Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2018 “Macchine passare” di Marco Frigerio

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018

 1Campi di granturco lungo lo stradone

Vedo macchine passare: auto, furgoni, moto. Su e giù, per lo stradone.

Tante, ma non fitte come prima che aprissero la tangenziale.

Almeno secondo il capo, che mi ha assunto per due settimane. “Dopo vedremo” dice lui. Che là ha aperto un nuovo distributore. “Là sì! che gli affari vanno. Qui non si ferma più nessuno.”

Sarà, ma a me non sembra proprio.

 

Due settimane che vedo macchine passare, poi rallentano e ritornano a far benzina.

Molte, sempre di più.

 

Quelli che si fermano sono di due tipi.

I primi saltano fuori subito. Sono pieni di energia, fanno tutto da soli. Benzina, bancomat e via.

E se provi ad uscire dal gabbiotto per aiutarli o anche solo per parlare, ti guardano torvo come temessero chissà cosa.

Il secondo tipo è l’opposto. Non scendono mai dalla macchina e fanno fare tutto a te. Sembrano come imbalsamati, stanno lì seduti come galline in gabbia. Immobili, guardano davanti a sé, nel vuoto. E anche se gli giri tutt’attorno, sorridendo mentre fai rifornimento e pulisci il parabrezza, neppure ti vedono; non è che parlino molto di più degli altri. “Dieci euro” o “fammi il pieno.”

Al massimo: “guardami l’olio”. Ma questo accade raramente.

 

Non è un gran lavoro. Mi fa giusto passare il tempo. A sera ci sono un sacco di soldi in cassa. Metà in foglietti del bancomat, metà in contanti. Il capo arriva tutte le sere alle sei precise. Un’ora prima della chiusura. In cinque minuti prende tutto e se ne va. “Così se viene qualcuno per rubare, trova poco o niente.” Sorride, sornione. “Sempre sperando che non si arrabbi e non ti picchi. Così giusto per divertimento” e se ne va sogghignando. I soldi per me sono ben pochi.

 

In due settimane non è successo niente.

Una volta, uno mi ha insultato: “Brutto stronzo, non vedi che hai sporcato di benzina tutta la carrozzeria?” Poche gocce sotto il bocchettone. “Pulisci subito! Non sai che la benzina è corrosiva? Ma guarda che stronzo, con l’acqua pulisce. Imbecille. Ci vuole un panno morbido e la crema per vernice metallizzata. E muoviti stronzo! che non ho tempo.”

Volevo dirgli che l’acqua ha comunque un effetto di rimozione di massa, anche se non scioglie la benzina. Ma ho lasciato perdere: non sa che a ventiquattro anni sono già laureato in fisica teorica.

Un’altra volta una signora sui quaranta, bella snella prosperosa, un abitino tanto attillato che si vedeva tutto: “Io vado in bagno. Tu, intanto, fammi il pieno.” Poi torna, io avevo finito il rifornimento e stavo pulendo il vetro. Lei si sdraia sul cofano. Come in quelle pubblicità dove belle ragazze abbracciano le macchine. Si struscia e si contorce sinuosa. Appena io mi muovo, lei con una risata allegra sparisce dentro la macchina, mentre lascia cadere a terra venti euro. “Signora non bastano, sono trenta.” Arrossisce e se ne va, sgommando.

 

Per il resto calma piatta. Si vedono solo macchine passare lungo lo stradone.

Oltre le macchine c’è un campo di granturco, che corre lungo tutta la strada, con le spighe belle alte che ci si può nascondere dentro. Un campanile in lontananza. Nuvole in cielo, a volte. Il sole sorge a destra e tramonta a sinistra.

