende…ecco, ecco!-
Aprì gli occhi e vide diverse persone intorno a lui fra cui il suo capo e una ragazza che gli piaceva. Provò a parlare senza riuscirci.
-Stia tranquillo per carità, stia fermo lì che ci pensiamo noi a lei,- e lo sollevarono. Si accorse di trovarsi su di una barella. Si sentiva completamente irrigidito e i piedi gli prudevano enormemente.
Non arrivarono nemmeno alla porta d’ingresso dell’edificio che aveva di nuovo perso i sensi.
Si risvegliò in ospedale e intorno a lui vide sua madre, sua sorella e quello che sembrava essere un dottore.
– Mamma, mamma, è sveglio, è sveglio!- esclamò la sorella, quasi intimorita.
A fatica riuscì a tirarsi su dal letto, mettendosi in posizione seduta, mentre lo osservavano chi paurosa, la sorella, chi grata, la madre, chi con uno sguardo ambiguo, il dottore.
– Dottore,- disse e si stupì per il suono della sua voce, così flebile e acuta.
– Shhhh, la prego, parli sottovoce, non si sforzi,- gli disse quello, aiutandolo a restare seduto.
– Che cosa ti è capitato figlio mio, che cosa ti è capitato,- esclamò fra le lacrime la madre, e uno sguardo del dottore fu sufficiente per far capire alla figlia che sarebbe stato meglio portarla fuori dalla stanza. Rimasero in silenzio mentre quelle uscivano e notò che il dottore stava sorridendo in modo strano. Aveva di nuovo voglia di uova.
– Dottore, la prego…- sembravano tre diavoletti a parlare al posto suo.
Il dottore si voltò di scatto e ne scorse gli occhi lucidi e le labbra tremolanti: pensò che il sorriso talvolta può trarre in inganno.
– Io…non so come dirle questa cosa…quindi gliela dirò nel modo più diretto possibile,-
Silenzio.
– Mi segue?-
– Ho molta sete,- disse, terribilmente spaventato.
– Sì, tenga tenga, prego, dovrebbe bastarle,- e gli porse una cannuccia lunghissima che finiva direttamente dentro un’enorme tanica d’acqua. Iniziò a bere e in pochi secondi la svuotò del tutto.
– Impressionante- disse il dottore sottovoce, meravigliato, osservando la tanica vuota. Poi si girò di scatto verso di lui, gli strinse le mani intorno alle spalle e gli disse: -Mi ascolti attentamente, lei…lei sta diventando un asparago!- Lui spalancò gli occhi e lo guardò attentamente, inclinando il capo.
– Io non sono un dottore, o meglio sì lo sono, ma non nel senso tradizionale del termine…- continuò il dottore, prendendo dei fogli e sfogliandoli nervosamente.
– Io non sono un comune dottore, sono un botanico ed un esperto di genetica… e insomma, studiando il suo caso…le analisi poi lo confermano…certo certo, approfondiremo ancora ma non sembra davvero esserci margine d’errore…lei, non si sa perché e non si sa come ma sí, lei sta diventando un asparago!-
Tentò di alzarsi ma le gambe non si piegarono come avrebbe voluto.
– No no, non si muova così di scatto, mi ascolti, la prego… Per ragioni assolutamente sconosciute lei sta diventando un asparago. Il suo corpo è in uno stato di transizione tale che il suo quantitativo di sangue è meno della metà di un adulto, tutto il resto è composto da clorofilla. Mi dica poi… ha sempre avuto questa sete così aggressiva?-
Scosse la testa, senza riuscire a proferire parola.
– Vede, appunto, questa sete così…imponente, quelle micro-formazioni sottocutanee nei piedi che ora non riesce a vedere ma che abbiamo osservato e fotografato e che sembrano, anzi SONO delle radici, la rigidità e innaturale sodezza del suo corpo, della sua pelle, questo mutamento della voce, il suo cervello in trasformazione…insomma, tutto fa pensare…-, venne interrotto dall’improvviso ingresso della madre.
– Figlio mio, che cosa ti è successo!- urlava, in lacrime e gli si buttò sulle gambe mentre anche sua sorella piangeva vicino alla porta, indecisa se entrare o meno.
– Mamma…- disse con quella assurda voce tremolante e iniziò anche lui a piangere, molto confuso.
