Premio Racconti nella Rete 2018 “La cerniera” di Alberto Alassio
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Era una sera straordinariamente fresca per essere primavera e per questo Pavel Fedel aveva ancora indosso la sua giacca mentre rincasava. A dire il vero c’è un’altra ragione per la quale il giovane Pavel Fedel portava quella giacca ed era che quello era il suo indumento preferito. Non aveva nulla di particolare, era nera, liscia, sufficientemente impermeabile e con il collo alto anti-vento ma a lui piaceva immensamente e quasi congelava quando l’autunno tendeva all’inverno e cocciuto continuava a portarla, così come quando arrivava l’estate, piuttosto la teneva sotto un braccio, piegata meticolosamente perché non si sa mai che poi il freddo.
Ma purtroppo, quella sera primaverile, conclusa l’incessante pioggia che da tempo funestava i suoi giorni, finalmente schiudeva a Pavel i primi colori brillanti dell’erba e del cielo , i canti degli uccellini poco per volta più coraggiosi, le voci delle umane genti che uscivano per strada, e Pavel gustava tutto ciò con salutare respiro a pieni polmoni dovuto alle scale audacemente salite due gradini alla volta, con attoriale nonchalance andava sfilandosi l’amata giacca quando…la cerniera s’inceppò a metà della corsa.
– Ma porc,- disse.
Con il capo reclinato tentò di risolvere il problema strattonandola con possibile delicatezza ma quella restava immobile. Fece un respiro profondo per allontanare lo stress e provò con ottimismo una mossa più energica ma di nuovo, nulla accadde. Rientrato in casa, si sfilò la giacca ed iniziò a studiare il problema con lo sguardo di un matematico alla ricerca della dimostrazione di una congettura anche se, in fin dei conti, per fortuna di Pavel Fedel, si trattava semplicemente di una cerniera e le possibili cause si potevano contare sulle dita di una mano. Forse qualche filo, qualche capello, qualcosa di varia natura si era impigliato? Forse si era storta, piegata in qualche modo? Allungò lo sguardo sulla giacca e la scrutò atomo dopo atomo. La cerniera era perfetta. Concludeva dunque, il sommo Pavel Fedel, che nulla stava ostruendo il suo percorso e che quindi essa poteva scorrere senza problemi, così come aveva fatto finora, si era dunque trattato di un piccolo incidente di percorso. Fiducioso, afferrò la zip e mentre con una mano teneva la giacca, con l’altra tirò verso di sé con una certa determinazione. La cerniera non si mosse neanche di un millimetro.
-Ma porc,- ripeté, più forte.
Decise quindi di cenare per distrarsi un po’, ma il sollievo fu breve perché mentre mangiava con meccanica voracità tenendo gli occhi spalancati e pazzi fissi sul nulla, si arrese al ricatto della sua mente che non faceva altro che ripetere possibili soluzioni per sbloccare quella maledetta cerniera. Estenuato si alzò di scatto per tornare dalla giacca. Essa naturalmente era sempre lì, distesa sul letto, mal funzionante eppur bellissima, e Pavel Fedel la contemplava, masticando nervosamente, con uno sguardo che lo faceva sembrare un po’ uno stupido. Poi andò a lavarsi le mani e così si vide nello specchio. Percepì la sua immagine come un cattivo presagio, senza sapere di che cosa e perché. Tornato in camera borbottò come un dottore allora cosa c’è che non va, vediamo, misurando con gli occhi la giacca. Ma come già chiarito, non c’erano tante strade da provare, se non tirare, tirare, tirare, prima su, poi giù, poi di nuovo su, a due mani, su e poi giù, tenendola ferma col ginocchio, poi girandola al contrario, soffiando sulla zip, indossandola e riprovando le diverse mosse, su e poi giù, togliendosela e ricominciando da capo, cambiando le dita utilizzate, invertendo la posizione delle mani… La cerniera non faceva un passo. Sconfortato decise quindi di arrendersi, l’indomani avrebbe riprovato, forse al mattino sarò più fresco e magari… Alle prime luci dell’alba aprì gli occhi e una sensazione sgradevole e misteriosa lo assalì. Che cosa c’è che non va, che cosa c’è che non va…la giacca, ricordò. Si rigirò nel letto per qualche minuto, tentando di riaddormentarsi ma non riusciva a non pensare a quella cerniera inceppata e così, fortuitamente, gli venne la più semplice e corretta delle intuizioni : portarla in sartoria.
