Premio Racconti per Corti 2018 “Nata ieri” di Federica Baggio
Categoria: Premio Racconti per Corti 2018Greta siede su una panchina scrostata lungo la riva del grande stagno verdognolo. Piegata sullo stomaco, i gomiti puntati sulle ginocchia, si osserva i piedi attraverso le lunghe ciocche di capelli biondi che le ricadono sulla fronte. Le scarpe da ginnastica, una volta bianche, portano il segno fangoso delle sue lunghe corse attraverso il parco. Fa troppo freddo per starsene seduta lì, ma in un modo o nell’altro deve tirare fino a sera.
Oggi Greta compie trent’anni. “No, niente festeggiamenti. É di pessimo umore,” aveva dovuto dire sua madre con voce rassegnata ai parenti che telefonavano da giorni sperando in un invito. “Magari mandatele un messaggino. Quando le passerà, sono sicura che le farà piacere.”
“MAMMA. NIENTE. MESSAGGINI,” urlava Greta puntualmente dalla sua stanza. “Comunque intendo lasciare il telefono a casa”. A quel punto sua madre compariva sulla porta, il viso contorto dal disappunto in un’espressione al tempo esilarante e terrificante.
“AH SÌ?! VA BENE! RISPONDERÒ IO ALLORA! NON TI PERMETTO DI FARCI VERGOGNARE TUTTI QUANTI PER I TUOI CAPRICCI!”
L’unica complice su cui Greta potesse contare era la sorella. La sera prima le aveva affidato il cellulare: “Gloria, prendilo tu e fallo sparire.” E la sorella, ingegnere mica per niente, dopo che tutti erano andati a dormire, aveva confinato il cellulare di Greta nella vetrinetta del salotto in cui la madre esibiva le sue preziose collezioni di cristalleria. In quello spazio quasi del tutto inagibile, un centinaio di preziosi calici da champagne, alti due spanne e sbriciolabili anche solo con lo sguardo, formava una barriera inespugnabile tra il cellulare e chiunque volesse interferire con il piano di Greta: boicottare il suo trentesimo compleanno. E poi, chissà, magari anche tutti i compleanni a venire.
“Sei perfida,” aveva detto Greta alla sorella prima di uscire di casa quella mattina. “C’è solo un problema,” le aveva risposto Gloria. “Ho dimenticato di spegnerlo…” A Greta era scappata una risata al pensiero di cosa sarebbe potuto succedere, se il telefono avesse cominciato a vibrare nella cristalliera.
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Un’anatra starnazza così forte da farla sussultare. Greta alza lo sguardo e per un momento rimane acciecata dal sole delle dieci, appoggiato sopra le chiome degli alberi qualche centinaio di metri più in là. Quando riacquista la vista, Greta scorge una donna in piedi vicino allo stagno. Si sta spogliando del cappotto, che lascia cadere per terra con un gesto teatrale. Saltellando su un piede e poi sull’altro, come fosse ubriaca, la signora si sfila le scarpe dal tacco alto e le lancia sull’erba, ridendo di gusto quando il tacco di uno dei décolletés s’infila dritto nel suolo fangoso. Poi canticchiando tra sé e sé, la donna comincia a sbottonarsi la gonna… Aspetta, cosa?! Greta strabuzza gli occhi. Rimasta solo in biancheria intima e collant, la donna cammina verso la riva dello stagno. A quel punto Greta scatta in piedi.
“Signora!”. Lei non la bada. Greta si guarda intorno, ma non vede nessuno. Il parco è vuoto quel giovedì mattina. “Scusi, ma cosa fa?” Strilla di nuovo Greta, ma la donna ha già i piedi immersi nell’acqua melmosa. Spaventate, le anatre si allontanano dalla riva starnazzando.
“Non si può fare il bagno qui, signora! Le vengono le malattie! Torni indietro!” Greta è sul punto di piangere. Perché proprio a lei? Questo è quasi peggio che ricevere gli auguri per i suoi trent’anni. Trent’anni incompiuti. Trent’anni e un corpo che invecchia senza aspettarmi. Trent’anni e tutti quelli che me lo ricordano quotidianamente. Anzi, hanno cominciato quando ne avevo ancora ventotto, perché tanto ormai…
La donna ormai ha l’acqua alle ginocchia. Oddio, e se si vuole uccidere? Greta si tocca le tasche dei pantaloni alla ricerca del telefono… Che è nella cristalliera. Accidenti. Non può nemmeno chiamare la polizia.