Il dottore riprese a parlare:- Vede, è la prima volta che una cosa del genere accade, stanno venendo qui esperti di tutto il mondo per studiare il suo caso…questa transizione forse è reversibile, non sappiamo ancora come fare però se lei ci dà il permesso…-
Non riuscì a terminare la frase che lui, con uno sforzo sovrumano spostò la madre, si alzò e disse, perentorio:- Voglio andare a casa.-.
– Ma se lei restasse qui noi potremmo aiutarla meglio, se lei ci desse l’opportunità di aiutarla nella decisione da prendere…-
– Quale decisione, di che cosa parla?- domandò la madre, accigliata.
– Beh..questa transmutazione da umano ad asparago…sì, forse è reversibile ma non necessariamente si deve voler tornare ad essere umani, insomma ognuno potrebbe fare le valutazioni del caso, preferire un nuovo straordinario mondo e…-
Un sonoro schiaffo lo colpì in pieno volto.
– Mamma, no!- urlò la figlia.
– Non crederà forse che mio figlio voglia diventare un asparago, ma che cosa sta dicendo, lei è pazzo! Pazzo!-
– No, se lui non vuole no di certo, ma signora se pensa all’opportunità per la scienza, il significato di questa scoperta…- si giustificò e poi rivolgendosi direttamente a lui in uno spregiudicato tono amichevole:
– Se pensi a che cosa può voler dire per la scienza…per il mondo, per tutti noi! Essere un asparago! Un asparago pensante, che legge Aristotele! Che conosce le equazioni! Le gare di cucina!-
– Voglio andare a casa!- implorò lui, scandendo le parole.
-Sì sì certo, andiamo, andiamo, vieni..aiutami a tenerlo, dai- la figlia vinse la riluttanza e aiutò la madre a sorreggerlo.
Mezz’ora dopo era nella sua vecchia camera, allungato rigidamente sul letto.
– Se hai bisogno di qualcosa..- domandò la madre ma lui né la guardò né le rispose e lei chiuse silenziosamente la porta alle sue spalle.
La sua testa era del tutto incapace di pensare qualcosa che avesse un senso. I piedi gli prudevano tantissimo ma decise di non grattarseli e anche di non guardarli. La schiena era rigida, così come le gambe che sembravano essere un tutt’ uno col busto. Si toccò le braccia e fu meravigliato da quanto la sua pelle fosse diventata liscia e…diversa al tocco. Ma quel dottore doveva essere un pazzo e sua madre e sua sorella…delle imbecilli! Credono a tutti e tutti! Che assurdità aveva sentito in quell’ospedale, doveva tornare là e denunciarlo, una persona del genere non dovrebbe poter lavorare.
Aveva di nuovo sete e fame di uova.
– Mamma- tentò di urlare.
La sua voce quasi-armonizzata raggiunse la madre che in un secondo fu da lui.
– Dimmi tesoro, dimmi!- lo guardava ansiosa, alle sue spalle sbucava la sorella ma non appena i due fratelli incrociarono lo sguardo, lei scappò in cucina.
– Non farci caso, sai com’è fatta..- rise come a comando, la madre.
– Mi prepari delle uova per favore-, domandò a fatica.
– Certo certo, quante ne vuoi?-
– Cinque…e voglio dell’acqua, almeno due litri d’acqua –
– Ma..cinque uova…ti faranno male, non so nemmeno se ne abbiamo in casa cinque uova e tutta quell’acqua…-
– Portami le uova!- urlò e i suoi piedi improvvisamente iniziarono a bruciargli.
La madre se ne andò impaurita.
Poco dopo la sorella entrò in camera e gli porse le uova, strapazzate, in una grossa scodella di solito utilizzata per contenere la frutta insieme a due bottiglie d’acqua.
– Come stai?- gli domandò.
– Mi sento strano- rispose lui, mangiando avidamente.
– Ma perché parli così ?- Lei lo guardava indispettita.
– Così come?-
– Con questa voce… Perché parli così, lo fai apposta?-
Finì di masticare le uova e poi si sforzò di ritornare alla sua voce di sempre. Ne uscì un miagolio.
– Smettila, non fa ridere questa cosa!- gli urlò contro, dandogli una spinta.
– Ma non lo faccio apposta, ti sembra ??- rispose lui , stanco e nervoso.
Lei lo guardò severa, gli tolse bruscamente il piatto dalle mani e se ne andò dalla stanza.
Le uova lo avevano sfamato, bevve ancora tutta l’acqua che gli avevano portato e, senza riuscire a concentrarsi su niente, si addormentò.