A quel punto si riaddormentò.
La ragazza che lavorava lì era antipatica ma efficiente. Si mise subito all’opera davanti al povero Pavel Fedel che non si esimeva da acidi commenti come così ho già provato oppure attenta a non rovinarla tirando così forte ma imperterrita quella non si faceva condizionare e per dieci buoni minuti furono entrambi completamente immersi nel magico mondo della cerniera inceppata.
Quando poi anche lei si arrese dicendo con voce sgradevole :- Boh, non si riesce è rotta, non so che fare.-, Pavel Fedel, risvegliatosi di colpo, quasi spaventato, lanciò un’occhiata feroce alla ragazza, afferrò la sua giacca e senza nemmeno dire grazie uscì dal negozio, sbattendo la porta.
Sfortuna volle poi che piovesse e Pavel Fedel fosse uscito senza un ombrello. La giacca l’avrebbe potuto magnificamente coprire ma, cosa pazzesca, per un istante Pavel Fedel si dimenticò di tutta quella faccenda e ingenuamente mise le mani sulla cerniera per aprirla e infilarsela. Fu sufficiente tirare una volta all’ingiù per rinfrescargli la memoria e farlo urlare come un pazzo dalla rabbia, spaventando i passanti. Correndo in direzione di casa, si ritrovò casualmente a passare davanti al negozio in cui aveva comprato quella giacca e così decise di entrare per esporre direttamente a loro il suo problema, stupito per non averci pensato prima. Il negozio era pieno di clienti ma Pavel Fedel non si curò di essi e, ancora sulla porta, urlò semplicemente : – Ho bisogno di una mano! – così tutti, clienti e commessi si voltarono verso di lui, pensando che qualcuno si fosse sentito male.
-…per via di questa giacca.- aggiunse a bassa voce. Un commesso lo gelò con lo sguardo e gli disse di attendere il suo turno. L’attesa fu per Pavel Fedel angosciante. Egli non era infatti abituato ad aspettare, o perlomeno ad aspettare con le mani in mano. In genere, se proprio accadeva di dover aspettare qualcosa o qualcuno, tentava di impegnare il tempo dedicandosi alla risoluzione di qualche problema, di qualsiasi natura esso potesse essere, lavorativo, filosofico, matematico, sentimentale. Ma in quel momento la cerniera non lasciava spazio a nient’altro, ecco quanto la sua apparente banalità lo infastidiva! Per non restare quindi lì a far niente, si trovò un angolo un po’ appartato del negozio e riprese a trafficare, non prima di aver scomposto un’altra volta il problema in tutte le sue più piccole parti ma qui di parti ce n’era ben poche, una cerniera bloccata!
Era ormai un po’ troppo vicino alla disperazione, quando azzardò un maldestro tentativo e appoggiò il ginocchio su di un cubo su cui doveva esserci stato un manichino, mise una metà della giacca sotto il suo ginocchio, con la mano sinistra la distese di modo da avere la cerniera il più verticale possibile e con la destra iniziò a tirare con grande forza. Purtroppo però la sua mano destra era sudata e scivolosa e all’improvviso perse la presa, così mano e braccio scattarono all’indietro, malauguratamente colpendo in piena faccia un bambino che, stufo di aspettare la mamma si era incuriosito dall’attività di Pavel Fedel e si era avvicinato a lui. Questo venne colpito così violentemente da Pavel Fedel che per qualche istante non pianse nemmeno, stordito dall’accaduto.
-Oh scusa, scusa, scusa, – sussurrò cento volte il mortificato Pavel Fedel con lo sguardo implorante che significava non piangere, ma quello in men che non si dica si riempì i polmoni e strillò con tutta la forza che aveva in corpo, sembrando una bestia proveniente da un altro mondo. La madre in un balzo era già lì, seguita dal commesso che la stava servendo e Pavel Fedel si scusò subito dicendo che, appunto, era stato un incidente, stava cercando di aprire la sua giacca, non aveva visto il bambino, non l’aveva certo colpito volontariamente, se però il bambino non si fosse messo a curiosare in giro non sarebbe accaduto nulla…la madre lo incenerì con lo sguardo e lui tacque.