L’orario sarebbe sette-dodici, sedici-diciannove, ma io di quelle quattro ore di pausa non so che farmene. Io sono solo. Così mi porto un pezzo di focaccia, un tocco di formaggio e una bottiglia d’acqua. Mi siedo dietro il gabbiotto, davanti a un altro infinito muro di granturco. Nascosto, dove nessuno mi vede

Se suonano, mi alzo e faccio benzina. Se fanno tutto da soli, continuo a guardare le spighe di mais immobili nell’aria ferma.

 

Stasera il capo mi ha detto che domani è l’ultimo giorno. Gli ho risposto “Proviamo un’altra settimana. Molti mi dicono che il distributore della tangenziale è in un punto pericoloso. Preferiscono far benzina qui. Là il rientro è difficile. Passano di là e poi vengono qui. ”

“Neppure un altro giorno, a perdere soldi miei”

“Ma questa settimana l’incasso è andato bene, non ha visto che è più che raddoppiato?”

“E a te che te ne frega? Domani e poi stai a casa.”

 

Io sono solo. Io non ho lavoro. Call center, onlus, interinale: non funziona niente.

Cos’è questo? Il ventesimo o il centesimo lavoretto del cazzo in due anni?

 

Io guardo le macchine passare e ho solo due soluzioni.

Passano anche camion e TIR. Belli grandi e possenti, con il rimorchio. Che spostano l’aria rombando. Che li senti arrivare dal silenzio della campagna almeno cinque minuti prima.

Potrei uscire sulla strada. All’ultimo minuto, quando arriva un TIR. Spiaccicato e via. Morte rapida, forse non indolore. Ma poi l’autista avrebbe grane.

No, così non va bene.

 

Allora domani alle sei meno cinque prendo l’incasso della giornata e sparisco nel granturco.

Sì, così va bene.

 

Se poi torna quella signora, magari, le chiedo di darmi un passaggio e di portami via.

Mi deve ancora dieci euro, comunque.

 

2. Una valigia piccola basta

Mi sono innamorata. Sì, incredibile. Sono proprio innamorata. Non ci pensavo più. Non ci speravo più. Alla faccia di quei due stronzi di Marco e Sergio che continuano a ripetermi che sono vecchia. E della Claudia e della Dani, che sorridono velenose.

Mi sono innamorata come una bambina, come una sedicenne spensierata. Innamorata a trentotto anni. Di colpo, senza paura e senza ripensamenti.

Ok, lui non lo sa ancora. Ma presto glielo dirò. Sì, domani vado e glielo dico. E mi faccio baciare. Oppure lo bacio io.

Lui è bello, è giovane, è alto. Ha ventiquattro anni. Ci siamo conosciuti due mesi fa a un colloquio di gruppo, per tre posti di lavoro.

Eravamo in ventisei, metà ragazze, metà ragazzi; ci fanno entrare in una stanza con delle sedie sparse e dicono: “sedetevi”, ma le sedie erano solo ventitré, così lui mi dice “prego” e mi sorride, restando in piedi, come altre due ragazze.

Il tipo dell’agenzia scrive su un foglio: “voi tre un punto in meno. Questa era la prova della Determinazione e voi avete fallito.”

Lui mi sorride di nuovo poi alza una mano: “un punto in più a noi tre, per la prova della Buona Educazione.”

“Con l’educazione non si ottiene nulla, ma visto che ci tieni tanto a essere gentile, vai di là a prendere le tre sedie che mancano.”

Dopo quattro ore di colloqui vari, io sono arrivata terza, lui quarto, dietro per un solo punto.

Io ho avuto il contratto, lui no.

Uscendo, l’ho cercato per dirgli che ero dispiaciuta.

“Io no. – mi dice – Spesso le selezioni sono stupide e questa non è peggio di altre. Sono contento che tu abbia un lavoro, io ne troverò un altro.”

Quello dell’agenzia urlava che i tre fortunati dovevano recarsi subito, immediatamente! in amministrazione, pena la decadenza del contratto.

“Vai” dice, poi allunga una mano come per carezzarmi e prende una piccola piuma nascosta tra i miei capelli. “Ti sta bene così bianca e minuta tra i tuoi bei riccioli scuri.” Io lo guardo stupida. “O forse non sapevi che fosse lì. Eccola è tua.”