Stava facendo un sogno in cui si muoveva saltando da un punto ad un altro a piè pari , con le braccia lungo i fianchi come un soldatino, mentre sua madre e sua sorella lo guardavano e applaudivano. Erano tutti felici. Si svegliò improvvisamente, ritrovandosi completamente dritto, sdraiato sulla schiena. Testò il suo corpo e si accorse che il prurito ai piedi era scomparso del tutto ma la rigidità di gambe, braccia, schiena, era ancora più evidente. Riuscì ad alzarsi, scivolando e rotolando dal letto ma i muscoli per sostenerlo fecero uno sforzo tale che urlò per il dolore. La madre arrivò subito da lui.
– Lasciami stare!- le disse rabbioso.
– Ma dove vuoi andare, resta qui!- supplicava lei.
– Vado a lavoro, dove vuoi che vada- rispose esausto mentre a fatica si vestiva. Le scarpe gli sembravano strette e sentiva dei bitorzoli sotto la pianta del piede. Non volle di nuovo guardare.
– Ma nella tua condizione…nessuno si aspetta che tu vada, riposa invece, domani magari poi..-
Lui la guardò sprezzante e strisciando i piedi uscì dalla stanza, senza risponderle.
– Sotto ci sono i giornalisti, non puoi uscire!- intervenne la sorella.
– Dove sono i giornalisti?- chiese lui stupito.
– Sono qui davanti ovunque, ci hanno già fatto un sacco di domande.
– Bastardi!- urlò la madre. – Bastardi!- ripeté e corse sul balcone per inveire contro di loro e quelli, non appena la videro iniziarono a chiamarla e a scattare fotografie.
– Ma cosa vogliono da noi?- domandò lui.
– Sono qui per via della tua…trasformazione – gli rispose la sorella.
– Ma piantatela con sta storia dell’asparago, io non sono un asparago, quel dottore è un pazzo un cretino, un-
Venne interrotto dal pianto improvviso della sorella che fra i singhiozzi non faceva altro che ripetere non lo so, non lo so, mi dispiace.
La guardò per un istante senza saper che cosa dire e poi uscì di casa. Si ritrovò di fronte i giornalisti, un mucchio di loro, fra reporter e fotografi. Ci fu un immobile secondo in cui nessuno fece nulla, nemmeno respirare. Poi una donna gli si avvicinò spavalda e parlando molto velocemente lo interrogò:- Quali sensazioni prova, prova ancora delle sensazioni, come descriverebbe la sua vita ora?-
– Non so che cosa voglia dire, lasciatemi stare- rispose, evasivo, mentre tentava di andarsene, schivando quella folla curiosa che stava intorno a lui e lo fotografava. Altre persone gli rivolsero delle domande come:- Che sentimento prova verso gli umani e verso i vegetali? È mai stato vegetariano o vegano e alla luce di questi ultimi eventi che opinione ha di queste due categorie? Qualcun altro della sua famiglia sta subendo una sorte simile alla sua? Avrebbe preferito diventare un ravanello? Sta diventando un asparago maschio o femmina?-
Rispose solo a quest’ultima domanda.
– Ma che cazzo dite, maschio, certo! – cercando di vedere chi avesse fatto quella domanda e poi si corresse, – Io non sto diventando proprio niente, quel dottore, voi..siete tutti fuori di testa!-
Vide un taxi passare e gli si buttò quasi sotto per fermarlo. Non riuscendo a piegare la schiena per entrare nella vettura, si lasciò cadere a pancia all’ingiù sul sedile posteriore e un fotografo provando pietà verso di lui, ma non prima di averlo fotografato una ventina di volte mentre imbarazzava se stesso in pubblico, gli spinse dentro i piedi che fuoriuscivano e chiuse la portiera della macchina.
Il tassista partì, mentre lui gemendo gli diceva la destinazione.
In macchina gli mancava l’aria.
– Scusi può aprire il finestrino?- chiese debolmente.
Il tassista emise un grugnito e tirò giù il suo finestrino fino a metà. L’aria fresca lo investì e ne fu felice. Sentiva anche una grande necessità di restare immobile al sole e pensò che quel giorno, per la voglia che ne aveva, sarebbe riuscito a stare ad abbronzarsi anche per tre, quattro ore consecutive.
Quando questa storia finisce devo andare al mare, pensò.
Il taxi di colpo si fermò ed il suo conducente si limitò a dire il nome della via ed il numero.
– Mi aiuta a scendere per favore, sono bloccato- gli chiese .
