Premio Racconti nella Rete 2018 “Il volo” di Gloriamaria Pizzichemi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018Non ammesso agli esami.
Le parole rimbombavano come sassi e ognuna si scandiva nella testa con un’eco prendendo sempre più spazio, come se le pareti della testa non riuscissero a contenerla.
Li aveva delusi, questa volta c’era riuscito veramente.
Sapeva che se l’era cercata, aveva frequentato poco l’anno scolastico, l’ultimo, quello della maturità, era stato assente più di tre mesi firmando giustificazioni all’insaputa dei genitori che, quando avevano ricevuto la notizia, non credevano ai loro orecchi.
Ma era stanco di soddisfare le aspettative degli altri e la “non ammissione” a scuola gli dava in parte un senso di liberazione.
Finalmente anche lui sbagliava, finalmente anche lui somigliava agli altri, era come i suoi coetanei. Già sentiva i commenti dei suoi compagni: “Luigi Rossi non ammesso!? Allora c’è giustizia a questo mondo!”
Sapeva fare bene ogni cosa, eccelleva sempre e questo era motivo di grande soddisfazione dei genitori che elencavano a amici e parenti le doti del loro unico figlio.
Dopo aver preso lezioni di pianoforte aveva vinto il premio a scuola per la composizione di un brano e si era esibito in un concerto, amava la musica in particolare quella classica. A volte si chiudeva in camera e disteso sul letto con le cuffie ascoltava i tenori nei brani che preferiva. Si vergognava di dirlo agli amici, non voleva sentirsi diverso dagli altri.
Anche nello sport aveva raggiunto ottimi risultati. Il padre era stato un campione di atletica leggera e aveva trascinato il figlio sulla pista. Luigi all’inizio lo aveva accontentato ma poi col tempo si era appassionato, con quella voglia di sfida che non è chiaro quanto sia dovuta al piacere di misurarsi con gli altri e quanto invece alla rabbia all’interno di se stessi.
Luigi era anche un bel ragazzo, magro, alto, biondo, con quella timidezza che affascinava tanto le sue compagne di classe.
Ma lui era già innamorato. Aveva conosciuto Marco all’uscita di scuola, erano bastati pochi sguardi ed era arrossito, anche Marco lo aveva ricambiato con la stessa timidezza.
Un pomeriggio dopo scuola si erano dati appuntamento al mare con il pretesto della bella giornata e lì avevano scoperto di avere tante cose in comune, si erano sentiti subito uno parte dell’altro, come giunti a un approdo dopo tanto navigare.
Quel pomeriggio sugli scogli si abbracciarono forte, come vecchi amici, a suggellare un patto di fratellanza.
Così una mattina all’entrata di scuola Marco propose a Luigi di andare a fare una passeggiata fino a una caletta che quasi nessuno conosceva e dove lui spesso andava a fare il bagno.
Quella mattina fu l’inizio di tante altre passate insieme, a parlare della vita, della scuola, della famiglia, dei libri letti, di musica. Fu la prima persona alla quale confessò la passione per la musica classica e scoprì che anche Marco l’ascoltava, aveva anche le vecchie versioni del celebre Caruso, ma a casa i due fratelli commentavano continuamente quando li metteva, così stanco di ascoltarli li sentiva solo nelle cuffie, come Luigi.
Fu quella mattina, alla caletta, distesi sugli asciugamani con un’auricolare per uno che si diedero il primo bacio, sulla guancia, dato con la stessa timidezza di quando si erano conosciuti a scuola.
La sera Luigi si fece coraggio e a cena confessò ai genitori che non avrebbe ripetuto l’anno, voleva prendere tempo e non sapeva se sarebbe tornato a scuola. I genitori risposero che non se ne parlava neanche, che lui sarebbe tornato a scuola a costo di frequentarne una privata, e che subito dopo si sarebbe iscritto all’Università.
Luigi si alzò dalla sedia e decise di rimandare la discussione a un’altra sera.
Ne parlò con Marco, durante una delle loro passeggiate, lui gli consigliò di non mollare gli studi e che era normale avere un periodo di stanchezza, ma che non valeva la pena buttare cinque anni di studio …
Era quasi estate e Luigi era felice di incontrarsi con Marco nella solita caletta per fare bagni e tuffi, poi asciugarsi al sole e addormentarsi mano nella mano con le cuffie nelle orecchie.
Se non fosse stato per i musi lunghi dei genitori, Luigi in questo momento aveva riconquistato calma e serenità, aveva la sensazione di aver ripreso in mano la sua vita, aveva le idee più chiare, ma continuava a pesargli il giudizio dei suoi.
Una sera, mentre ascoltava la musica con le cuffie, il padre bussò alla porta della sua camera. Luigi non sentì subito e il padre bussò di nuovo:
“Luigi sei lì?”
“Sì papà, entra” rispose mentre si toglieva le cuffie dalle orecchie.
Il padre sedette sulla sedia vicino alla sua scrivania:
“Senti Luigi, comprendo la tua stanchezza, la delusione, anche se te la sei un po’ cercata … Ma non voglio parlarne, succede di sbagliare, alla tua età è ammesso. Però è anche logico che i genitori ti aiutino, ed è per questo che io e tua madre abbiamo deciso di farti recuperare l’anno di maturità dai tuoi zii, in Umbria. Lì sarai più tranquillo, non avrai le noie della città, lo stress, insomma avrai l’ambiente giusto per concentrarti e studiare. Sarà un po’ come stare in vacanza, non ti pare?”.