Ritirando la mano mi aveva sfiorato la guancia; io – tremavo come una foglia nuova nelle brezza di primavera – restai muta.

 

Lui sorrideva con la piuma in mano. La presi, lui mi baciò sulla guancia, mentre io, come intontita, lo vedevo sparire.

 

Quello dell’agenzia mi svegliò dal mio sogno strattonandomi per il braccio e urlando che gli facevo fare tardi. Firmai tutte le carte senza vederle. Lui non era contento. Io non ero contenta.

Ma io ero innamorata.

 

“Via Venezia-Giulia.” Glielo avevo sentito dire, mentre parlava con la ragazza all’ingresso: ci sono andata tante di quelle volte. È una via lunga, in una periferia povera. Andavo su e giù sperando in un po’ di fortuna, ma niente. Poi nell’ultima settimana l’ho incontrato due volte e tutto è cambiato.

La prima volta, una sera mentre il mio treno partiva per riportarmi a casa. Lui era lì sulla banchina di fronte. Io abbassai il finestrino, lui mi scorse e alzò un braccio sorridendo. Mi sembrò che urlasse: “dove?”, mentre io gridavo: “come ti chiami?” e il treno partiva con tutti i suoi sbuffi e gli stridori.

Ora ero felice. Si ricordava di me. E voleva rivedermi. Così ho speso un sacco di soldi del mio primo stipendio. Volevo essere bella. Molto bella. Mi sono comprata un vestitino, una borsa nuova e un bel paio di scarpe. Mi stanno benissimo. L’avrei ritrovato. L’avevo ritrovato. Ero innamorata.

 

La seconda volta fu l’incredibile: quel deficiente del mio capo – lavoro al nuovo distributore lungo la tangenziale – decise di chiamare l’agenzia per un ragazzo da mettere al distributore vecchio, prima di chiuderlo definitivamente. Mandarono lui a parlare col capo, qui direttamente al suo ufficio sulla tangenziale.

Qui dove quello stronzo ha tre imbecilli vestite da cubiste a dar via la benzina, mostrando culo e tette. Parrucca gialla enorme, un mini abito fucsia praticamente inesistente e degli zatteroni blu con dieci centimetri di zeppa. Da vere zoccole.

Il capo sogghigna. “Le mie tre allegre donnine che sculettano tra le pompe.” E scruta di sottecchi i clienti, mentre noi giriamo come marionette tra clacson e fischi. Tre geishe colorate, in bilico sugli zoccoli: io la più vecchia, ma di certo non la peggiore.

 

Lui è arrivato in bicicletta. Per fortuna l’ho visto da lontano. Ho giusto fatto in tempo a nascondermi tra l’officina e il bar, che lui entrava dal capo. Poi a sera, vado in ufficio con i soldi della giornata “L’hai assunto?”

“E a te che te ne frega? O ti piacciono giovani, mia vecchia pollastrella?” Sbava e la sua mano scatta verso il basso. Con un guizzo sono fuori dalla porta. “Oh bellina, guarda che noi vecchi siamo meglio. Provami quando vuoi. O vuoi andar giù con lui per tirar su un po’ di clienti, che là ormai non passa più nessuno.”

Adesso so esattamente dove sarà e dove posso incontralo quando voglio.

 

Ma come una sedicenne inquieta e sciocca, passo e ripasso in macchina davanti al suo distributore. Per vederlo, per guardarlo mentre spazza tranquillo il piazzale o fa un rifornimento.

Me lo bevo con gli occhi e con il cuore.

 

E poi non so proprio cosa mi abbia preso. Andare vestita da cubista a far benzina da lui. Non mi ha riconosciuta. Ne sono certa. La mia fortuna con lui non finisce mai.