Quello sbuffò, scese dalla macchina e lo tirò fuori per le gambe, aiutandolo anche a drizzarsi in piedi.
– Grazie, grazie..quanto le devo, ecco, prenda il portafoglio…- non riusciva più a muoversi con rapidità. Ma il tassista gli rivolse uno sguardo disgustato e senza proferire parola rientrò in macchina e se ne andò. Incredulo, entrò nell’edificio in cui lavorava e vide subito il suo capo venirgli incontro, con un folto gruppo di spettatori suoi colleghi alle spalle.
– Ma che cosa fa qui, perché non è in ospedale? – gli domandò il capo, allarmato.
– Sto bene, sto bene, voglio solo rimettermi a lavoro- disse lui, sforzandosi di parlare con convinzione, senza osare guardare nessuno negli occhi.
– Ma no senta, venga, la accompagniamo noi, ci dica solo chi chiamare,- così gli diceva, mentre con un misto fra schifo e paura gli metteva una mano sulle spalle per spingerlo fuori.
– No, no! Voglio lavorare!- urlò lui, togliendosi quella mano di dosso con un movimento rabbioso della cui intensità fu stupito lui stesso.
– Ma non se ne parla, non abbiamo tutele adatte e se poi capitasse che,- continuava con premura il capo e così perse definitivamente la pazienza ed urlò un’altra volta:- Voglio lavorare! Voglio lavorare !-
Provò ad incamminarsi verso la sua scrivania ma quello lo bloccò e rivolgendosi ai colleghi disse forte: – Chiamate subito l’ospedale, presto!-.
Cercò ostinatamente di liberarsi dalla presa ma senza successo, anche alcuni suoi colleghi lo stavano tenendo fermo, chi per le gambe, chi per le braccia, anche se, debole com’era, anche un bambino sarebbe riuscito a fermarlo. Mentre si divincolava vide fra le varie persone radunatesi lì, l’unica persona che gli fosse mai piaciuta, quella ragazza che in tutti quegli anni non l’aveva mai guardato e che ora invece lo fissava con tristezza e stupore, allora esasperato non ne potè davvero più: emise un urlo di disperazione, acutissimo ed acquoso. Tutti mollarono la presa e indietreggiarono. Un improvviso formicolio alla testa ed il suo capo, la ragazza, tutti che la stavano fissando increduli, lo spinsero a toccarsi il capo. Si spaventò quando sentì sotto le dita delle protuberanze che fuoriuscivano.
– Senta, venga con noi..- disse accomodante il capo, avvicinandosi a lui con cautela.
– Mi lasci stare!- rispose gemendo.
Ma la sua voce ormai non si sentiva quasi più. Gli occhi gli si riempirono di lacrime e l’odore di asparagi invase il luogo. A quel punto qualcuno, non riuscì a capire chi ma senza dubbio un uomo, disse sottovoce a qualcun altro: – Certo che mi fa venire una fame sta storia…- Dopodiché qualcun altro ancora rise, una donna scandalizzata disse state zitti! , dei mormorii si generarono ma lui non si accorse di nulla: sentiva solo più una estrema necessità di esporsi al sole. Nient’altro. Allora sotto gli occhi dei suoi colleghi uscì faticosamente dall’edificio, ricordandosi che lì vicino c’era il parco della scuola in cui era cresciuto e si diresse verso di esso. Giunto sul luogo cercò un punto lontano da sguardi indiscreti, si fermò, sentì il caldo odore della terra, chiuse gli occhi e pensò intensamente al nulla. Delle urla improvvise lo destarono da quello stato di pace che era appena riuscito a conquistare e vide sua madre ed il dottore dietro di lei che correvano verso di lui trafelati, agitando dei barattoli in mano.
La cura! La cura! stavano urlando. Guardandoli, gli sembrava che appartenessero ad un’altra vita. Scorse dietro di loro sua sorella che immobile lo guardava e, con uno sforzo inumano, alzò il braccio per salutarla: lei non rispose e anzi si girò proprio in quell’istante, come per fingere di non averlo visto. A quel punto inspirò come non aveva fatto mai, sollevò le braccia e il capo al cielo, guardò in faccia il sole e, inspiegabilmente ed in un lampo, divenne un asparago di un metro e settantacinque per sessantotto kg circa.
Forte! La reminiscenza kafkiana è evidente, ma non toglie originalità al testo. L’atmosfera surreale venata di ironia lascia spazio per una riflessione sulla “metamorfosi” alla quale la società ci costringe e che alla fine, nostro malgrado, accettiamo.