Premio Racconti nella Rete 2018 “Vincenzo” di Ricardo E. Trebino
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018
Vincenzo era un personaggio ben voluto nel suo quartiere, anche nel suo ambiente di lavoro.Il suo affabile modo di essere ed il suo aspetto fisico magro, fragile, creava un naturale rapporto di simpatía con la gente.
Si svegliava presto alla mattina, faceva la prima colazione per Rosalia, sua moglie e suoi figli Filippo e Nicola. Quando il tavolo era pronto, svegliava i bambini con una gioia contagiosa, e loro si alzavano contenti.
Sua moglie si sentiva una principessa quando lui entrava nella camera, portando il vassoio col caffè, pane tostato con miele, e non mancava mai un fiore. Dopo il piccolo rituale mattutino portava i figli a scuola e se ne andava a lavorare. Lavorava della mattina alla sera, e quando ritornava a casa, dopo cena trascorreva i momenti prima di andare a letto parlando dei problemi quotidiani.
Nulla alterò quella vita in armonia, e i ragazzi erano cresciuto in un ambiente, diciamo, felice. Ciononostante, il più piccolo -Nicò- nella sua prima adolescenza aveva un rapporto particolare di amore-odio, ubbidienza-ribellione con Vincenzo, ma senza sapere bene i motivi di quelli sentimenti contraddittori con suo padre che sempre aveva con lui, una relazione affetuosa. Insomma, i genitori non davano molta importanza a questo tema. Per loro, erano cose da ragazzi e nient’altro.
Filippo, invece, era taciturno, pensieroso, il tipo di persona di cui non si sa mai cosa pensi. I genitori avevano difficoltà ad arrivare a lui…
Una volta, Vincenzo cominció a sentire un malessere che a poco a poco peggiorava, e la sua salute si deteriorò velocemente. Cercò di nascondenere, o dissimulare quello che stava accadendo, e riducendo al mìnimo i dettagli dei sintomi parló con sua moglie, in modo da non mettere in allarme.
Assai preoccupato, ando dal medico che dopo un minuzioso esame, ordinò di fare una serie di studi e analisi, prima di dare il diagnosi. Qualche giorno dopo, con i risultati in mano, il dottore confermò i suoi sospetti: Vicenzo aveva il cancro in una delle sua forme più aggresiva. Si doveva operare, e con tutta rapidità.
Quella sera, Vincenzo tornó a casa sconsolato e Rosalia –che ovviamente intuiva che la malattia era grave- aveva deciso di lottare al suo fianco per tentare di combattere il cancro insieme a lui.
Ambedue decisero anche di non dare i dettagli ai figli; e se possibile che loro non andassero in ospedale. Non volevano mettere i figli in una situazione difficile.
Così fu, ma le spiegazzioni della madre sulla salute del padre, non avevano convinto i ragazzi che avevano il desiderio di fare la visita a Vincenzo, però senza contrariare la mamma.
Nemmeno dire niente, quel pomeriggio arrivarono all’ospedale. All’ingresso domandarono dove era ricoverato Vincenzo Linares. L’impiegata li guardó fisso e poi disse: terzo piano, reparto…
Salirono in fretta le scale, perche molta gente aspettava l’ascensore, e loro avevano l’ansia di vedere il loro padre. Arrivarono al terzo piano in pochi minuti, ma un cartellino segnaletico, prima, disoriento fratelli che presunsero che a causa de la mancanza di posti letto fosse stato transferito ad un piano diverso, si scambiarono una battuta scherzosa e andarono avanti.
Nel corridoio trovarono una impiegata che portava la merenda ai malati.
-Signorina, prego, mi puoi dire dov’è ricovertato Vincenzo Linares, è nostro padre sai? Vogliamo fargli una sorpresa. Disse Filippo.
La donna guardó stupita i fratelli, e con un sorriso disse.–Vincenzo, Vincenzo..huumm es suo padre, ed é in questo Servizio? Vai, vai alla fine del corridoio è l’ultima stanza, mi sembra…
Nicò e Filippo si sentivano confusi e sconvolti per l’atteggiamento dell’inserviente, e furono invasi da una sensazione che non aveva nulla a che fare con la salute del padre. Corsero nella camera ed entrarono senza bussare alla porta, che era chiusa.
Vicente impallidí quando vide suoi figli, ma non potette dire nulla. Rosalia corsi ad abbracciarli, ma i giovani la respinssero tenacemente senza motivo apparente.
-Ma perchè sei qua? Domando Nicò arrabbiato e con diffidenza. -Cosa càpita? Perchè l’intervento chirurgico?
Rosalia sentì che le gambe non potevano reggerla in piedi e cominció a piangere sconsolata.
-Mamma fermati e parla. E tù perché guardi cosí senza dire niente! gridó Filippo a Vincenzo.
A questo punto non c’era bisogno di parlare. In quel preciso minuto loro capirono la verità. La virilità di Vincenzo svaní come il fumo con il vento. Cadde il velo di segretezza che avevano mantenuto sin dalla loro nascita. Per la precisione erano al Servizio ospedaliero di Ginecologia…
-Aspettate, aspettate vi prego, io, io, po, poso spiegare…disse Vincenzo. Abbiamo una situazioni molto difficile, ma, ma tutto questo no è quello che pare, balbettava incoerente.
-Noi desideravamo una famiglia, nonostante la nostra condizione femminile. Vi abbiamo allevato con amore, abbiamo dato la migliore educazione, la formazione di persone per bene, disse la madre tra il pianto.
-Basta, basta, basta! Finiamola qua! Disse il fratello minore. –tutto questo è uno schifo sento la voglia di vomitare. Siete due bugiardi, senza vergogna. Come avete potuto pensare di mantenere per sempre questo orrendo inganno. Tu dici che abbiamo ottenuto l’affetto, buona educazione, la cura. Un cazzo! Questo è quello che dovrebbe essere fatto quando i genitori mettono al mondo dei figli.
-Niente puo compensare questa merda di mezogna spacciandoti per nostro padre durante anni ed anni. .Non sappiamo di chi siamo fligli, Vincenzo o qualunque sia il suo nome non è altro che un impostore, o qualsiasi altra cosa, non mi interessa. Forse siamo figli di due spermatozoi di uomini diversi, quindi siamo appena appena quasi fratelli, disse con il suo sguardo in Filippo, che affogava nei suoi pensieri con gli occhi fissi alla finestra.
-Questo maledetto segreto che avete voluto sostenere sará il più pesante della vostra vita, non meritate perdóno! Aggiunse con rabbia e dolore, mentre uscì dalla stanza sbattendo la porta.
Filippo, senza dire una parolla, abbassó la testa e cadde in un pianto amaro. Camminando con lenteza, lasció anche lui quella camera.
Rosalia ritornò troppo tardi. La casa era buia e silenziosa, accese la luce della cucina e andò in camera dei figli. Sdraiato sul letto incontrò Filippo; un rivolo di sangue scorreva dal buco nella sua tempia destra e si spargeva sul cuscino. Teneva ancora in mano la vecchia pistola ereditata dal nonno.
Sul comodino, un biglietto scritto con grafia tremante, diceva “Mamma questa è la mia volontá, é l’unica maniera che ho trovato per aiutare a curar il segreto. Nicò, ha messo qualche vestito nel suo zaino e se ne andò via, non so dove…Filippo”