Lui che mi dà sempre del tu e mi carezza dolcemente, mi ha chiamato “signora”, nonostante il parruccone giallo e il miniabito osceno. No, ne sono certa. Non mi ha riconosciuta, neanche quando tornando dal bagno sono inciampata – maledetti zatteroni – e sono caduta rotolando sul cofano della macchina e freneticamente mi aggrappavo per non cadere, prima di infilarmi in macchina e scappare. Quell’assurda parrucca mi ha salvata.

 

Ma adesso sono pronta. È la mia ora di pausa. Il capo è chiuso in ufficio che si sbatte la più scema di noi tre. Vado in bagno a cambiarmi. Scuoto nell’aria i miei capelli neri. Il vestito nuovo, le scarpe e la borsa.

Nella borsa ho ficcato tutto quello che c’era in cassa: soldi, assegni, buoni benzina e buoni pasto. Tutto.

 

La mia valigia piccola è già in macchina. L’ho fatta ieri sera. Credevo mi servisse un baule, pensavo di avere tante cose, ma poi a guardar bene una valigia piccola basta. Un po’ di biancheria, due libri e la foto di mia madre.

Adesso vado. Gli chiederò di venire con me. Di scappare via, di andare lontano. Sono certa che mi dirà di sì. Comunque, gli devo ancora dieci euro.

 

Da oggi corriamo insieme.

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7 commenti »

  1. Non mi sento di dire altro che :meraviglioso. Mi piace tutto, stile linguaggio , storia , differenti punti di vista, Su tutto la potenza rivoluzionaria dell’amore.So che finirà male , che non può durare, ma Bonnie and Clyde , a bout de souffle , Romeo and Juliet, grano e amour fou on the road, mi intrigano assai. Uno dei miei racconti preferiti.

  2. Bel racconto! Perfetta l’idea dei due punti di vista, bello lo stile, accattivante la storia e dolcissimi i protagonisti. Devo ammettere, però, di avere un debole per la prima parte. L’ho trovata bellissima. Sembra fatta di fotogrammi che descrivi con precisione e perfezione, dagli scorci di granturco alle tante storie che si affacciano su questa pompa di benzina. Per non parlare poi del protagonista maschile: dai voce alla sua sensibilità e ai suoi pensieri in modo magistrale. Bravo Marco!

  3. Sono d’accordo con Carola, il racconto è molto bello, ma la prima parte è quella che anche a me ha colpito di più. Si riesce a visualizzare questa pompa di benzina tra i campi grazie alle tue descrizioni, poche pennellate, ma precise e pregnanti di senso.Un’ambientazione insolita, tra l’altro, e ricca di fascino, grazie al suo mix di natura e mondo costruito.

  4. Bello! ‘Si entra’ in entrambi i personaggi,subito. Bello e scritto bene, complimenti.

  5. Davvero complimenti Marco!! Sei stato bravissimo a costruire due storie parallele intrecciate in un finale aperto a qualsiasi fantasia.
    Bello il tuo stile sobrio e minimalista, concordo con Carola, sembra di avere davanti fotogrammi, con inquadrature perfette , niente di più e niente di meno di quanto sia necessario. Detto questo, ciò che colpisce è che ti resta dentro qualcosa. Non riesco ancora a definirlo chiaramente ma c’è un sapore di futuro incerto e possibile che resta nella mente e ti chiedi come finirà?

  6. Grazie per i bei commenti. Avete colto esattamente quanto ho cercato di raccontare:
    – la potenza rivoluzionaria dell’amore
    – c’è un sapore di futuro incerto e possibile che resta nella mente e ti chiedi come finirà?
    – Un’ambientazione insolita, Sembra fatta di fotogrammi

    Ciao Marco Frigerio

  7. MI è davvero piaciuto questo sapiente intreccio di vite, di amore, di nuovi inizi. Uno stile pulito e molto efficace nello “scattare fotogrammi” che sanno colpire la vista è il cuore del lettore.

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