Premio Racconti nella Rete 2010 “Un giorno, durante un viaggio” di Annamaria Loiacono
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010Ero partita la sera prima, seduta sulla scomoda poltrona di un treno, avevo aspettato lo scorrere delle ore notturne, l’arrivo dell’alba, il filtrare silenzioso e monotono della luce dai finestrini sporchi, opachi del vapore e della polvere che il tempo ed il freddo vi avevano depositato sopra.
Poi a poco a poco mi ero svegliata, il sonno era sparito, lo sguardo si era fatto più sveglio, attento all’accadere delle cose intorno, all’arrivo alla stazione, allo stiracchiarsi di qualche ignaro compagno di viaggio. Il rumore cantilenante e tranquillo delle rotaie batteva il tempo durante l’arrivo nella stazione. Un piccolo sforzo per tirare giù il leggero bagaglio e poi uno sprizzo d’allegria negli occhi: sto per arrivare. Qualche minuto dopo sono già nel piazzale davanti alla stazione a gustare l’aria nuova di questa città, il sapore di una cosa diversa dal solito, di un luogo nuovo da conoscere, da percorrere, da scoprire. Un po’ di strada e mi guardo indietro: la gente si allontana quasi in fila, frettolosa, dalla stazione, soltanto qualcuno si attarda, hanno tutti qualcosa da fare, un luogo da raggiungere, qualcuno con cui parlare, un bagaglio da portare. Mi allontano fino a raggiungere quella bella piazza, sulla quale si affaccia una chiesa, mi soffermo un po’ a guardarla, percepisco il sapore di un ricordo, qualcosa di già visto e che porta con sé una mia lontana sensazione. Un viaggio già fatto, un tempo passato, una vita diversa mi appare davanti, in compagnia di un ragazzo che sa tutto di me. Erano tante le cose che avevamo vissuto insieme, il tempo ci era passato intorno mentre vivevamo la nostra vita di tutti i giorni e quel giorno lì eravamo insieme. La strada mi regala altre sensazioni, la piacevolezza di percorrere quei vicoli, di raggiungere quei luoghi, di osservare le opere d’arte, di soffermarmi tra il flusso dei turisti che a frotte osservano, procedono, si mescolano ai passanti, con le loro tenute casuali e variopinte. “Ti è caduta una cosa”, nel mare confuso delle mie sensazioni e idee, penetra la voce di un ragazzo, mi chino a raccogliere il fodero della mia macchina fotografica scivolatomi dalla spalla; mi rivolge un sorriso ricambiato. “Grazie, non me n’ero accorta”. “Sei qui per lavoro o per passare il tempo?” “Facciamo un po’ di strada insieme?” “Si”. E così la strada ci è davanti e siamo in due a percorrerla, in due ad assaporare questa gradevole aria primaverile, il calore del sole, il vocio ed il frusciare delle persone intorno, i negozi pieni di souvenir per turisti, le conversazioni appena percepite, le voci dei ragazzi in compagnia appena udite, superate man mano che la folla passa, si mescola, si allontana. Siamo nella piazza principale e Luigi, così si chiama il mio interlocutore, dice: “ Prendiamo qualcosa?” Rispondo: “Si”. I tavolini dei bar occupano invadenti la piazza e sono di un piacevole color giallo. Accanto altre persone sorseggiano le loro bevande, assaporano gelati, chiacchierano gustando la piacevolezza di essere insieme, qui, ora. “Cosa prendi”, seduti, difronte, qui, ora, sembra di conoscersi da sempre, di potersi dire qualunque cosa, di poter condividere disinvoltamente il proprio tempo in questa aura nuova e gradevole.