– Venga con me, prego, – ringhiò a bassa voce il commesso, indicando come un vigile la direzione da seguire e Pavel Fedel, obbediente, lo seguì.
– Allora, mi dica, in che cosa la posso essere utile? – domandò il commesso e Pavel Fedel espose il problema, con una prosa violenta e concitata. Quella giacca era la sua preferita, l’ha comprata lì, ha provato in tutti i modi (fu molto minuzioso nella descrizione degli stessi), è andato in una sartoria evidentemente poco capace, insomma, il problema è da poco ma non si riesce a risolvere, che cosa si può fare?
L’assenza di rughe data dalla giovane età del commesso venne subito meno e i suoi occhi prima del tutto disinteressati divennero increduli.
– Bene, mi dia la giacca, provo io,- disse, celando a fatica un sorriso derisorio.
– Certo, stia ben attento, mi raccomando, come le dicevo è la mia giacca…- si zittì, vedendo che il commesso lo fissava avidamente e stupidamente.
– Faccia pure- aggiunse infine, sospirando.
Ma purtroppo neanche il commesso riuscì nel miracolo, la cerniera infatti non si muoveva. Chiamò addirittura un collega ma nemmeno l’unione delle loro forze servì a qualche cosa.
– Forse qualcuno di più competente,- si azzardò a dire Pavel Fedel, – Forse il vostro capo, magari lui può individuare il problema.-
-Sono io il capo- si sentì rispondere con tono acido e superbo da uno dei due commessi. Fece un segno di insoddisfatto assenso e rivolse lo sguardo ed una totale attenzione alla giacca, mentre loro riprendevano a lavorarci su, ripetendo sempre gli stessi tentativi, alcuni più raffinati e altri più grossolani.
– Senta, non si aggiusta, è proprio rotta questa cerniera, non si può fare nulla- disse infine il capo, porgendogli la giacca con malcelato nervosismo.
– Ma che cos’ha di rotto, almeno me lo può dire? – domandò lui supplichevole.
Il capo del negozio, forte di un’esperienza lavorativa ventennale, intuì dagli occhi di Pavel Fedel che quello faceva sul serio e gli diede allora una minuziosa risposta:- È una cerniera difettosa.
– Ma io non posso andarmene senza la mia giacca! È la mia giacca, non posso non metterla! – sbottò Pavel Fedel.
– Certo, infatti noi,- ma lui inspirando forte ad occhi chiusi alzò la mano verso di loro in segno di alt e riprese a parlare con tono cattedratico.
– L’ho comprata qui da voi e voi mi dovete garantire un prodotto e questa mia giacca che ora non funziona non è un prodotto che mi state garantendo, quindi ora dovete fare qualcosa!- .
– Ma signore senta, è solo una giacca e se si è rotta,- provò timidamente a inserirsi nel discorso l’altro commesso con voce imbarazzata.
– È la mia giacca porca puttana! Voglio la mia giacca!- esplose e sbatté un pugno sul bancone del negozio, attirando gli sguardi di tutti i clienti del negozio. Pavel Fedel era ormai completamente fuori di sé, aveva lo sguardo ancora più allucinato ed un respiro rapido e faticoso.
– Aspetti un attimo qui, prego- disse il capo senza scomporsi e scomparve dietro una tenda. Tornò qualche istante dopo con una giacca identica alla sua, gliela porse e sorridendo gli disse: – Tenga, gliela regaliamo noi, scusandoci per il disservizio.-
Pavel Fedel, sotto gli occhi di tutti, in un congelato silenzio, come un critico d’arte di fronte ad un’opera sconosciuta, scrutò la giacca da sotto a sopra, dentro e fuori, testò il funzionamento della cerniera, e concluse che nel complesso quella giacca era in tutto e per tutto identica alla sua. Quindi disse ad un pubblico dal fiato sospeso- Va bene, grazie,- e, di nuovo, senza nemmeno degnare di uno sguardo il commesso, il capo, il bambino ferito, la sua vecchia giacca, uscì dal negozio, a cuor contento.