“Signora…” mormora Greta tra le lacrime. “Per favore. Torni indietro. Qualsiasi sia il problema, si può sempre trovare una soluzione. Per favore, non si uccida.”
A quelle parole, la donna si gira verso Greta, piega la testa di lato, come per scrutarla meglio, e le sorride.
“Uccidermi?” dice con voce ironica. “Ma se sono appena nata!”
Poi si lascia andare sulla schiena, e rimane galleggiante sul pelo dell’acqua, con le braccia e le gambe aperte, guardando il cielo.
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Quando finalmente un signore che passeggia nel parco col cane si accorge della scena, presta a Greta il telefono. Insieme alla polizia, arriva anche un’ambulanza. Dopo averla convinta a uscire dallo stagno, un paramedico avvolge la donna in una spessa coperta. Ora Greta e la donna sono entrambe sedute sulla panchina scrostata. La donna sorride, come se nulla fosse accaduto.
“Perché si voleva uccidere?” chiede Greta guardando verso lo stagno, il cuore le batte talmente forte da farle quasi male. “Mi ha fatto venire un colpo.”
“Mi dispiace cara. Ma ti assicuro che non volevo uccidermi,” risponde la donna, il trucco colato che forma delle lacrime nere, in contrasto col suo sorriso immutabile. “Ho perso una scommessa, e ho dovuto buttarmi nello stagno.”
Greta la guarda incredula. É proprio pazza.
“Ero convinta che non avrei mai visto questo giorno, il 15 marzo 2018,” continua la donna con voce pacata. “Ieri ho compiuto cinquantuno anni.” Fa una pausa prima di riprendere. “Nessuna donna nella mia famiglia ha raggiunto questa età. Le ho viste sparire tutte: mia madre ci ha lasciati quando aveva trentacinque anni, mia zia quaranta, la nonna che non ho mai conosciuto ne aveva appena compiuti cinquanta. Mia sorella… Tutta la vita sono stata convinta di lasciare questo mondo ancora giovane. Ho vissuto nell’ossessione, e l’ho riversata su tutti coloro che mi stavano intorno. Non capivo quando la gente si lamentava d’invecchiare. Io ero così invidiosa. Per me la vecchiaia è sempre stata un lusso a cui non potevo aspirare. Oggi sono finalmente vecchia e libera.” Greta osserva la donna, la sua espressione serafica. É bella di una bellezza saggia, conquistata, frutto di una rinascita.
“Tanti anni fa, ho scommesso con un ragazzo che mi sarei buttata in questo stagno se le mie ossessioni si fossero dimostrate infondate…”
“Ha modo di dirglielo?” domanda Greta. “Che aveva ragione lui?”
“Direi di sì. É mio marito.” La donna sorride.
Un poliziotto si avvicina e dice con voce calma: “Signora, visto che non ha con sé i documenti, avrei bisogno di registrare i suoi dati e farle qualche domanda. E poi dovrebbe andare in ospedale per farsi fare un controllo…”
“Mi faccia pure le domande,” risponde la donna. “Ma niente ospedale.”
Il poliziotto la scruta accigliato. “Dunque… Mi servono nome, cognome e data di nascita?”
“Per il nome… Non ho ancora deciso.”
Il poliziotto alza gli occhi al cielo.
“Va bene, signora… Luogo e data di nascita?”
“Lucca, 14 marzo 2018”.
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Dopo che il poliziotto se n’è andato scuotendo la testa, Greta e la donna rimangono sole al bordo del lago.
“Oggi compio trent’anni,” dice Greta, soffiando via con le parole anche il groppo che ha in gola da quella mattina.
“Trent’anni…” sussurra la donna, lo sguardo felice perso nella profondità del parco. “Beh, tanti auguri, allora!” Nel dirlo la donna l’abbraccia.
Che bello, complimenti!
Firmato: una quarantottenne fra sette giorni.
Complimenti Federica! Un piccolo capolavoro!
Bello. Un intreccio tutto femminile, dai personaggi ben sfumati. Bella prova!
Grazie, Michele, Elena, Michela!