Premio Racconti nella Rete 2018 “Karinne e la neve” di Francesco Damiani
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2018-Papà cosa scrivi?-.
-Una favoletta con una collana d’argento-.
Il cielo frana leggero in questa notte di cristallo. L’inverno lucida le stelle e il magma di luci del cosmo mentre una valanga d’ovatta cola su ogni cosa giù in basso.
A qualche migliaio di chilometri di distanza, lungo un sentiero imbiancato tra tronchi secolari, una bambina marcia sicura nella bufera.
Il lungo mantello di pelliccia bianca immacolata che strascica al suolo sicuramente non le appartiene. impregnato di neve e di acqua gelata pesa tanto da schiacciare quelle esili gambe e quel corpo minuto.
La sua figura del colore puro di una perla nella tormenta è quella di una sposa bambina; il suo altare al terminar di quel bosco.
Di karinne si intravedono solo gli occhi accesi di perenne spavento e stupore come quelli si una volpe abbagliata di colpo. Dalle larghe trame di una sciarpa di lana grezza il suo respiro pesante prende ritmicamente forma nel gelo, il cappuccio cela ogni altra fattezza e ogni sferzata di vento.
In lontananza il rumore di una risata improvvisa la scuote di colpo, accelera come può la sua andatura di bimba.
-Vieni, andiamo via- Dice Karinne ad una figura china su ciò che sommersa dalla neve potrebbe essere una panchina.
-Proprio ora che viene il bello?- Le risponde una voce gracchiante.
-Per favore andiamo- La sue piccole corde vocali che cercano di sovrastare gli ululati della bufera.
-Aspetto il tenente-.
Gli occhietti di volpe ora possono distinguere bene la figura della donna che cerca di mettersi eretta; indossa solo la veste leggera di casa, al suo fianco una larga macchia di vomito che splende nerissima nel candore totale.
Con sforzo Karinne si scrolla di dosso il pesante manto che scricchiola di gelo e ne veste il corpo ossuto della donna ubriaca, ora solo una giubbetta da uomo copre la piccola.
Eccole dunque ripercorrere quel viale tra la bufera di una notte e i tronchi secolari; la piccola che indossava le vesti come da sposa è divenuta l’immagine di un elegante signore e la donna che ora la segue, piange e si dispera, la dama al suo fianco.
Quando il pesante portone di legno nero si chiude il gorgoglio della bufera quieta l’aria nel piccolo casolare. Il ferro del battente è freddo che ustiona tra le dita delicate di Karinne che lo chiude con un colpo secco.
La donna ossuta si è già svestita e sta barcollando nella semioscurità verso una rampa di scale di legno poroso.
Ogni pietrone squadrato, poggiato come suolo o a ergersi come muro portante, emana come del freddo stantio.
-Aspetta, per stanotte mettiti qui- dice dolcemente la bimba, che riesce a prenderle la mano appena in tempo; solo un altro gradino e il suo precario equilibrio non sarebbe più bastato a mantenere la postura eretta.
Il raschiare del legno sul pavimento accompagnano lo spostarsi del divano che Karinne pone davanti il camino. Delle braci sopite celano il calore sotto uno spesso strato di cenere.
-Ecco stenditi e copriti. Ti lascio dell’acqua sul tavolo. Domani starai meglio- Dice la piccola alla donna.
-Arriverà questa notte?- Biascica lei di tutta risposta.
-Si, credo di si- Quegli occhi coperti come dello stesso strato di cenere nel camino.
-Me lo prometti!?-
-Si- Distoglie lo sguardo e non la vede assopirsi quando aggiunge con un sospiro – …Te lo prometto-.
Prima di salire le scale Karinne fruga tra la minuta catasta di legna e ne prende i tocchi più fini e secchi.
Il camino si ridesta a quell’abile tocco, la donna che dorme pesantemente sul divano mugugna qualcosa in segno d’assenso.
Macchie d’umido e muffa prendono forma sulle pareti come ombre di un passato solo celato.
Karinne, prima di salire lungo la scalinata scura, bacia la fronte a sua madre.
O meglio, a ciò che rimane di lei.