“Un caffè, e tu?” Al cameriere: “Due caffè”. I capelli riverberano nel sole, gli occhi mi brillano per la curiosità, tendo la mano fino a sfiorare la sua. “Sono qui per un viaggio, ho preso una pausa dal lavoro, e tu?” “Mi trovo di passaggio, stò andando da alcuni miei amici, ma ho un po’ di tempo, mi ha fatto piacere incontrarti “. I caffè sono arrivati, mescolo lo zucchero, una volta, due volte, e intanto apprezzo il suo sguardo ed il suo sorriso complice. La tovaglia è increspata, il sole brilla sopra le sue pieghe, osservo il suo viso ed il suo sguardo. “ Per la verità sono qui perché vorrei vedere una mostra di Herzog e De Meuron, sono un’architetto. E’ qui vicino a Palazzo Venezia” Mi risponde: “ Andiamoci insieme.” Dopo poco siamo già per la strada, fianco a fianco, percorriamo il lato più lungo della piazza, poi ci incamminiamo lungo un vicolo, ne seguiamo con lo sguardo la prospettiva ritmata dalle porte, le pareti lisce, alcune più nuove, alcune annerite dai fumi del traffico, evitiamo le auto parcheggiate passando nello spazio tra l’una e l’altra, il marciapiedi piccolo e stretto, i segnali di senso unico bianchi e rossi, il cielo che si intravede tra le sagome degli edifici alti, ed eccoci arrivati. Entriamo :”Interessanti, queste opere” mi dice, mentre percorriamo le sale soffermandoci ora sull’una ora sull’altra delle fotografie. Provo un senso di riconoscenza e di affetto per la sua compagnia, vedere insieme a lui queste immagini mi riempie di allegria, mi sembra di scoprire nuovi punti di vista, un’ ottica diversa.
Usciamo, i commenti si intrecciano, mano nella mano percorriamo la strada che ci si apre davanti con una senso di stanchezza ed allegria. Il suo viso è increspato da rughe profonde , come se altri pensieri solcassero la sua mente, gli occhi sono profondi ed assorti, sta pensando ai suoi soliti impegni, la sua vita consueta sembra riprendere il sopravvento, poi invece, torna a pensare alla nostra giornata, a questa pausa da trascorrere insieme, “ Quanto ti fermi?” “Due o tre giorni, poi torno al lavoro”. “ E che mi dici della tua città? E’ bella come questa?” “ Mi piace molto viverci, ma ha volte si ha bisogno di staccare, di cambiare un po’ aria, di scoprire cose nuove. La monotonia della nostra vita, stanca. Anche se intorno a te hai un bell’ambiente può accadere che un giorno te ne stanchi e hai voglia di ritrovare tè stessa, conoscere cose nuove, o semplicemente interrompere il flusso quotidiano di attività che svolgi per ritrovarti libera, che ne pensi?” “ Se devo essere sincero, io ho i miei consueti rapporti nei quali mi trovo bene, le mie abitudini, mi piacerebbe però coinvolgerti in ciò un giorno. Capiresti come i legami che hai con le altre persone ti legano ad un luogo senza lasciarti tempo per divagare o semplicemente andarsene, come hai fatto tu. Staccare come dici, non sempre è facile.” Queste parole mi fanno nascere un’ ombra di tristezza, forse lui ha tutto un altro mondo che io non conosco, di cui io non sono partecipe, forse adesso deve andare, chissà , rincontrare le persone che preferisce, con cui condivide la sua vita, forse lui è diverso da ciò che ho creduto. Queste idee devono trasparire dal mio viso, trasformare il mio sguardo, una sottile vena di tristezza ha increspato la mia fronte, porto la mano tra i capelli, come a mostrare un po’ di indifferenza, “ma si, cosa importa, soltanto una breve conoscenza di viaggio”. Poi invece lui : “ Potremmo rivederci, magari un altro giorno, che ne dici?” “Certo ti lascio il mio numero di telefono.” La mia mano scorre un attimo tra le sue, non ho dimenticato di dirgli, che è stato tutto molto piacevole, che potrebbe portare a qualcosa di più? No, forse va bene così, a domani forse, se vuoi, se vogliamo. Cammino un altro po’ da sola, il cielo è un po’ scuro, continuo verso un altro giorno di disimpegno, con leggerezza, non posso dimenticare il tempo passato, i pensieri, i ricordi, la memoria di ciò. Un giorno ci incontriamo, tante vite che scorrono un giorno, in un viaggio, si intrecciano.