Non stupitevi se Pavel Fedel non era così pazzo da voler esclusivamente la sua giacca! Una giacca identica a quella per lui andava comunque bene, semplicemente voleva quel modello, una giacca nera, liscia, impermeabile, con il collo alto anti-vento, ecco quello che desiderava e finalmente, dopo erculei sforzi cognitivi e sociali, questo era riuscito ad ottenere. Era tardo pomeriggio, il tanto agognato sole si lasciava intravedere fra le nuvole e a passi ampi e rapidi il giovane Pavel Fedel camminava verso casa con il sorriso sul volto, l’animo quieto, la giacca sotto il braccio. Poi, una goccia di pioggia gli cadde sul naso.
– Oh oh, – disse fra sé e sé, e si fermò per infilarsi la giacca, assaporandone l’odore di nuovo che essa emanava, le sue pieghe ancora così diritte e innaturali, essendo il suo vecchio modello un lontano e dimenticato ricordo. Un braccio di qua, uno di là e poi, ormai giunto a metà corsa, il destino volle un’altra volta mettere alla prova Pavel Fedel: la cerniera si inceppò nuovamente, nello stesso identico punto dell’altra giacca.
– Non ricominciamo,- piagnucolò nervoso, provando quindi a sbloccarla ma, come prevedibile per la riuscita di questa storia, non ci riuscì. L’apice della disperazione più disperata e più nera era stato raggiunto: fuori di sé si sfilò con veemenza la giacca, finendo per togliersi involontariamente anche la maglia e la maglietta che aveva sotto di essa, tutto ciò proprio nel momento in cui passavano di lì la mamma del povero bambino che era stato colpito nel negozio e il bambino stesso, ancora stordito per la botta ricevuta. Questi, trovandoselo di fronte seminudo e delirante, piantarono un urlo e presero a correre allontanandosi da lui. Pavel Fedel li vide scappare ma era oramai così intontito dalla situazione che quasi non li riconobbe e comunque non seppe né pensare né dire nulla. L’unica azione che riuscì ad intraprendere fu quella di correre anche lui, ma verso il negozio della giacca, accecato da una rabbia incontrollabile. Giunto a destinazione spalancò la porta e, mezzo nudo com’era, gridò con voce stridula e pazza: – La cerniera! la cerniera! –
Con occhi imploranti mostrava la giacca a chi gli rivolgeva uno sguardo , senza saper distinguere commessi da clienti.
– La cerniera! La cerniera! – ripeteva, senza sapere aggiungere altro.
-Adesso basta, se ne vada! – gli urlò il capo del negozio mentre minaccioso gli veniva incontro insieme ad un commesso. Pavel Fedel lo vide e gli sorrise istericamente.
– Ma la mia cerniera non funziona di nuovo! Guardi, guardi!- provò a giustificarsi, tentando di afferrare la cerniera fra quel miscuglio di giacca, maglietta, maglione che aveva fra le mani.
– Se ne vada, lei è fuori di testa!- gli ripetè, buttandolo fuori dal negozio. Pavel Fedel non provò a rientrare lì dentro ma nemmeno se ne andò subito, restò invece diversi minuti lì davanti, completamente immobile, con uno sguardo ottuso rivolto verso il marciapiede, inebetito da quell’ammasso di pensieri che lo attanagliavano. Poi, d’improvviso, come chiaritosi con se stesso, alzò la testa con lentezza e lasciò cadere giacca, maglia e maglietta a terra. Quindi si incamminò a passi lenti verso casa, dimenticandosi di assaporare l’aria calda di primavera, di sentire il sole che alla fine l’aveva spuntata sulla pioggia, di notare le gemme che si schiudevano da aborti di potature comunali, di ammirare qualche gabbiano che volava con fierezza. Tutto ciò era invisibile ai sensi di Pavel Fedel che proseguiva inesorabile, sotto gli occhi della gente che lo osservava, stranita dal suo sguardo e dal suo audace abbigliamento.
E fu cosí che, una volta arrivato a destinazione, salite le scale a due a due , entrato in casa, chiusa a chiave la porta, prese da un cassetto un taccuino e una matita, andò a sedersi sul divano della cucina, iniziò a scrivere qualcosa il cui titolo era La mia terribile storia a cui nessuno crede, e non uscì mai più.
Mi è piaciuto il racconto, ha un ritmo trepidante e una vaga atmosfera pirandelliana, con la follia del protagonista detonata da un semplice oggetto che da familiare e di uso quotidiano, diventa la molla che fa scaturire una crisi esistenziale.