“Papà, mi dispiace deludervi te e la mamma, ma questa volta farò quello che voglio io!”.
Il padre si alzò dalla sedia, si avvicinò alla porta:
“Tutte quelle assenze a scuola … Forse c’è di mezzo una ragazza? Sono stato giovane anch’io, posso capirti, so come funzionano queste cose …”.
Luigi non rispose e il padre non aggiunse altro, aprì la porta e se la chiuse alle spalle, Luigi restò di nuovo solo con la musica.
I genitori volevano lasciargli tempo per riflettere, erano convinti che prima o poi il figlio avrebbe accettato, come sempre.
La sera dopo Marco chiamò Luigi e gli propose di andare a un concerto all’arena della loro città, suonava un suo amico d’infanzia e avrebbe voluto ascoltarlo, Luigi accettò subito.
Al concerto, in mezzo alla gente, Luigi e Marco si tenevano la mano mentre ascoltavano brani che già conoscevano, ma quella sera Luigi era teso, nervoso, non riusciva a rilassarsi, gli sembrava di essere osservato, si girò a guardare dietro di sé più volte.
Poi ad un tratto, una mano sulla spalla lo fece trasalire, si girò:
“Ciao … papà. Che ci fai qui?”
“Quello che stai facendo tu, io e tua madre siamo venuti ad ascoltare la musica” poi aggiunse, voltando lo sguardo verso Marco:
“E’ un tuo amico? Non lo conosco …”
Marco fece cenno di alzarsi e intanto si presentò:
“Buongiorno, sono Marco, un amico di scuola di Luigi” la voce gli tremava, le mani erano sudate, se le asciugò sui pantaloni.
“Piacere mio …” aggiunse il padre: “Continuate pure, io raggiungo la mamma, buon proseguimento!”.
Quella sera, per la prima volta, Luigi e Marco rimasero insieme fino a tardi e quando Luigi rientrò a casa i genitori già dormivano.
La mattina dopo fu svegliato dalla madre alle sei:
“Sveglia Luigi, dai che stamattina partiamo! Ieri sera sei rientrato tardi e non abbiamo potuto dirtelo”
“Dove andiamo!?”
“Andiamo dalla zia, in Umbria, ci ha invitati per il fine settimana”
“Mamma, io non vado da nessuna parte!”
“Luigi, ti prego di non insistere! La zia ha chiesto di te, è tanto tempo che non ci vediamo”
“Mamma, l’ho già detto a papà, se il vostro piano è quello di farmi trasferire lassù a studiare, mi dispiace deludervi questa volta, ma io non mi muovo di qui!”
“Sei irriconoscibile, non so cosa ti sia successo, io non ce la faccio …”
Fu in quel momento che il padre raggiunse la moglie:
“Ma cosa sta succedendo?!”
“Parlaci tu se vuoi, io non lo capisco più!” disse la madre tra le lacrime.
“Allora Luigi, io ho bisogno di parlarti” disse il padre in tono confidenziale ma fermo, chiudendosi la porta alle spalle.
“Ti informo che mi sono appena calmato e che ho passato la notte sveglio!”
“E io cosa c’entro in tutto questo?”
“Sei tu la causa di tutto questo!” disse a voce alta e continuò:
“Chi era il ragazzo che era con te ieri al concerto?”
“Perché me lo chiedi?”
“Mi vuoi far credere che quello sia un tuo amico!?”
“Chi dovrebbe essere altrimenti?…”.
Il padre questa volta gli si avvicinò a un palmo dalla faccia:
“Gli amici non si tengono mano nella mano! …”
Luigi trasalì, non credeva che il padre avesse visto.
“Vestiti, prendi le tue cose! Io e tua madre ti aspettiamo in macchina, tra un’ora al massimo. Senza discutere!”.
Luigi si ributtò sul letto, lacrime di rabbia gli scesero sulle guance e poi sul cuscino, non riusciva a smettere.
Telefonò a Marco per chiedergli che cosa avrebbe potuto fare e anche che per quel giorno non si sarebbero visti, ma Marco aveva il cellulare staccato.
Avrebbe voluto urlare, ma non era abituato a farlo, neanche quando era disperato come adesso.
Prese il cd che preferiva, quello che gli aveva regalato Marco, lo infilò nel lettore e alzò il volume al massimo, le pareti della camera vibravano sulla musica della loro canzone.
Aprì la finestra e vide i genitori che mettevano in macchina le ultime cose. Mise un piede sul davanzale della finestra e subito dopo l’altro, il volo nel vuoto durò un attimo mentre il brano si concludeva con l’ultimo acuto.
Si precipita con Luigi, verso il finale, dalla finestra. Mi fa rabbia e tristezza il padre, simbolo della paura della diversità, che attanaglia molti, in questa società. Può un figlio non essere più l’orgoglio dei suoi per questo motivo? E si cancella con la negazione l’entità di una persona? A parte i numerosi interrogativi che suscita, il racconto è ben scritto e trasmette pienamente i sentimenti dei personaggi. Complimenti!
Grazie Silvia dei complimenti, ne sono onorata. Anche se questo racconto è frutto della mia fantasia si avvicina molto a tante realtà purtroppo…